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Opinioni

AIUTARE LA SOCIETÀ

FELICE MAGNANI - 11/05/2018

bullismoNon c’è nulla di più sbagliato di affrontare i problemi, soprattutto quando sono seri, nella loro temporaneità, come se si potessero ridurre a fatti sporadici, localizzati, frutto di situazioni circoscritte, di esplosioni momentanee. C’è sempre una causa da esplorare, da portare alla luce, da studiare e da capire e c’è sempre un tempo di cui occorre stimare la durata, l’incidenza, l’influenza, i caratteri, le circostanze, la capacità di incidere e di influenzare. Nulla è per caso, tutto è parte di un divenire che raccoglie mutamenti e caratteri di una società, di un mondo, di una famiglia, di una scuola, di uno stato, tutto ha un inizio, un’evoluzione, una durata. Ogni devianza ha una suo atto di nascita che non è mai univoco, ha una sua progressione sociale, c’è sempre qualcosa che definisce, suscita, determina, proprio come il bullismo.

La prima cosa che sorprende di questo antico fenomeno è l’età dei giovani che lo praticano, è l’efferatezza delle modalità perpetrate, il fatto che anche quel mondo femminile che ne sembrava esente, ne sia diventato parte integrante, punto di forza. Quel mondo femminile così timido e ovattato, che ci sorprendeva per la sua grazia, la sua bellezza, per la sua formale timidezza, quel mondo così amato e ricercato, carico di sentimenti e di emozioni, di cotte e di innamoramenti che facevano tremare i giorni e le notti di ragazzi pieni di vita, di gioiosi desideri d’incontro, si frammenta oggi di fronte a ragazze che picchiano, urlano, insultano, usano parole e frasi un tempo vocabolario estremo di carrettieri avvinazzati o membri di una rada spavalderia maschilista.

Questa decadenza che si tocca con mano in ogni angolo e ovunque si posi lo sguardo ha cause remote e cause recenti, si annida nella crisi di una democrazia che è stata troppo decantata e troppo poco vigilata, tutelata, difesa, protetta e promossa, una democrazia che è molto servita a parafrasare vuoti e drammi, incongruenze e iniquità, ma che non ha trovato sul suo cammino educatori adeguati, capaci di trasformare l’irruenza in riflessione, la ribalderia in introspezione, l’eroismo in professionalità, la trasgressione in pensiero critico su se stessi e sulla realtà.

Si è pensato molto all’ego e molto poco al bene sociale, in questo la politica e la cultura hanno mancato, si sono lasciate coinvolgere da prolisse e vendicative ribalderie, condotte da condottieri poco avvezzi all’esame di coscienza, alla capacità di capire e di comprendere la forza e la bellezza di un atto, di una parola, di una frase, di una storia. Si è pensato poco alla poesia della vita, a quella parte della natura umana che si colloca fuori dagl’intrighi di corte e dalle diatribe condotte per rifocillare ambizioni perdute e mai realizzate.

Il bullismo si è inserito con prepotenza nel vuoto ideativo, morale, etico e costruttivo che ha caratterizzato l’inizio del terzo millennio, si è fatto largo in una condizione già abbondantemente provata e messa alla frusta da una crisi radicale e profonda del tessuto educativo sociale, diventato temporaneamente preda di un folto stuolo di prevaricatori del costume. In un sistema che non sa più farsi rispettare diventa molto più facile occupare spazi, dare libero sfogo a quella protervia che alberga dentro le persone quando non sono state preparate a comprendere il ruolo della libertà in una società che cambia.

È su questa via che occorre lavorare, sulla famiglia e sulla scuola, sulla società civile, bisogna cercare di ricreare una condizione credibile in cui i giovani possano esprimere la loro personalità, senza dover ricorrere a quella forza perversa del male che alberga un po’ in tutti, in particolare in chi non ha avuto la fortuna di avere il necessario per controbattere. Aiutare la società è un passo fondamentale che tutti hanno il dovere di fare, ciascuno secondo le proprie possibilità, perché è nella presa di coscienza comune che i problemi si riducono e inducono il male a convertirsi, lasciando al bene la possibilità di autodeterminarsi e di ricollocarsi.

 

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