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In Confidenza

CARITATEVOLI

Don ERMINIO VILLA - 01/03/2018

Le Sante Martiri Fede, Speranza, Carità e la loro madre Sofia

Le Sante Martiri Fede, Speranza, Carità e la loro madre Sofia

La carità è una virtù totalizzante che fa sintesi delle tre virtù teologali; infatti il verbo “tutto scusa” può essere tradotto in “tutto copre col mantello dell’amore”. Viene in mente il fatto biblico di Sem e Jafet che coprono affettuosamente Noè ubriaco e nudo (Gen 9, 23).

Benedetto XVI nell’Enciclica “Deus Caritas est” dice: “Fede, Speranza e Carità vanno insieme” (n.39). Queste tre virtù teologali sono come tre capi di un’unica corda intrecciata: si consolidano insieme o si sfilacciano insieme.

Péguy presenta la Fede e la Carità come due sorelle grandi, che tengono per mano la sorellina minore, ma in realtà è lei che le tiene unite e le guida.

Qualcuno ha detto che la Fede è una cattedrale radicata nel suolo di un paese. La Carità è un ospedale che raccoglie tutte le miserie del mondo. Ma senza la Speranza, questo non sarebbe che un cimitero. Come la carità crede e spera, altrettanto la fede ama.

Chi ama il suo prossimo non giudica nessuno sulla base di difetti e debolezze o intenzioni che solo Dio conosce, memore del detto evangelico: “Non giudicate così non sarete giudicati. Infatti con la misura con cui misurate vi sarà misurato” (Mt 7,1-12).

Lo conferma S. Paolo: “Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della Carità, che le unisce in modo perfetto” (Colossesi 3, 12-14).

Ogni uomo è sempre qualcosa di più dei suoi difetti o delle sue umane miserie. Per questo chi è mosso dall’amore è capace di coprire il male degli altri con il silenzio e la discrezione.

Non mette il sale sulle ferite per renderle più brucianti; non amplifica le parole cattive fino a renderle assordanti; non offre al male quel rifiuto duro che lo fa riecheggiare all’infinito.

Ma, al contrario, lenisce le sofferenze, attutisce i contrasti, accoglie dentro di sé il male e senza lasciarlo rimbalzare all’esterno; quando incontra una parola, un gesto dove ci sono cattiveria e odio, assorbe il veleno; in questo modo lo scioglie e libera la bontà delle cose e delle persone.

La diffamazione può essere un grande peccato, una vera offesa a Dio, quando colpisce gravemente la buona fama degli altri, procurando loro dei danni molto difficili da riparare. Per questo la Parola di Dio è così dura con la lingua…” (AL 112)

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