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Opinioni

“OSARE LA SPERANZA”

ANTONIO MARTINA - 11/05/2018

don-galloIl 22 maggio del 2013 concludeva il suo cammino terreno uno stimatissimo prete e partigiano italiano don Andrea Gallo, anche fondatore e guida della Comunità di San Benedetto al Porto di Genova.

Nell’estate precedente, con alcuni giovani partecipanti ad un percorso aziendale di sviluppo delle competenze, eravamo andati a fargli visita per sentire la sua opinione sui fatti che stavano accadendo in quel periodo.

Erano le sei del pomeriggio e don Andrea, dopo una notte spesa come sempre nelle strade di Genova si era appena alzato. In quella giornata afosa dalla finestra socchiusa del suo studio, oltre a intravedere una piccola parte del Porto, ci giungeva qualche refolo di vento che ci consentiva di seguire con la massima attenzione le parole dell’amatissimo ‘prete del marciapiede’. Aveva fatto del servizio agli ultimi, ai tossicodipendenti, agli immigrati ma anche ai precari di ogni genere e ai diseredati della società una ragione di vita, prima ancora che una missione inerente al suo sacerdozio. Don Gallo sapeva spiegarsi con chiarezza e con immediatezza, non aveva bisogno di molte interpretazioni e di sottolineature. Ciò che esprimeva apparteneva al suo credo, per il quale aveva speso tutta la sua vita. Diceva spesso ‘la chiesa è la mia casa’ anche se talvolta si era scontrato con le gerarchie ecclesiastiche, con la rigidità di una gerarchia antica e collaudata.

Come aveva scritto nel suo libro ‘La buona novella, perché non dobbiamo avere paura’: “Siamo a bordo di un’astronave senza pilota, senza marcia indietro e senza freni. Ma una via da seguire, una soluzione c’è: è l’amore della Verità, la ricerca delle cause dell’ingiustizia e il loro rimedio attraverso l’equità e la giustizia sociale, la cura dell’ambiente, il rispetto della democrazia, l’elogio delle differenze, il dovere di solidarietà e amore, l’uso dell’intelligenza della creatività, della spiritualità che sono patrimonio comune di tutte le donne e tutti gli uomini. Questi valori vanno recuperati a tutti i costi, perché sono il fondamento della nostra realizzazione in quanto esseri umani e sono il primo passo verso una ricostruzione del tessuto sociale a patto che si parta dal piccolo e dagli ultimi!

Questi ‘chierici del capitale’, come li chiamo io, questi profeti di sventura, questi portatori di disuguaglianza sociale vanno combattuti con le armi del buon senso, della voglia di rimboccarsi le maniche tutti insieme, dal desiderio di ricostruire un tessuto connettivo, creato dalla partecipazione e condivisione di tutti i cittadini. Questa crisi, a mio avviso, può diventare una grande occasione. Un’occasione alla portata di coloro che vogliono prendere il proprio compito sul serio, dimostrando di prendere sul serio se stessi. Cercare facili scorciatoie, infatti, significa spesso non arrivare da nessuna parte. Usciamo dalla ‘società delle spettanze’, per la quale ogni cosa è dovuta, sempre! Perché non iniziare a chiederci ogni giorno: cosa posso fare per la mia famiglia, per il mio condominio, il mio quartiere, la mia città e infine per il mondo intero? Siamo tutti corresponsabili e tutti singolarmente chiamati alla ricostruzione di città, Paesi, nazioni che siano ‘a misura d’uomo’. È inutile avere le mani pulite se poi le teniamo in tasca.

Durante il G8, il mercoledì pomeriggio venne a trovarmi il regista Mario Monicelli. Per chi non lo sapesse io lavoro molto di notte e nel pomeriggio vado a riposare chiedendo di non essere disturbato. Il giorno dopo, giovedì, stessa situazione mi svegliarono per ricevere il regista Ettore Scola. Lui mi propose lo stesso interrogativo di Monicelli: don Gallo lei che gira da moltissimo tempo tra i giovani riusciremo tutti insieme a sradicare dalle nuove e nuovissime generazioni l’assenza di cultura? A Scola e Monicelli risposi con il mio motto partigiano: ‘osare la speranza’, ma subito Mario mi sgridò dicendomi che quella ‘speranza’ non dovevo solo proporla in astratto bensì gridarla per riempirla di concretezza. Dobbiamo cercare di coinvolgere quante più persone possiamo per dare voce e passare dalla solidarietà assistenziale alla solidarietà strutturale quale garanzia dei diritti di base che possono essere considerati liberatori. Nella Chiesa e nei suoi documenti ufficiali non c’è scritto che il piano di Gesù prevede l’esistenza dei Principi, dei Vassalli, dei Valvassori e poi, ultimi, i poveri. Liberté, egalité, fraternité. Quale cade sempre? Ancora oggi? L’uguaglianza a cui si arriva con la giustizia”.

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