Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

CANONE SÌ O NO

CESARE CHIERICATI - 09/02/2018

tsiIl 4 marzo quando l’Italia andrà alle urne per le elezioni politiche si voterà anche nella vicina Confederazione Elvetica dove votare è un esercizio di routine, un frutto classico della democrazia diretta che permea nel bene (tanto) e nel male (poco) l’ordinamento federale svizzero. Questa volta il tema sul tappeto è assai delicato. Si tratta di decidere o meno la cancellazione del canone su cui si regge, quasi interamente, il complesso e articolato sistema radiotelevisivo rossocrociato.

Con gli introiti della tassa di ricezione (identificata come Billag dal nome dell’agenzia che si occupa della riscossione), la Confederazione finanzia per un verso una struttura nazionale (SSR-SRG, Società svizzera di radiotelevisione) alla quale spetta il compito di garantire informazione, intrattenimento e cultura nelle quattro lingue nazionali (tedesco, francese, italiano, romancio); per un altro verso sostiene una trentina di emittenti radiotelevisive che completano, a livello regionale / locale, l’offerta SSR. Senza aiuti della casa madre farebbero molta fatica a coprire le più minute esigenze informative di ogni angolo della Svizzera. Tradotto in cifre significa che il sistema mediatico nel 2016 ha raccolto dai contribuenti 1,37 miliardi di franchi, di cui 1,24 sono andati nelle casse della SSR mentre le 21 radio locali e le 13 televisioni regionali titolari di una concessione hanno ricevuto 61 milioni. Questo articolato sistema, maturato nell’arco di sessant’anni, rischia di essere vanificato se la prima domenica di marzo dovesse passare l’iniziativa popolare “No Billag” promossa dai partiti di destra e da molti ambienti economici. Con un colpo di spugna sarebbe cancellato il canone (451 franchi l’anno) corrisposto dalle persone fisiche e da quelle giuridiche allo Stato federale. Verrebbe meno in buona sostanza l’architrave di tutto il sistema che, data la ridotta dimensione geografica del paese e soli 8,5 milioni di abitanti, può contare ovviamente su limitate risorse provenienti dalla pubblicità, dalle sponsorizzazioni e dai proventi dei programmi.

Senza il canone la Svizzera diventerebbe terra di conquista mediatica dei grandi gruppi finanziari nazionali e delle multinazionali del pensiero unico. In men che non si dica sparirebbe il federalismo solidale radiotelevisivo elvetico che garantisce il rispetto rigoroso delle minoranze linguistiche e della civiltà di cui sono espressione. Un concetto che risulta molto chiaro attraverso l’esame di pochi dati percentuali. La Svizzera tedesca (6 milioni di persone) genera il 73 per cento del gettito del canone ma riceve “solo” il 43 per cento; la Svizzera romanda (1,7 milioni) genera il 23 per cento dei proventi ma ne incassa il 33 per cento; la Svizzera italiana, infine, genera il 4 per cento delle risorse incassandone il 22 per cento.

È evidente come il meccanismo di riparto, appunto perché marcatamente solidaristico, sia molto generoso con le minoranze. Addirittura la Svizzera italiana (Cantone Ticino e Grigioni italiano: 340 mila abitanti) risulta la più gratificata dal sistema. A fronte di un prelievo per il canone di 45 milioni di franchi annui le viene assegnato un contributo di 265, il saldo positivo è quindi di ben 220 milioni. Il che consente un sistema radiotelevisivo locale pubblico (due canali televisivi e tre radiofonici) di ottimo livello assolutamente impensabile e ingestibile in qualsiasi altra parte d’Europa. Un unicum che, nonostante alcune pecche, i ticinesi dovrebbero difendere, se non altro perché, al di là dell’offerta dei programmi Rsi da cui è ovviamente legittimo dissentire, genera un rilevante indotto economico con un notevole effetto moltiplicatore. Votare per “No Billag”, ha scritto con efficacia un lettore del Corriere del Ticino, sarebbe per i ticinesi “come spararsi sui piedi”.

Di un eventuale cancellazione della Tv Svizzera dal panorama mediatico internazionale ne risentirebbero anche diverse migliaia di utenti italiani di confine – quelli che ancora riescono a ricevere direttamente il segnale – che continuano a fruire soprattutto dei programmi sportivi e informativi sempre apprezzati per rigore e sobrietà. Del resto la Tsi fino agli anni ’90 fu di fatto per i telespettatori italiani del centronord un canale alternativo a quelli Rai decisamente fuori dal coro.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login