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Cultura

I LUOGHI, LA STORIA

ROSALBA FERRERO - 20/04/2018

towerIl salone delle conferenze al MaGa è sold out: 600 persone sedute e in piedi nei corridoi tante da far intervenire la sicurezza. Alle 18,30 devono chiudere le porte d’accesso: troppo ghiotta la possibilità di ascoltare Daniel Libeskind, una delle più famose archi-star al mondo, a Milano per City Life e Gallarate non se l’è lasciata sfuggire l’occasione di averlo al MaGa.

Libeskind ha un rapporto di lunga data con l’Italia, anche se risponde a Marco Carminati parlando solo in inglese. Nel 1986 a Milano ha fondato il laboratorio didattico sperimentale “Architecture Intermundium”, e l’ha diretto divenendo amico e collaboratore di Aldo Rossi fino al 1989 quando se ne è andato asserendo ‘In Italia è impossibile lavorare…’ a causa di ‘processi laboriosi e complicati e di decisioni prese lentamente’..

Ora i tempi sono cambiati, e l’Italia è nuovamente attraente, per viverci e per lavorare. Il progetto di uno dei tre grattacieli di City life Milano, la Torre Libeskind, alta175 metri, 31 piani, che insieme alla Torre Isozaki o Torre Allianz, progettata da Arata Isozaki e Andrea Maffei, 209 metri e 50 piani e alla Torre Hadid o Torre Generali progettata da Zaha Hadid Architects, alta 170 metri con 44 piani, si prepara a competere con le cime del Duomo, della torre Velasca e del Grattacielo Pirelli ridisegnando lo ski-line della città è opera sua.

L’ha progettato 14 anni fa, descrivendo la Torre come ‘un edificio leggermente inclinato in avanti che si ispira alle linee della Pietà Rondanini, un inarcamento dei corpi che ricorda un senso di protezione e fa entrare il grattacielo in dialogo con le altre due torri… una torre piegata come fosse un inchino a baciare il grattacielo vicino, quello di Zaha Hadid.’ Inizialmente la curvatura proiettava il baricentro fuori dalla base ma la visione iniziale è stata ridisegnata e oggi la torre sarà realizzata curva rispetto alle altre due, ma non più come previsto nel progetto iniziale.

È un esempio unico, secondo l’archi star, di ‘come politiche virtuose possano proiettare un quartiere di una città carico di storia e tradizione direttamente nel ventunesimo secolo’.

Il progetto milanese incarna uno dei tre ‘topoi’ della cifra architettonica di Liebskin: riuso riqualificazione verticalità, cui è approdato dopo un lungo eterogeneo percorso formativo.

Nato in Polonia, a Lód’z, nel 1946, Daniel Libeskind ha studiato musica, diventando un virtuoso del violino, è emigrato in Israele e poi si è trasferito in U.S.A. per studiare per matematica e disegno; a New York si è laureato alla Cooper Union nel 1970 …in Architettura e ha proseguito gli studi in Storia e Teoria dell’Architettura.

Dichiara ‘ho lavorato per grandi architetti, (- Meier -) ma era noioso…’ Fare il tira-linee, eseguire i disegni dei progetti pensati da altri, il tran tran dell’apprendista, nella banalità delle ripetizioni quotidiane … ‘ così ho deciso di insegnare architettura’. Insegnare vuol dire per lui studiare, aggiornarsi di continuo, non dare mai nulla per scontato, calarsi nei principi base dell’architettura, che tutti danno per scontati, e non lo sono affatto: per esempio ho cercato risposte ad un quesito-base: perché un edificio sta su e come accade questo, nei particolari?’

Ha insegnato alla Cranbrook Academy of Art a Bloomfield Hills tra il 1978 e il 1985, ha viaggiato, sperimentando e disegnando edifici, avvicinandosi al pensiero decostruttivista di Jacques Derrida, il che lo ha imposto all’attenzione dei grandi architetti a lui contemporanei.

La “costante, distruttiva critica rivolta al linguaggio architettonico contemporaneo”, lo colloca come personaggio di spicco nell’ambiente degli intellettuali degli anni Settanta.

Ma sono gli anni da insegnante –ripete- che ‘mi hanno arricchito: vivere ponendomi domande e cercando risposte, affinché questo appagasse la mia fame teorica di spiegazione.’

‘Non avevo clienti non avevo commissioni, ma solo idee che trasformavo in disegni’, poi i disegni si sono trasformati in costruzioni ed è iniziata l’importante attività di progettista: espone alla mostra Deconstructivist architecture al MoMA di New York, prepara il padiglione Folly a Osaka e il trasgressivo progetto City Edge a Berlino, edificio inclinato, di 450 metri. La svolta è nel 1989 quando partecipa, e in maniera quasi del ‘tutto inaspettata’, riporta la vittoria a un concorso internazionale promosso dall’IBA per l’ampliamento del Jüdisches Museum di Berlino: le linee dell’edificio, una spezzata e l’altra diritta con sezione costante di ventidue metri, s’incrociano in più punti formando spazi inaccessibili ma percepibili, veri vuoti architettonici, che hanno la funzione di simboleggiare ’il vuoto ’ di ebrei berlinesi, sterminati nell’Olocausto.

Sono seguite altre commissioni importanti, sino al piano generale per la ricostruzione del World Trade Center a Manhattan.

Le sue opere sono complesse, caratterizzate da commistione di stili, tecniche e strutture, e si fondano su una base concettuale che ha radici nell’analisi storica e nel contesto socio-politico dei luoghi in cui si interviene, secondo regole di armonia e fattibilità: musica e architettura hanno le stesse regole della matematica e Daniel Libeskind veleggia tra tempo, spazio numeri ed esistenza come se muovesse un archetto; le note vengono trasposte in architetture sinuose in geometrie dinamiche, l’occhio sempre teso alla ‘green architecture’ perché l’esperienza giovanile in un kibbutz lo ha profondamente influenzato in questa direzione. ‘Considero il linguaggio musicale-matematico la più grande espressione artistica presente, in questo determinato momento storico, non sempre siamo sempre stati aperti a nuove avanguardie e novità, come oggi.’

Scriveva nel 1983 : ‘So che qualcosa deve essere costruito in qualche materiale. Userò cemento armato e ho sui miei tavoli da disegno tutti i tipi di campioni di materiale che posso usare.’ Ma- questo- non è la sostanza dell’architettura…che è misteriosa …penso a come riconciliare la strumentalità tecnologica con un –pensiero- non ragionevole.

Vasari lo definirebbe un umanista rinascimentale, secondo i canoni moderni sarebbe un decostruttivista, ma Liebskin non condivide tali opinioni su di lui: ritiene che un architetto sia costruttivista perché progetta; come Mozart era un musicista perché componeva armonie musicali, così l’architetto crea edifici armonici e costruisce proiettando nel futuro, usando forme moduli volumi cose che ci sono già, che ha davanti, per ripensarlo, ridefinirlo e trasformarlo in un elemento nuovo.

Riuso, riqualificazione, verticalità sono elementi-base del suo lavoro: li applicherebbe nella città di Gallarate che ha luoghi da riqualificare come la caserma o gli opifici tenendo presente un elemento fondamentale per un architetto: ‘la memoria’.

Una città infatti è il prodotto di una storia. Ogni luogo ha una memoria e per l’architetto non c’è ‘il luogo’, anonimo e avulso dal tempo, ma c’è ‘il luogo nella storia’, cioè c’è il modulo abitativo, religioso politico sociale calato nella storia e, secondo l’archistar, ‘il luogo -Italia è il più storico’ di ogni altro luogo al mondo. Confessa:‘ Mi piace disegnare su qualcosa che c’è già.’

Usa lo ‘slancio verso il cielo’ come nel progetto per la re-definizione di Ground Zero o a Milano per la Torre, perché ritiene che l’edificio verticale, il grattacielo sia attuale, e necessario perché oggi usiamo le risorse della terra in modo esagerato e incontrollato. Non si può continuare a costruire case basse usando tanta terra. Ma gli esseri umani sono numerosi e hanno bisogno di casa e, come a Tolosa dove prevedevano case basse estese su una grande estensione di terreno, ha progettato case alte per risparmiare terra in un progetto che prevede edifici a basso prezzo.

Seguendo questa filosofia, a City life, ha fatto una cosa nuova: creare un’abitazione in un’area dove non c’è smog né traffico ma c’è verde intorno agli edifici che sono sostenibili e l’area è ricca di uffici asili scuole musei e tutti i servizi necessari.

Questa configurazione è vincente perché propone un posto vivibile; sarà così nel futuro la città sarà luogo di aggregazione, l’abitazione sarà nel verde e creerà socialità grazie ai musei che dovranno rispondere ai desideri dell’uomo.

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