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Cara Varese

CITTADINI DA RICORDARE

PIERFAUSTO VEDANI - 20/04/2018

Il famedio al monumentale di Milano

Il famedio al monumentale di Milano

Ogni epoca lascia tracce nelle comunità e nel loro territorio. Accade anche da noi, ma dalle nostre parti il culto della memoria appare più blando e sembriamo a volte irriconoscenti nei confronti di cittadini che bene hanno operato, raggiungendo fama nazionale o addirittura internazionale. Come per esempio Ermanno Bazzocchi con i suoi strepitosi aerei, Salvatore Furia, principe delle stelle e dell’ecologia, Antonio Ghiringhelli primo sovrintendente della Scala nel Dopoguerra. E con i big pure dimenticati cittadini che operando in vari settori, pubblici o privati, hanno fatto grande la Varese del 900.

Pensando a questa lacuna mi sono ricordato che più città hanno risolto il problema con il famedio, un luogo dedicato appunto al civico ricordo di chi ha conquistato meritata fama agendo anche in favore della collettività.

I famedi presentano spesso un inconveniente, trovano infatti collocazione nei cimiteri o nelle loro vicinanza e corrono a loro volta il rischio di essere dimenticati o di essere citati solo in occasione di un nuovo ingresso. Se Varese dovesse dotarsi di un famedio potrebbe cogliere l’opportunità: farne un luogo sì del ricordo, ma anche uno strumento, una opportunità di cultura. Un famedio cioè come luogo e servizio rivolti anche al presente e al futuro della città. Numerosi poi gli esempi di un passato concreto, positivo da recuperare in occasione di anniversari, di particolari manifestazioni. Infine anche come sede opportunamente attrezzata per altre iniziative delle numerose associazioni che svolgono in città preziose attività culturali.

In una Varese che sta arricchendosi di progetti e cantieri per riprendere un cammino che non può prescindere dalla cultura forse è possibile in uno stabile nuovo o in uno vecchio predisporre un paio di sale, una dedicata al ricordo dei grandi cittadini l’altra per le cerimonie e soprattutto per gli incontri culturali. Sarebbe un doppio servizio alla collettività: il passato come stimolo, come possibile fonte di ispirazione, il presente e il futuro come oggetto di analisi e discussione.

Chissà se la mano pubblica prenderà in considerazione l’ipotesi di un famedio così concepito, cioè anche l’occasione di un servizio culturale: non si può pretendere nulla davanti alle emergenze della città, ma si può sempre sperare in una buona occasione grazie a nuovi piani di sviluppo e altri di recupero in ambito urbanistico.

La vera impresa sarebbe comunque la costituzione della commissione per la selezione dei cittadini da ricordare nel famedio. La sua composizione dovrebbe ricorrere a chi da anni si occupa della storia della città e pure a persone che hanno un passato e un’esperienza culturale solidi. E sarà un compito delicato chiedere alle istituzioni la partecipazione di rappresentanti non dai bollenti spiriti politici. Già in tema di toponomastica sono stati combinati dei guai, ma si sa come sia delicato il problema e in che misura, non solo a Varese ma in tutta la nostra nazione, quanto poco si sappia di storia.

Un piccolo esempio, non esiste città che non ricordi Francesco Crispi: rivoluzionario da giovane e reazionario, come piaceva allora ai Savoia, come ministro dell’interno. I Savoia che con re Umberto I decorarono il generale Bava Beccaris che nel 1998, assassinando centinaia di milanesi inermi, represse a cannonate “la rivolta del pane”.

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