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Cultura

L’ARTE DELLA SERENITÀ

LUISA NEGRI - 27/04/2018

marranihesseSe vi capitasse di visitare il museo ticinese sulla Collina d’oro dedicato a Hermann Hesse(1877-1962) -ed è consigliabile farlo, oltre che per la felicità del bel sito di casa Camuzzi, per l’approccio del tutto particolare al personaggio, Premio Nobel per la letteratura nel 1946- scoprireste che si ricorda lì non solo l’autore notissimo di Siddhartha e di Il Lupo della steppa, ma anche l’uomo, che, per vincere la propria fragilità, ricorse, oltre che all’uso della parola, a quello, altrettanto salvifico, dei colori.

I colori, l’arte del dipingere, espressi in delicati acquerelli conservati a Casa Camuzzi, furono un’ulteriore fonte di certezza cui attingere nella ricerca del suo equilibrio interiore, turbato in giovane età dalla morte del padre, poi dalla malattia mentale del figlio e della prima moglie.

Osservando una bacheca del piccolo museo, contenente alcune rare edizioni delle opere di Hesse, l’occhio può soffermarsi su di una pagina aperta di L’ultima estate di Klingsor: La piccola tavolozza colma di colori puri non mescolati, e di una forza luminosa limpidissima, era la mia consolazione, la mia roccaforte, il mio arsenale, il mio libro di preghiere, il cannone con il quale sparavo contro la morte maligna. Con essa già mille volte ho esercitato la magia e vinto la battaglia contro la stupida realtà.

Non è quello di Hesse un caso isolato. Moltissimi artisti, forse l’universo dell’arte, hanno cercato e trovato in essa lo strumento narrativo ed estetico, ma anche quello terapeutico.

Il personale equilibrio di ciascuno di noi incontra nella sua vita, a partire dall’infanzia -persino dalla pur rassicurante culla del grembo materno- un bisogno di certezza al quale, nell’intero corso della nostra vita, in seguito anche a dolori ed eventi psicologicamente traumatici, siamo chiamati a dare risposte. Ebbene, l’arte può aiutare a farci domande e darci anche rasserenanti risposte.

Di recente Ruggero Marrani -un nostro bravo artista, già allievo del futurista Dottori- nato a Corridania, nel 1941, ma operante dal ’68 nel territorio nella doppia veste di scultore, con studio a Barasso, e di insegnante per anni nella scuola d’arte cittadina, ha incentrato proprio sull’argomento della personale ricerca dell’equilibrio la sua ultima ricerca d’artista.

Ne è uscita un’interessante mostra interattiva nelle sale del museo di Cerro di Laveno, a palazzo Perabò e curata da Clara Castaldo, che può essere visitata fino al 13 maggio. Il titolo è già di per sé allusivo: Lascia una traccia del tuo passaggio.

L’allusione di Marrani parte dichiaratamente anche dai casi, sempre più eclatanti, di squilibrio mentale messi avanti dalla cronaca nera, esplosi a volte in modo improvviso, in contesti inattesi. E proprio di questi giorni è la notizia della strage compiuta in Canada da un giovane accanitosi con un camioncino sugli ignari passanti di una via.

Partendo dunque dalla difficile riflessione su questi labirinti della mente Marrani ha formulato le sue ultime proposte artistiche, presentate in veste non didascalica, ma ludica.

Com’è consuetudine ormai, le sue mostre, popolate da opere per lo più in ceramica smaltata e materiali poveri e naturali come il legno, si sono fatte sempre più interattive (note e molto apprezzate quelle tattili, da lui dedicate agli ipovedenti). Quasi che, compiuto l’interiore cammino, l’artista ritenesse giunto il momento di rimettere il portato della ricerca di una vita direttamente nelle mani del visitatore.

“Il mio lavoro è finito, ora tocca voi confrontarvi con la mia arte, sarò io ad osservare voi ”dice ai suoi affezionati interlocutori.

E allora ecco le sue sculture da toccare, da scomporre e ricomporre come si vuole, da far oscillare e roteare su se stesse, e spostare da una situazione di equilibrio ad un’ altra. Significativi i titoli: come I labirinti dell’anima, e “La mia ricerca d’equilibrio interiore” n.1, 2, 3

Anche Sculturerumore, così le chiama a volte Marrani, perché spesso dotate di corde musicali montate sull’opera: che funge a sua volta da cassa armonica e dunque rivela la sua unica voce, con la quale può comunicare con le altre opere in armoniosi concerti. Ne sono stati realizzati di meravigliosi da Marrani, durante le sue rassegne, grazie alla collaborazione di musicisti provetti.

Questo insomma deve essere il gioco tra artista e osservatore, ma anche tra noi e il nostro io: guardarci dentro, smontare e rimontare i pensieri, le convinzioni date per certe, i sospetti mai indagati, e rifare, di testa propria, con cuore nuovo, giochi di bambino o di artista.

Perché così siamo: adulti ammaliati e delusi, a volte sopraffatti, da traguardi sognati da sempre e mai raggiunti, ma anche splendidi, e sempre potenziali, entusiasti artefici di piccole, quotidiane manipolazioni della vita, in grado di spianarne le asperità, scombinarne i destini, e farne rifulgere la sostanza.

O almeno così ci vede Marrani; in accordo con Hesse, che la stupida realtà possa essere vinta mille, e mille volte ancora, dalla magia dell’arte.

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