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Ambiente

OBLIO DEL TERZO SETTORE

ARTURO BORTOLUZZI - 25/05/2018

terzoLa mattina di sabato 19 maggio mi sono recato al Salone Estense del Comune di Varese per ricevere un premio che è stato dato alla mia persona quale presidente dell’associazione Amici della Terra Varese da parte del Centro servizi di volontariato dell’Insubria. È stata un’iniziativa condotta molto bene con la partecipazione di rappresentanti istituzionali e anche di società in grado di poter erogare contributi. C’erano chiaramente moltissime persone in rappresentanza delle associazioni del territorio. L’ensemble era pertanto stato ottimamente assortito.

Mi hanno stranito l’affetto e la volontà di ringraziare i premiati da parte dei rappresentanti istituzionali. Mi è sembrato cosa incredibile. Questi sentimenti non vengono infatti mai tributati ai rappresentanti delle associazioni ambientaliste che dopo tutto operano per la tutela del territorio in cui i cittadini vivono e lavorano e per la loro qualità di vita.

Certamente questo premio è stato innovativo, in considerazione che oltre alla mia persona è stato dato anche ad Alberto Minazzi di Legambiente regionale. L’ambientalismo è dunque stato giustamente considerato, e di conseguenza omaggiato, come una realtà in crescita.

Come sempre c’è ancora una grossa differenza tra il modo in cui vengono considerate dai politici le associazioni ambientaliste, sempre a discutere riguardo le decisioni istituzionali, e le associazioni legate al sociale. Alle associazioni ambientaliste in provincia di Varese viene risposto con poca volontà di risolvere assieme una problematica, mentre alle associazioni che si occupano delle problematiche sociali e sanitarie ciò accade con meno evidenza. È giusto, invece, che vi sia una comunione tra l’ambientalismo e le istituzioni provinciali.

La vigente Legge vorrebbe che il più possibile gli enti pubblici coinvolgano gli interessati a partecipare alle proprie iniziative, mentre ciò non viene in pratica realizzato con continuità.

La settimana scorsa avevo parlato dell’iniziativa del comune di Varese che aveva coinvolto le associazioni (con alcune mancanze) alla partecipazione al bando presso la Fondazione Cariplo per poter incominciare a recuperare, (laddove sia possibile) quel che ancora è in piedi del Castello di Belforte. Questa settimana, invece, scrivo esattamente del comportamento opposto del comune di Varese. Dagli organi di informazione ho, infatti, saputo che il Comune parteciperà a un bando Cariplo della regione Lombardia per fare splendere l’Isolino Virginia con nuovi scavi, tutela del patrimonio archeologico anche sommerso.

Questo modo di operare politicamente sarebbe stato giudicato sicuramente giusto, esemplare e condivisibile anche solo 15 anni fa. Ora invece, dopo la Convenzione di Aarhus, tutto è cambiato. Che cosa manca? Non c’è stata nessuna informazione di questo bando alle associazioni, tra cui Amici della Terra Varese, che si sono occupate dell’Isolino in passato. Non abbiamo letto neppure, come quest’ultima sempre aveva chiesto, del coinvolgimento dei Comuni rivieraschi del lago di Varese.

Il terzo settore, quando interessato, doveva essere chiamato dal Comune a partecipare e a supportarlo, ovvero a dividere con lo stesso (come preferisco) almeno una parte dei costi così da poter discutere in continuo riguardo la realizzazione dei progetti.

Non riesco a capire perché il Comune debba essere come un Giano bifronte, che riguardo al Castello ha coinvolto, mentre per l’Isolino non l’ha fatto. Il terzo settore deve essere trattato in modo tale da poter contribuire con impegno alle realizzazioni che il Comune intende porre in essere.

Ripeto sono molto contento che il Comune abbia voluto intraprendere un’azione forte per il recupero dell’Isolino ma manifesto la mia piena contrarietà per il modo in cui è stato trattato il volontariato che doveva essere chiamato almeno per un confronto.

Due anni fa ponevo sotto critica l’ex sindaco (che aveva ricevuto le nostre lettere che provavano il nostro interesse per l’Isolino), perché non ci aveva avvertito che il Comune volesse avviare lavori sullo stesso per i quali era prevista anche una considerevole spesa. Alla giunta comunale di Varese avevo allora detto che, con il suo comportamento, ci abbruttiva, ci avviliva, ci degradava, ci immiseriva, ci mortificava.

Lo stesso posso affermarlo ora. Il comportamento del Comune riguardo l’Isolino ci abbrutisce, ci avvilisce, ci degrada, ci i immiserisce, ci mortifica.

Criticavo la ex giunta come critico ora l’attuale. Nella sostanza, l’associazione che rappresento, voleva che il comune di Varese promuovesse un progetto globale, assieme agli altri comuni rivieraschi, del lago di Varese. Questo è quello che ritenevamo giusto venisse fatto: “Al fine della valorizzazione dell’Isolino Virginia, gli Amici della terra di Varese propongono che divenga la pietra più preziosa all’interno di una collana in cui vi siano anche tutte le palafitte preistoriche di cui si fregiano molti comuni del lago di Varese. Un sistema di questo genere, se ben congegnato e gestito, sarebbe capace di attirare turisti e di far nascere una economia del territorio e la correlata nascita di alberghi e ristoranti. Tutto questo è già stato fatto da altri siti dell’Unesco nel mondo, che hanno saputo sfruttare il riconoscimento ricevuto da un territorio, per far nascere e fiorire alla sua base una florida economia. Ci vorrebbe una intraprendenza e una lungimiranza politica, ma ci vorrebbe anche una imprenditoria che dimostri di avere un pari sentire. È importante che l’ente che ora gestisce questo bene, cooperi con il comune per il raggiungimento di questo scopo. A questo fine si chiede di organizzare in breve tempo un dibattito pubblico con l’associazione dei Comuni rivieraschi del Lago, a cui siano invitati tutti i cittadini con invito scritto pro capite. Se la sovranità appartiene al popolo, come è scritto nell’articolo uno della Costituzione, anche il patrimonio storico e artistico appartiene al popolo direttamente. Cosa è il patrimonio storico e artistico? Non è un calcolo matematico: la somma dei musei, delle singole opere, dei monumenti. È, invece, una guaina continua che aderisce al paesaggio – cioè al territorio della Nazione – come la pelle alla carne di un corpo vivo’. Questo lo Scrive Tomaso Montanari, storico dell’arte, in un libro polemico e ben documentato dal titolo “Costituzione incompiuta-Arte, paesaggio e ambiente”, editore Einaudi.

Visto che la Soprintendenza, a me sembra che non controlli esaustivamente l’esecuzione di questo articolo della Costituzione, non è ora, come dice ancora Tomaso Montanari, che si istituisca una sorta di magistratura del patrimonio indipendente dalla politica? Chi deve controllare i controllori e la politica?

Lo stato siamo noi! Siamo noi a dover essere i custodi del più grande patrimonio artistico che appartiene come fatto spirituale alla civiltà del mondo.

Siamo noi cittadini, che ben consci dei nostri diritti, dobbiamo prenderci coraggio (ed essere attivi e vigili), protestare, a più livelli, per il modo in cui vengono trattati i beni storici della nostra città.

I sindaci dei Comuni del Lago di Varese garantiscano ai cittadini spazi di cooperazione per il progresso del vivere e dell’ambiente cittadino e siano promotori di una iniziativa che come auspichiamo possa essere lungimirante e restituirci un maestoso e fruibile patrimonio preistorico”.

Non è quindi una questione di colore, o una volontà di stalkeraggio, come dicono talvolta gli amministratori pubblici malignamente, quella che ci fa prendere una decisione per l’altra. La verità è che le istituzioni vogliono decidere unicamente per conto loro cosa fare e quando farlo.

Quello che continuo a non capire è perché in campagna elettorale ci sia stata una forte concorrenza tra i partiti e movimenti che partecipavano al voto, tra chi avesse in più casi fatto partecipare, per poter esprimere un semplice parere, la società civile. Ora invece mi rendo conto, quanto sia dominante l’adagio: “Facciamo tutto noi quando e come lo vogliamo noi”.

A questo con l’associazione che rappresento cercherò di oppormi il più strenuamente anche se so di precorrere il tempo che poi con gli anni finisce, molto spesso, per darmi ragione.

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