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Urbi et Orbi

NO ALL’INVERNO DELLE NASCITE

PAOLO CREMONESI - 01/03/2018

Dal film “I figli degli uomini” di Alfonso Cuaròn (2006)

Dal film “I figli degli uomini” di Alfonso Cuaròn (2006)

C’è chi ha occupato pacificamente piazza del Campidoglio con centinaia di passeggini e chi ha fondato una Associazione famiglie numerose (per chi in Italia ha più di tre figli). Chi, come il sottoscritto, si è incatenato nel 2011 davanti a Montecitorio per protestare contro il grande oblio sulla natalità e chi, per disperazione, se n’è andato a vivere all’estero.

L’inverno demografico in Italia non è certo una novità. Sono anni che se ne parla a colpi di statistiche e tabelle. Numeri che nella loro oggettività hanno il difetto di essere aridi e di non smuovere più di quel tanto l’opinione pubblica. Eppure nel 1965 nascevano un milione di bambini l’anno, oggi meno della metà. Nel 2047 nel nostro paese i morti saranno il doppio delle nascite.

Ma a che serve un’analisi senza proposte di soluzione? Bene perciò ha fatto il Forum delle Associazioni Familiari presentando a gennaio un “patto per la natalità” per saggiare quali siano le reali intenzioni della politica per le elezioni odierne.

Si è visto che i partiti in ordine sparso hanno almeno preso contatto con il problema inserendo nei loro programmi dalla proposta di asili nido gratis, all’estensione degli assegni familiari, a vari tipi di bonus.

La natalità risente di decine di fattori ma l’impressione è che gli italiani siano indotti a rimandare l’età del fare i figli, fino a quando è la stessa età a far rinunciare. Una strategia del rinvio per una popolazione giovanile che fa fatica a emanciparsi, conquistare un’autonomia abitativa e di progetto. Nel 2016 l’età media del parto per le donne è stata di 32,5 anni.

Problemi economici e di servizi? Certo. Ritardi decennali accumulati nelle politiche per la famiglia? Sicuro. Eppure alla base di queste rinunce non vi sono soltanto questioni economiche.

Oggi i giovani fanno fatica a trovare lavoro, ma i nostri nonni per trovarlo partivano per le Americhe. Oggi un caso di morte per parto è giustamente di scandalo: settant’anni fa era rischio quotidiano. Oggi il diritto all’istruzione è sancito. Ieri no.

Perché allora tanta paura a mettere al mondo un bambino? Nel film “I Figli degli uomini” tratto da un romanzo della celebre giallista P.D. James si immagina una Londra del futuro, siamo nel 2027, dilaniata da scontri per bande e saccheggi. Una guerra mondiale a pezzetti direbbe Papa Francesco. Da diciotto anni non si fanno più figli.

L’unica donna incinta, un’extracomunitaria è contesa da tutti. Nel mezzo di un feroce conflitto a fuoco partorisce. Clive Owen, il protagonista, incaricato di proteggerla, la porta fuori dall’edificio Alla vista del piccolo tutte le armi tacciono. I soldati guardano sorpresi, i capibanda arretrano. C’è chi si fa il segno della croce. Ecco verrebbe da dire che senza questo attimo di gratuito stupore, stupore per la vita, una ripresa non è possibile. Neanche quella demografica

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