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Attualità

RECUPERO DI CARITÀ

EDOARDO ZIN - 09/02/2018

degasperiDa giovane, la vecchiaia me l’ero immaginata completamente diversa: entrato ora in questa fase della vita, mi pongo domande, m’inquieto sulle sorti della storia, mi irrito. Il giornale che sfoglio controvoglia mi reca notizie di conflitti, di rancori, d’indignazione e per un po’ esse mi allontanano dalle elucubrazioni che rimesto in testa nell’attesa di conoscere l’esito di un intervento chirurgico a cui è sottoposta la compagna di una vita. Quando si è nel buio dell’incertezza, nulla ti interessa, neanche le passioni che ti hanno dato gioia e suscitato un senso al tuo vivere.

Le notizie che leggo riescono a distogliermi un po’ dalle preoccupazioni: è la politica, la passione di una vita, che nell’età giovanile era gonfia di sentimenti, poi lentamente è scemata con i suoi risentimenti ed ora rischia di diventare indifferenza. Nessuno può dichiararsi indenne dalle colpe che hanno trasformato la più alta forma di servizio per l’uomo in un tifoseria da stadio piena di invettive e ostilità. È colpevole chi ha trasformato i partiti, luoghi della discussione democratica, in proprietà private; chi legge gli avvenimenti della società con gli occhiali delle ideologie ormai scomparse; chi è incerto tra il lodare il ladro che l’ha fatta franca e il lamentare la mancanza di una moralità profonda; chi condanna Guicciardini, ma serve il suo “particulare”, anzi rovescia il pensiero del principe e dice:” in politica, sono i mezzi che devono giustificare il fine”; c’è chi, invece di incanalare, governare, gestire fenomeni epocali, come le migrazioni, preferisce urlare contro il diverso e seminare ancora maggiore odio e paura.

I politici sono tutti furfanti anche quando dormono” – dice un virgolettato di un articolo che ho davanti. “Condannato per frode fiscale, promette che, se eletto, condurrà una dura lotta contro l’evasione fiscale” – leggo su un altro pezzo. Le promesse non mancano: mi sembra di essere nel paese di Bengodi. Non pagherò il bollo di circolazione, nemmeno il canone RAI, saranno abolite le tasse agli studenti universitari, a tutti sarà concesso un minimo reddito di cittadinanza, pagherò un’imposta unica di tasse fissata al 15%, tutti andranno in pensione a 60 anni con un minimo di 1000 euro assicurato…Tutti vorrebbero per un paese povero e indebitato come il nostro le ricette dei paesi ricchi. È comprensibile che ogni arruffapopolo cerchi di raccattare qualche voto sparandola più grossa, ma non è accettabile che lo stesso candidato a reggere le sorti del paese bistratti la storia ed i suoi personaggi, oltraggi il buon senso degli elettori, falsifichi le più elementari regole dell’economia, dissimuli la Costituzione, sia incapace di afferrare la realtà così com’è e non quella che finge di non vedere perché non s’interessa dell’uomo, dei suoi veri problemi, dei suoi bisogni, ma delle aspirazioni astratte di una società che vuole tutto e subito. Oggi l’utopia volgare è la vera caratteristica di tanta politica che ci governa.

Le mancate promesse portano diritte al ritiro della delega e alla crisi della democrazia rappresentativa. La storia è monotona, si ripete sempre: inganna non i popoli, ma i suoi capi che pretendono di disporre a loro piacimento le masse, d’interpretarle (dicono loro!). Non mi si dica che la rappresentanza democratica deve essere sostituita dalla democrazia diretta o digitale: il 22 ottobre 2017 due lombardi su tre hanno disertato il referendum che, con un messaggio sublimale, prometteva più quattrini, mentre alle “parlamentarie” dei 5 stelle hanno partecipato poco più di quarantamila elettori: un terzo degli iscritti al movimento!

Le mancate promesse elettorali portano solo al qualunquismo, al disfattismo: una democrazia non può reggersi senza un popolo che ne spartisca le vicende. È quello che manca al nostro bel Paese che tutti ci invidiano, ricco di arte e di bellezze naturali e ridotto in povertà perché ha dovuto sempre mantenere diverse corti. Gli “idioti” (così i greci chiamavano coloro che erano ossessionati dai piccoli interessi personali) aspettano la parola d’ordine per prendere un atteggiamento. Gli astensionisti non vogliono sporcarsi le mani e preferiscono tenerle in tasca non partecipando perché “ già sono tutti uguali!”. I mestieranti politici, spesso vanesi e ridicoli, si servono dei gruppi di pressioni, dei poteri forti, della corruzione pur di approdare ad un rifugio sicuro per mantenere i loro interessi privati. Per arrivare a ciò puntano sulla stupidità di certa gente colta, sull’orgoglio dell’imbecille che ripete le solite formule di propaganda. I reazionari odiano gli stranieri, i diversi, quelli che parlano un’altra lingua. Li odiano perché si sentono a disagio davanti a loro: siccome non sono sicuri del proprio equilibrio mentale, vogliono che tutti quelli che li circondano vivano come loro perché così si sentono rassicurati. E ci sono i fanatici che ricorrono alla dialettica anche quando la realtà è troppo chiara: non riconoscono i deliberati di un congresso democraticamente votati che hanno democraticamente stabilito che due più due fa otto!

Questi conflitti interni ai partiti si allargano fino a minare il vivere sociale, fino ad alimentare una follia collettiva, tra cui emergono tiratori al bersaglio contro chi non ha lo stesso colore della pelle. Sembra che non ci sia più posto per il ragionare pacato, per l’invito ad approfondire temi, tutti parlano – come si dice – alla pancia piuttosto che alla testa, dimenticando che “il sonno della ragione genera mostri”.

E i cattolici? Si dice che siano irrilevanti, ma una parte di loro si dichiara unita, intruppata sotto il segno dello scudo crociato, pronta a inseguire il miraggio del partito unico, con lo sguardo rivolto al passato. Nell’epoca delle ideologie contrapposte sperano forse di essere il collante indispensabile per essere determinanti in parlamento? Hanno forse dimenticato il monito di papa Francesco che invita “non ad occupare spazi, ma a promuovere processi”? I processi che rilanciano idealità, promuovono il dialogo tra le componenti ecclesiali fondato sull’amicizia autentica, sull’ascolto delle ragioni dell’altro, senza pretendere di avere il primato della verità.

I cattolici, e con essi tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà, dovrebbero in questo tempo pre-elettorale ritrovarsi per ridare senso alla vita sociale inaridita da nuove forme di egoismo e di individualismo, per rigenerare il tessuto delle città, per far nascere pensieri e confrontarsi con la realtà, con le povertà e le ingiustizie. La carità è l’unico antidoto per dare dignità ad ogni essere umano, soprattutto quando esso è calpestato: dalla vita in grembo a quella, altrettanto innocente, di chi chiede pane, lavoro, ospitalità e che meriterebbe almeno una visita di conforto quando è degente in ospedale.

Una piccola parte del mondo cattolico, in questi giorni di psicosi razzista, ha dato una vergognosa prova del suo modo di praticare il Vangelo. Ulteriore prova di quanto sia provvidenziale il pontificato di Papa Francesco! Vorremmo lasciare da parte anche noi la rabbia, il rancore, le lamentele, ma non l’indignazione, quella santa indignazione che ha animato tanti profeti. Lo sdegno autentico, come fremito della coscienza, è una virtù.

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