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Opinioni

LOMBARDIA/1 SVOLTA POSSIBILE

GIUSEPPE ADAMOLI - 23/02/2018

goriE’ audace credere nella vittoria di Giorgio Gori in Lombardia? Benvenuta audacia. Adagiarsi sui sondaggi non è fare politica, ma farsi accarezzare dall’onda mediatica o piegarsi ad una presunta ineluttabilità che nella vita non esiste.

Visto, però, che pare non si possa prescindere dai sondaggi guardiamoli subito. Attilio Fontana sarebbe al 41%, Gori al 36%, Dario Violi (M5S) al 15%, Onorio Rosati (Leu) al 4%, più altri candidati. Gli astensionisti e gli indecisi al 37% e qui si gioca la partita.

Per dare maggior senso a queste cifre è opportuno riportare i voti reali del 2013. Roberto Maroni 43%, Umberto Ambrosoli 38% (centrosinistra), Silvana Carcano (M5S) 14 %, più altri candidati.

Vi sono due fatti di cui bisogna tener conto nel confronto di questi numeri.
1) Nel 2013 le elezioni erano state anticipate per effetto delle dimissioni di Formigoni causate dai suoi guai giudiziari, quindi il centrodestra partiva oggettivamente svantaggiato.
2) Il centrosinistra era praticamente compatto mentre oggi i tanti partitini alla sinistra del Pd hanno presentato un loro candidato che prenderà davvero poco ma che ha creato polemiche furiose.

Nonostante questi due fatti, che stavolta farebbero pensare ad un maggiore squilibrio a favore di Lega e Forza Italia, Gori ha già guadagnato spazio e ci sono buoni motivi per pensare che questa traiettoria proseguirà negli ultimi giorni. Quali sono questi buoni motivi? Ne cito solo tre.

Primo, la presidenza di Maroni è stata scialba e mediocre, meno efficace rispetto alla prima di Formigoni Non si ricorda un’impennata di Maroni, una innovazione che abbia inciso nella realtà. La propaganda pesante e costosa con il referendum sulla maggiore autonomia regionale si è già persa nel vuoto delle idee realisticamente perseguibili. Il suo ritiro appare ancora indecifrabile.

Secondo, Fontana è un candidato debole che per farsi notare deve ricorrere alle sparate sulla “razza bianca”. Sfugge dai confronti con Gori, il suo programma s’inscrive nell’alveo del grigiore di Maroni. Mandare a casa gli immigrati irregolari è lo slogan di Salvini che per un presidente di Regione è risibile oltre che irrealizzabile.

Terzo, Gori non è il politico che indugia sul politichese. E’ concreto, pragmatico, riflette lo spirito lombardo. Viene da esperienze imprenditoriale importanti, ha una forte sensibilità sociale ed una etica pubblica messa in evidenza come sindaco di Bergamo. Non direbbe mai come Fontana “Sono un soldato del mio partito”. Non usa la trita e ritrita definizione del manager prestato alla politica come se politica e vita fossero davvero avventure contrapposte. In realtà s’incrociano e lui è lì a questo incrocio.

Le sue proposte, molto ambiziose, sono difficili da trasformare in realtà, questo è logico, ma la prospettiva è chiara: riforme del lavoro per i giovani, per le donne, per chi non ce l’ha. Innovazione tecnologica, investimenti per le ferrovie regionali, manutenzione delle strade e banda larga per far viaggiare le persone, le merci e le idee. Buona sanità di territorio, non solo quindi nei grandi ospedali ma vicina al cittadino. Ambiente come motore di sviluppo, sburocratizzazione e richiesta di un’autonomia regionale dentro i confini costituzionali.

Dopo più di vent’anni il centrodestra ha ben poco da offrire. E’ tempo di alternanza di potere che significhi alternativa di programmi, di gestione, di personale politico. Perché la Lombardia dovrebbe lasciarsi sfuggire l’opportunità di questa svolta?

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