Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

“ARTE E DILETTO”

ROSALBA FERRERO - 13/04/2018

rancateLa mostra ‘Arte e diletto’ propone per la prima volta al pubblico le opere di Valeria Pasta Morelli, acquisite nel 2014 come lascito testamentario di Valeria Morelli Razzini, che, visitando la Pinacoteca Züst, la scelse come luogo di elezione per custodire tele anfore album di studi carteggi, insieme a medaglie e diplomi appartenuti alla nonna.

Molti gli spunti di riflessione: l’allestimento curato nei dettagli rende l’atmosfera familiare, quasi casalinga, di una dimora benestante di fine Ottocento, con i ritratti appesi alle pareti dei genitori e dei suoceri e una lunga successione di ritratti del figlio che seguono le tappe della sua crescita, insieme ai brogliacci da disegno alle attestazioni agli encomi ai riconoscimenti che pian piano la pittrice andava collezionando, insieme ai colori e ai pennelli usati.

La mostra racconta la vita di pittrice e di donna di Valeria Pasta Morelli, che le curatrici della mostra hanno scandagliato, a partire dall’infanzia, vissuta in Ticino.

È in Valeria forte sin dall’infanzia la passione per la pittura, che ha ereditata dallo zio paterno Bernardino, pittore anche lui. Valeria si iscrive all’Accademia di Brera, probabilmente grazie alle conoscenze del mondo degli artisti milanesi che aveva la famiglia Pasta, e vi frequenta il corso di disegno- ornato, figura, prospettiva anatomia e storia dell’arte sono le materie di studio- l’unico corso che ha potuto frequentare perché la pittura ad olio era un traguardo accademico precluso alle donne. Il giudizio negativo sul genere femminile era riassunto nel detto popolare ‘alle donne si addice piacere tacere e stare in casa ’…e ancora nel novecento, agli albori del movimento ‘futurista’ che doveva ‘svecchiare’ la vita la cultura e l’arte- ma non i pregiudizi presenti in una cultura maschilista radicata da secoli- Boccioni e Carrà tranciano pesanti diktat sulle ‘pittrici’ : ‘quando si dipingono le unghie, non si possono dipingere i quadri’!!! Proseguire i corsi presso l’Accademia è impossibile e la formazione si può completare solamente frequentando gli studi degli artisti che assolvono al ruolo di ‘insegnante privato di pittura ad olio ’.

Valeria a Brera ha mostrato indubbie doti di disegnatrice, come provano i riconoscimenti accademici e le menzioni ricevute, ha avuto contatti con gli studenti ticinesi suoi coetanei come Berra e Chiattone, ma per andare oltre per acquisire tecniche e competenze della pittura ad olio deve frequentare lo studio di Sebastiano De Albertis, amico dello zio Bernardino, e probabilmente anche l’atelier di Bartolomeo Giuliano: di entrambi i maestri sono esposti in mostra tele che suffragano questo rapporto didattico. La sezione della mostra proposta nell’ammezzato, è dedicata a Gioachimo Galbusera, che teneva nel suo atelier corsi per le pittrici, ed è presente con due quadri pregevoli ‘Natura morta con pesche uva e fichi’ e ‘Natura morta con rose e serenelle’ cui fanno da pendant i lavori della Castagnola, insieme a quelli di altre ‘colleghe’ pittrici, la Andreazzi, la Rusca, la Manzoni, la Clericetti che privilegiano nature morte e motivi floreali, tanto in voga tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, considerati soggetto ‘consono’ all’universo muliebre. Le opere di mano femminile sono fuori dai circuiti classici, esposizioni gallerie vendita, sono confinate tra le mura domestiche, come le loro autrici, passano di mano in mano per via ereditaria, ed è difficile per questo motivo reperirle e classificarle- ed anche ottenerle per una esposizione, poiché sono tutte di proprietà dei discendenti delle pittrici, appartengono a collezioni private, familiari.

La riflessione sulla condizione delle donne nel periodo che va tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 chiarisce anche l’abbandono della pittura da parte della Morelli Pasta: la condizione di signora e madre era inconciliabile con un’attività artistica; la pittura considerata solo uno ‘svago’ come la lettura o il ricamo. Quando non assolvono alla funzione di decorare le pareti della propria dimora, i dipinti sono destinati all’incanto per permettere raccolte di fondi destinati ad iniziative benefiche, o sono premi messi in palio, o doni per associazioni e fondazioni, come il ritratto gratulatorio di Carlo Pasta, commissionato alla figlia pittrice dall’Ospizio della Beata Vergine di Mendrisio che intendeva esporlo in segno di riconoscenza per la munifica donazione avuta da parte del benefattore.

Lo studio storico e stilistico delle opere di Valeria Pasta mostra che l’autrice pone al centro della sua ricerca lo studio della figura umana e del ritratto; in pochi lavori il soggetto è il paesaggio e raramente la natura morta che erano i temi preferiti dalle pittrici a lei contemporanee. Sposatasi nel 1889 con Enrico Morelli, un alto ufficiale del genio dell’Esercito italiano, lo ha seguito nei suoi spostamenti dovuti agli incarichi militari: è a Torino quando nasce figlio Valerio che diventa il suo modello, il soggetto preferito dei suoi quadri; del figlio segue le tappe della crescita immortalandole in una serie di ritratti in cui svela tutta la tenerezza e la capacità di cogliere l’attimo fuggente sulla tela: in braccio alla madre, che si autoritrae, disteso su un prato fiorito, di fianco al padre in un dolce siparietto di vita domestica.

Tutti i membri della famiglia diventano soggetti di ritratti o protagonisti di scene domestiche: la fedeltà alla resa fisionomica, la stesura morbida, la leggerezza del chiaroscuro sono la cifra che distingue i ritratti, insieme ad una innata capacità di focalizzare l’attenzione sugli occhi, che sempre sono luminosi, intensi, insieme alla sobrietà elegante delle scene di vita.

La pittrice si cimenta anche con la pittura su ceramica; la Pinacoteca espone tre anfore bi-ansate decorate con fregi in stile greco l’una e due con motivi rinascimentali di putti fiori e frutta. Presenti anche alcuni lavori con soggetto arcadico pastorale, in linea con un gusto molto diffuso a fine Ottocento nel territorio lombardo-ticinese.

La mostra ha permesso anche di compiere una ricerca storica sulla famiglia Pasta, così rappresentativa per il Mendrisiotto. I Pasta, originari di Gallarate, si trasferiscono a Mendrisio nel 1776; ampliano l’attività- sono commercianti di salumi-; poi comprano terre edifici masserie e con matrimoni benpensanti allargano la loro influenza e il loro patrimonio. Carlo, medico a Briga, coglie l’opportunità dello sviluppo turistico: diventa imprenditore, trasferendo a Mendrisio, sul Monte Generoso, le novità in campo turistico che aveva testato nel Vallese; club impianti di risalita alberghi: è la scoperta della montagna come luogo di villeggiatura, sport, divertimento per turisti facoltosi. Fa edificare l’albergo Bellavista sul cocuzzolo e addirittura la fornace per cuocere i mattoni, necessari alla costruzione dell’edificio, in vetta; poi la cremagliera per salire al Monte da Capolago e una strada transitabile; tutto questo nella certezza che il Generoso sarebbe diventato un polo turistico di primaria importanza.

Lo zio Bernardino mette tra parentesi lo spirito artistico e con spirito imprenditoriale fa costruire un albergo a Mendrisio– che è oggi sede della Fondazione Torriani- dall’architetto Fontana, operando una sorta di cerchio magico familiare del turismo tra il borgo e il monte. La Pinacoteca attraverso carteggi, libri contabili, articoli, ricevute, cartoline rende possibile la lettura di un periodo di storia ticinese- tra fine Ottocento e inizio Novecento –in modo dettagliato.

Completa la mostra un esauriente catalogo, edito da Casagrande, a cura Mariangela Agliati Ruggia, Stefania Bianchi e Sergio Rebora.

 
ARTE E DILETTO
Valeria Pasta Morelli (1858-1909) e le pittrici del suo tempo
Pinacoteca cantonale Giovanni Züst
Rancate (Mendrisio), Svizzera
27 marzo – 26 agosto 2018

 

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login