Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Editoriale

LO SHOCK

MASSIMO LODI - 05/03/2018

dimaio-salviniIl voto è stato chiaro. Sconfitta la conservazione, premiato il progresso. Che conservazione fosse, avremo modo di ripensarci. Che progresso sarà, vedremo. Rivoluzione e impasse: nessun partito ha i numeri per governare, e neppure nessuna coalizione. Dunque o si tratta o si torna a votare. Deciderà il presidente della Repubblica, cui tocca un compito più drammatico che difficile. Nell’affidare a un aspirante premier l’incarico -solo esplorativo o invece pieno- di formare il nuovo governo, dovrà scegliere tra il partito che ha preso più voti (Cinquestelle) o l’alleanza che ha fatto meglio (il centrodestra). Decideranno i numeri finali del Parlamento ovvero i seggi: da lì partirà Mattarella. Inimmaginabile il traguardo finale.

Dalle urne esce un quadro che in parte rispecchia i pronostici e in parte no. Più forti del previsto i grillini e i leghisti, meno i berlusconiani e i renziani. O meglio: Di Maio e Salvini stravincono, Berlusconi sconfitto nella sfida col suo partner/rivale di schieramento, Renzi tracolla. Il Pd paga le conseguenze del referendum perduto un anno e mezzo fa, della sciagurata scissione della sua ala sinistra, d’una martellante denigrazione di cui è stato vittima. Non riconosciuto dagli elettori il buon lavoro del governo Gentiloni, capace di tenere la barra dritta di un Paese che traversava paurosi gorghi economico-sociali. Ma quando si giudica con la pancia invece che con la testa, i risultati sono questi.

Che cosa possa accadere, è nel disegno d’un destino tutto da scrivere. I numeri per governare li ha, sulla carta, un eventuale patto M5S-Lega, pur se ciascuno dei due possibili contraenti ha finora negato di volersi associare al contendente. Oppure li potrebbero trovare intese trasversali, Berlusconi che convince Salvini a negoziare con Renzi; Di Maio che prova a sondare la disponibilità di Renzi medesimo, e naturalmente il contrario. Ma, a proposito di Renzi: resterà alla guida dei Democrats, come ha dichiarato fino all’altro ieri, o in ragione della disfatta rassegnerà -come sembrerebbe probabile- le dimissioni? E a quel punto, chi erediterà in regime emergenziale le redini del partito e che cosa ne farà, nell’attesa d’un nuovo congresso?

Sul campo resta infine, e forse soprattutto, l’ipotesi d’un ritorno alle urne in un tempo relativamente breve. Verificata l’impossibilità d’allestire un governo in grado di governare per davvero, il capo dello Stato potrebbe favorire il voto-bis. Nelle more, un governo di transizione reggerebbe le sorti del Paese fino al successivo verdetto. Determinante, in tal caso, l’opzione di concedere una proroga a Gentiloni piuttosto che l’affidamento del periodo di passaggio da una legislatura all’altra a colui che fosse incaricato di formare il governo e non vi riuscisse. Non è un formalismo, è sostanziosa ciccia. Un conto sarà andare a un’elezione prossima ventura con l’Italia a guida Gentiloni e un’altra con l’Italia a guida Di Maio o Salvini. Sempre che la nostra celebrata fantasia non partorisca, tra un struscio quirinalizio e l’altro, qualcosa d’inedito e sorprendente: ‘tertium datur’ -cioè la personalità sopra le parti che ne è garante- non risulterebbe una novità. Nella speranza che i mercati, durante simili e prevedibilmente lunghi maneggi, non affondino l’Italia divenuta la prima nazione d’Europa a trazione populista/sovranista in virtù dell’affermazione dei partiti anti-sistema.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login