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Politica

RIPARTENZA

GIUSEPPE ADAMOLI - 09/03/2018

gentiloniCome mai nessun governo negli ultimi 25 anni è riuscito a confermarsi nelle urne? Questa è la domanda che dovrebbe porsi tutta la classe dirigente che tiene alla stabilità istituzionale e non solo quella politica.

Ciò premesso, la clamorosa sconfitta del centrosinistra non è addebitabile soltanto a Renzi ma è dalle sue primarie responsabilità politiche e di governo che bisogna cominciare l’analisi. Invece del solito, facile e inutile ritornello “Non abbiamo interpretato ciò che si stava muovendo nel profondo della società” indico quelli che sono stati, a mio parere, alcuni dei passi falsi del percorso fatto.

Uno, Renzi aveva all’inizio alzato in modo avventato le aspettative dei cittadini con le famose diapositive con cui scandiva: questa riforma entro tre settimane, quest’altra per il mese successivo, e poi questa ancora, quasi che avesse la bacchetta magica. Ammirabile la voglia di cambiare ma fare una riforma non è soltanto approvare una legge, vuol dire implementarla e in Italia è sempre stata un’impresa molto ardua per lo stato precario dell’amministrazione. La cura dell’amministrazione, ecco cosa è mancato anche a lui come ai suoi predecessori.

Due, la politica dei bonus ti porta risultati immediati (gli 80 euro con il dato strabiliante delle elezioni europee) ma alla fine, per combattere le disuguaglianze sociali e territoriali, servono soprattutto difficilissime misure strutturali che rimuovano gli ostacoli con il massimo della condivisione possibile. Giusta la fine del consociativismo, ad esempio, ma un certo grado di concertazione con le forze sociali va mantenuto. La protezione di chi “è rimasto indietro” è il compito del centrosinistra.

Tre, troppi errori di comunicazione hanno portato Renzi ad essere anche odiato. La politica è un insieme di sentimenti, emotività, pregiudizi, volontà o illusione di cambiamento, attaccamento o insofferenza verso i leader. Non si è cambiato abbastanza dopo l’insuccesso referendario. Anche se il governo Gentiloni è stato buonissimo si è troppo continuato con il racconto dei (reali) progressi economici che confliggeva con ciò che veniva percepito in termini di impoverimento al sud e paura di insicurezza al nord e dovunque. La propaganda e le assurde, irraggiungibili promesse dei Cinquestelle e della Lega hanno avuto buon gioco.

Non si possono però sottacere i punti di svolta molto positivi della guida Renzi. Sottolineo il rapporto con l’Europa, leale ma con la richiesta di meno austerità, più investimenti, più gestione comune dell’immigrazione. Sottolineo il Jobs Act: vero che è costato in termini di consenso ma l’abbandono del famoso art. 18 era indispensabile. Sottolineo i diritti civili con il testamento biologico e le unioni civili. Sottolineo gli indicatori economici tutti migliorati. Ricordo infine il progetto giusto e sfortunato (condotto male, questo si) di cambiare la seconda parte della Costituzione per darci Istituzioni all’altezza dei tempi.

Devo dire che non vedo nemmeno errori nel mantenere la distinzione fra maggioranza e minoranza del Pd. Ci vuole più senso dell’unità e capacità di tenere insieme le diverse sensibilità ma gli unanimismi sono dannosi perché frenano l’azione politica. I responsabili di una scissione che abbandonano la battaglia democratica interna danneggiano il partito che lasciano e vengono poi massacrati dagli elettori.
Se il Pd, con tutti i limiti sottolineati, non avesse prodotto negli ultimi anni i cambiamenti annunciati alla sua fondazione avrebbe imboccato una discesa ancora più disastrosa come successo ai socialisti francesi di Hollande praticamente spariti. In realtà il Pd non è più un partito ideologicamente post-comunista destinato all’estinzione. Da qui serve ripartire con delle correzioni di rotta, anche culturali, ma senza gettare l’esperienza fin qui costruita.

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