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Noterelle

INVENTAVANO LAVORI

EMILIO CORBETTA - 20/04/2018

robotC’era una volta…. Sempre piacevole questa frase con cui si iniziano le favole. Ebbene si, c’era una volta la saggezza di conservare o addirittura inventare i lavori per ridurre i disoccupati, mentre ora siamo nell’era in cui si uccidono i lavori e si creano i disoccupati. Si preservavano, si inventavano i lavori per dare un sostentamento (sapevano già precorrere il “reddito di cittadinanza”?) dando sicurezza e dignità alle persone, che altrimenti sarebbero state disoccupate. Oggi invece, con l’aiuto della tecnologia, si creano disoccupati, convinti che sia questo il modo per moltiplicare il reddito, per ottenere maggior profitto. Esseri umani sacrificati al dio profitto.

Tutto così semplice? Invece no, perché questo modo crudele di agire crea infiniti problemi e sofferenze in molti altri settori del consorzio umano. Si hanno così affascinanti vantaggi da un lato contro orride grandi sconfitte da un altro.

Un semplice esempio: consideriamo l’idea di Ford che progettò la catena di montaggio impiegando molti lavoratori. Ora la catena di montaggio è “robotizzata” ed è diretta e controllata da una intelligenza tecnologica, definibile “intelligenza artificiale”. L’essere umano con la sua intelligenza umana si ritrova quasi accantonato.

Dunque l’uso esasperato della tecnologia, con le sue caratteristiche mnemoniche e abilità tecniche, penalizza e sostituisce l’uomo; la tecnologia diventa la protagonista dell’economia, mortificando chi l’ha creata. Il lavoro dell’uomo risulta essere meno redditizio di quello del “robot” e il lavoratore viene sostituito da strumenti molto sofisticati, che non sentono la stanchezza e si muovono senza tempo; si crea molta ricchezza a pochi, tanta miseria a molti.

Questa tecnologia ha pure un costo e richiede una manutenzione particolare ma se il suo utilizzo si protrae per un tempo adeguato, tutto si ammortizza e remunera chi l’impiega. È facile prevedere in futuro ulteriori miglioramenti in questo ambito, contro un aggiuntivo peggioramento dello stato della figura umana, che resterà immersa in un mare di problemi sociali capaci di stravolgere intere comunità di lavoratori.

Nasce la necessità di creare un aiuto economico che viene proposto con troppa facile superficialità da certi movimenti politici che lo definiscono “reddito di cittadinanza”, ma che non propongono come superare pragmaticamente le difficoltà ad esso collegate. Non è un’idea originale: in Italia già c’è un contributo ai disoccupati, come in certe regioni estere dove ha un valore maggiore ed è regolato diversamente che da noi. In certe nazioni non è solo un semplice aiuto economico ma prima di tutto varia in funzione dei bisogni famigliari e sociali dei soggetti e poi questi vengono stimolati, con la messa in atto di misure tali da aiutarli ad uscire in modo attivo dal tunnel della disoccupazione. Per inciso va sottolineato che ora anche in Italia il suddetto contributo di disoccupazione è stato modificato e per certe famiglie con tante difficoltà, quindi definibili particolarmente povere, è stato creato il “reddito di inclusione” che ha caratteristiche tali per cui è più rispondente ai bisogni delle famiglie stesse.

A questo punto conviene seguire il progetto del “reddito di cittadinanza”, finanziando le persone ma lasciandole nel “far niente”, o tornare al “c’era una volta” cercando di ricreare posti di lavoro come si faceva anni fa e in modo che chi riceve il contributo, definibile in qualunque modo si voglia come reddito di cittadinanza o reddito di inclusione, non si senta un “povero” che viene beneficato dalla magnanimità dello Stato, ma abbia la sensazione di essere un dignitoso lavoratore? Già anche oggi si cerca di muoversi in questo senso ma si riescono a dare solo incarichi a tempo determinato. Se è facile creare disoccupati non è facile farli ritornare lavoratori con le caratteristiche sopra dette. Forse la vera soluzione starebbe nell’affrontare la fatica di saper indirizzare adeguatamente la tecnologia, non lasciandola procedere come avviene ai nostri giorni, ma facendo sì che rispetti l’uomo per il quale in definitiva è stata realizzata.

Questa entità, questo mostro (mi vien facile chiamarla così) sta acquisendo sempre più potere non solo nell’ambito lavorativo, ma anche in tutta la nostra vita. Qualcuno ha ipotizzato che tra qualche anno una intelligenza artificiale controllerà le cure, le terapie che ci accompagneranno nel nostro tramonto, con decisioni che potrebbero essere non gradevoli nei nostri confronti. Già ora la nostra follia fa si che questa benedetta, o maledetta moderna tecnologia elettronica, trovi applicazione nelle armi e nell’uso delle stesse ottenendo quei risultati nefasti che ogni giorno vediamo realizzati in molte regioni del globo.

La splendida, la superba tecnologia diverrà una nefandezza che continuerà ad aggredire l’uomo? Che giocherà con l’uomo, povero tapino ridotto a vittima dei suoi,stessi prodotti? Di fatto lo spauracchio del tecnologico “grande fratello” sempre aleggia perverso su di noi ….

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