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Politica

RAMMARICO E ORGOGLIO

EDOARDO ZIN - 01/03/2018

cabineAndrò a votare con rammarico misto a orgoglio. Non riesco a convincermi di essere vecchio. E allora voglio vivere questa mia fase di vita come una nuova stagione, più come una primavera che un inverno. Sì, lo so che chi scende oggi nell’agone politico quasi sempre è senza una forte tensione morale, senza vigore interiore ed è portato a fare del suo impegno il surrogato di tutti i valori. Sì, lo so che certi candidati, intricati di ambizioni e di interessi, non hanno terminato gli studi o hanno lasciato la professione per piegarsi a svolgere il ruolo di galoppini o di portaborse dei capi locali. Sì, lo so che quasi tutti i partiti non sono più luoghi di discussione, di confronto, di scambio di idee, ma un ammasso di individui sedotti da vanesi o megalomani, da dittatori che non hanno idee, ma ricchi di parole per predicare promesse che non potranno mantenere, lanciare menzogne e vituperi che incitano alla violenza, allo scherno, perfino al razzismo. Sì, lo so che ci sono cialtroni che usano perfino i simboli religiosi per farne arma da ricatto. Sì, lo so che i movimenti politici si reggono solo su mere pretese di potere e il rapporto con i loro aderenti diventa tendenzialmente di natura clientelare se non di corruzione…

Eppure andrò a votare con orgoglio perché voglio partecipare alla vita democratica del mio paese, perché penso che il diritto al voto sia frutto di passioni, di lotte costate lacrime e sangue a tante donne e uomini. Andrò a votare perché la mia astensione sarebbe una offesa per tutti coloro che vivono prigionieri delle dittature, delle apparenti libertà. Andrò a votare e non lascerò la scheda in bianco: sarebbe la mia sconfitta, la resa della mia capacità critica. Andrò a votare e non scriverò sulla scheda insulti, frasi oscene per non associarmi a quegli squallidi ebeti che non hanno il coraggio di esprimere le loro idee in pubblico e approfittano del segreto dell’urna per dare sfogo ai loro insani pensieri. Andrò a votare per il mio Paese e per l’Europa. Sì, perché le elezioni nel nostro paese hanno una valenza politica anche per l’Europa.

Se la società è fortemente parcellizzata, se manca il pensiero forte, se sono venuti meno leader politici credibili a chi lo dobbiamo? Più volte mi sono domandato se sono stati i partiti a frantumare la rappresentanza democratica o se è stata la frantumazione della società a essere vincente anche sulle buone intenzioni di chi, per combattere l’eccessivo frazionamento, ha ideato il sistema elettorale maggioritario per combattere l’eccessiva frantumazione. Pur essendo numerosi i movimenti politici che si sono presentati alle odierne elezioni, essi hanno dovuto unirsi in coalizione che, verso la fine della campagna, è divenuta di fatto “bipolare”. Si sono finora esclusi da questo bipolarismo i Cinquestelle che con un’irritualità costituzionale si sono presentati al Quirinale a presentare la loro lista di probabili ministri.

La destra comprende, seppur imbellettata, l’estrema destra e la Lega: un accrocco di europeisti e antieuropeisti, di liberali, il cui leader è stato capace, quand’era al governo, di fare in Europa solo lo spiritoso, nonché di fascisti.

La sinistra, compresa l’ala estrema dei LeU, è senz’altro più europeista. Lo spartiacque, dunque, non è più tra una destra conservatrice e una sinistra riformista, ma tra filoeuropei e antieuropei.

La destra antieuropeista accusa Bruxelles di essere all’origine della crisi economica. Ma quale palazzo di Bruxelles è colpevole? Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea, garante degli accordi, organo che fa applicare le decisioni del Consiglio dell’Unione Europea o palazzo Justus Lipsius, dove si riuniscono i capi di governo e i ministri che decidono le sorti dell’Europa? La commissione rappresenta, purtroppo in modo molto modesto, gli interessi dell’Unione. Il Consiglio esprime gli egoismi nazionali. Berlaymont rappresenta un’Europa forte, non ancora federale perché frenata nella sua corsa dai ritardi imposti dai governi nazionali. La prima guarda lontano, agli Stati Uniti d’Europa, la seconda alla sua ristretta sovranità. La commissione è segno dell’Europa sovranazionale, il Consiglio dell’Europa intergovernativa.

Andrò a votare con orgoglio pensando che il processo d’integrazione europea non si può fermare in un mondo globalizzato come il nostro. Chi potrà combattere il cambiamento climatico, l’evasione fiscale delle multinazionali, il terrorismo islamico, l’aggressività russa, la proliferazione nucleare, il governo dei flussi migratori, il mercato globale con le sue crescenti diseguaglianze sociali? Chi potrà salvare l’economia sociale di mercato e la contraddizione tra questo mercato e una moneta unica con le politiche economiche, fiscali, sociali nazionali se non un’Europa più coesa, sovrana, democratica?

Gli stati nazionali europei sono troppo piccoli per poter affrontare queste sfide mondiali! Noi europei siamo soltanto il 7% della popolazione del pianeta, ma assieme rappresentiamo la terza potenza economica mondiale dopo Stati Uniti e Cina e produciamo un quarto della ricchezza mondiale Gli uomini e le donne pensanti scrutino, prima del voto, il loro animo e si ritaglino spazi per riflettere prima di votare una destra sovranista, fuori dalla storia, nazionalista, identitaria come quella di Orbàn, Kaczynski, Le Pen e di coloro che fingono di essere europeisti a giorni alterni come Di Maio e Salvini. L’estrema sinistra, infine, non insegua la destra populista nelle polemiche contro Bruxelles!

Andrò a votare con orgoglio pensando all’Europa che ha assicurato a me e ai miei figli settanta anni di pace e perché mi ha insegnato a prediligere la risoluzione pacifica delle controversie.

Andrò votare con orgoglio perché l’Unione Europea traduce una comunanza di valori che non può tollerare una solidarietà selettiva, perché essa è un punto di riferimento per tutti quei paesi che reclamano democrazia, rispetto dei diritti umani, prosperità.

Andrò a votare con orgoglio perché l’Italia possa avere un governo stabile per unirsi alla Francia di Macron e alla Germania, le sorti del cui governo – al momento in cui scriviamo queste note – fanno ben sperare. Italia, Francia e Germania potranno assieme “rilanciare” il progetto di De Gasperi, Schuman e Adenauer in una visione comune e tracciare orizzonti collettivi ravvivati dalla memoria del passato.

Andrò a votare perché amo un’Italia aperta, solidale, cosmopolita, inserita nelle nazioni. Perché voglio arricchirmi delle altrui differenze senza perdere la memoria delle mie radici, perché l’Europa, che vede crescere muri come funghi lungo i suoi confini, non possa tornare ad essere teatro di conflitti: dall’esaltazione delle frontiere all’appello a difenderle con le armi il passo è assai breve.

Andrò a votare con orgoglio perché l’Europa non è solo un’entità economica, ma un’idea che rimonta alle civiltà greco-romana, all’opera preziosa dei monaci benedettini, ai costruttori delle grandi cattedrali gotiche, agli scambi commerciali e monetari dei mercanti del Rinascimento, all’Europa della scienza e dell’illuminismo.

Andrò a votare per contribuire a realizzare il sogno che fu di Dante, di Petrarca, di Erasmo da Rotterdam, di Comenio, di Victor Hugo, di Saint-Simon, di Mazzini, di Cattaneo, del conte Kalergi, di Arturo Spinelli.

Andrò a votare per la mia regione perché sono italiano, per l’Italia senza dimenticare l’Europa minacciata non dagli antieuropeisti o dagli euroscettici, ma dall’indifferenza di coloro che non andranno a votare.

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