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Noterelle

AMICO GRANDE

EMILIO CORBETTA - 11/05/2018

nicoraEravamo in un’aula della grande casa dei Salesiani ad un corso di esercizi spirituali organizzato dall’Azione cattolica. Non ricordo chi era il sacerdote conduttore della meditazione: ci aveva parlato di Cristo come vite e noi suoi tralci. Noi componenti del corpo spirituale di Cristo in quanto lui vite e noi suoi tralci, suoi rami. Lui figlio di Dio; quindi se noi eravamo uniti a Lui, eravamo anche noi spiritualmente figli dello stesso Padre, cosa sola nello stesso Corpo Spirituale di Cristo, figli e fratelli.

Attilio, che era nel banco accanto al mio, al termine della meditazione, si era rivolto verso di me con volto raggiante, pieno di felicità, entusiasta della realtà di questo concetto appena scoperto. “Ma ti rendi conto? Tutti uniti in un solo Corpo con Cristo? Tutti figli dello stesso Padre? Che cosa grande! Noi cosa sola con Cristo, tutti componenti del suo corpo, tutti fratelli!”.

Eravamo adolescenti che avevano appena terminato le medie e cominciate le superiori. Il relatore non lo ricordo bene, ma avrebbe potuto essere don Sandro Dell’Era? Don Locatelli? Don Biffi? Don Giussani? Era un sacerdote che veniva dal pre-seminario di Masnago o dal seminario di Venegono?

Don Sandro c’entrava senz’altro anche se forse solo come organizzatore. In quegli anni don Sandro, giovane prete arrivato da poco a Varese, era in contatto con quelle figure di sacerdoti di poco più anziani di lui che erano impegnati o a Masnago o a Venegono prima di venir presi nelle successive realtà del loro percorso pastorale.

Allora oltre che insegnanti nei seminari, facevano parte dei nostri educatori e ci aiutavano ad approfondire la nostra fede.

Attilio riusciva a entrare nella profondità del concetto e lo viveva con sincero entusiasmo. Non tutti riuscivamo ad avere la concentrazione e la intensità di pensiero di Attilio, che sapeva penetrare e far suo il mistero che ci veniva esposto. Era felice ed entusiasta del contenuto che ci era stato annunciato, lo meditava profondamente, lo viveva, lo comprendeva nella sua realtà in misura maggiore di quella di altri presenti, per esempio di me che facevo un’alzata di spalle pensando “ma io già lo sapevo, me l’avevano già insegnato” e da superficiale mandavo il mio pensiero su banalità del momento, restando estraneo al senso di quel concetto, di quell’idea.

Attilio no. Ma quell’atteggiamento profondo, positivo, colmo di saggezza lui lo manifestò in numerosi altri incontri che avvenivano allora in un salone sopra il ristorante “da Vittorio”. Lì si riunivano gli studenti cattolici di Varese, liceali ed universitari.

“Sai, voglio andare in seminario, ma mia mamma mi consiglia di raggiungere prima una laurea …” mi disse un giorno mentre leggevamo i titoli delle prime pagine dei quotidiani che l’allora gestore dell’edicola di piazza Monte Grappa aveva cura e premura di esporre nella bacheca dell’edicola stessa.

E così fu, ma non mi meravigliai della sua ubbidienza alla madre e della costanza con cui visse la sua vocazione. Troppo profondo il suo senso religioso, la sua fede, la sua cultura, la sua intelligenza.

Aveva appena superato la maturità ed era il momento per lui delle decisioni fondamentali, determinanti per affrontare la vita. In quegli anni lavorò anche alla Prealpina e collaborò attivamente con il Luce ancora vivo. Nelle parrocchie si raccomandava di sostenere “La buona stampa”.

Fu prete e Varese non l’ebbe più, tanto che molti varesini ignorano la grande importanza che ebbe il suo pensiero, il suo agire, la sua diplomazia nei rapporti tra la Chiesa e lo Stato.

Non penso che la sua vita sia stata facile. Temo che abbia pagato pesantemente nei confronti della “burocrazia dei celibi”, come qualcuno recentemente ha definito alcuni aspetti della struttura politica e della burocrazia vaticana, ma anche delle varie diocesi spesso incapaci di vedere la realtà religiosa oltre i propri confini.

Ricordo una conferenza in cui spiegava le difficoltà incontrate per spingere le diocesi ad una visione “realmente ecumenica” del Cristianesimo, aiutando ad abbattere i debiti delle Nazioni più povere del Terzo Mondo.

Quanti tralci di vite innocenti deve avere visto soffrire e quante prove, fatiche dovette affrontare lui stesso, subendo tanti tradimenti. Quanti affrontano in silenzio i lati amari del “pane quotidiano” che la società, la natura, i rapporti col prossimo, la nostra ignoranza ci propinano e quanti riescono ad invocare l’aiuto del Padre, vivendo la vita con semplicità e coerenza, aiutando positivamente la comunità a procedere verso il bene? Attilio era di questi!

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