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Cultura

LINGUISTICA COME SCIENZA

LIVIO GHIRINGHELLI - 01/06/2018

desaussurreFerdinand de Saussure 1857-1915), svizzero, ha posto le basi della linguistica contemporanea come scienza. Dopo avere studiato linguistica a Lipsia e a Berlino, insegna all’Università di Parigi dal 1880, quindi a Ginevra dal 1891, tenendo la cattedra di sanscrito e di lingue europee, cui dal 1906 aggiunge quella di linguistica generale.

Del suo genio precoce, appena ventunenne, il Saggio sul sistema primitivo delle vocali nelle lingue indoeuropee (1879), in cui postula l’esistenza di entità vocaliche astratte, definite in base alla funzione strutturale e non alla realtà fonetica. Nel 1916 esce postumo il suo Corso di linguistica generale, pubblicato da due discepoli a sintesi delle lezioni tenute fra il 1906 e il 1911.

La grammatica comparativa dell’Ottocento era rivolta a studiare le parentele sussistenti tra lingue diverse e a ricostruire storicamente la loro genesi a partire da un’origine comune (linguistica diacronica), de Saussure vi affianca e privilegia una prospettiva sincronica, che studia la lingua come un insieme di relazione tra termini, ovverossia come un’unità organicamente ordinata: il significato di una parola è connesso in modo determinante al sistema linguistico, in cui è inserita al momento attuale, non alla sua origine (etimologia). Mentre la sincronia stabilisce l’asse della simultaneità, la diacronia si riferisce all’asse delle successioni (l’ultima prende in esame le variazioni che un sistema subisce nel corso del tempo).

L’aspetto sincronico viene a dominare sull’altro. Mentre il linguaggio è la facoltà universale del parlare, comune a tutti gli uomini, la lingua (langue) è un istituto sociale, un insieme di segni convenzionali, che gli individui apprendono dall’esterno e che consente al singolo individuo l’esercizio della facoltà del linguaggio. Opposta è la parola (parole), che è il modo in cui la lingua è parlata in concreto, l’aspetto creativo del linguaggio, che varia da individuo a individuo. De Saussure affaccia come prova della distinzione le afasie e le lingue morte.

Studiare i segni della lingua dal punto di vista sincronico significa descriverli nei loro rapporti strutturali di contemporaneità (relazioni logiche che intercorrono tra di essi). Peraltro i due metodi devono integrarsi. La definizione del segno linguistico si presenta come associazione di un significato e di un significante. Il significato è ciò che il segno linguistico esprime, il concetto cui è associato. Significante è l’immagine acustica, il mezzo impiegato nel segno per esprimere il significato.

Il nesso inscindibile non è però necessario, bensì convenzionale. La convenzionalità del rapporto non comporta che l’immagine acustica dipenda dalla libera scelta del soggetto parlante: non è in potere dell’individuo cambiare in qualcosa un segno, una volta che sia stabilito in un gruppo linguistico.

Si tratta di un sistema a doppia circolazione, in cui le unità dotate di significato (morfemi), che si uniscono per comporre frasi, sono a loro volta effetto di una articolazione di livello molecolare, i fonemi, suoni sforniti di significato. Scegliendo prima fonemi e poi morfemi su un asse della selezione (a livello paradigmatico), i parlanti scelgono unità da disporre sull’asse della combinazione, cioè a livello sintagmatico.

I fonemi, come unità astratte, per definire i suoni fisicamente emessi dal parlante, si presentano come un sistema di relazioni, in cui ciascun elemento si distingue in rapporto ad altri, che gli si oppongono. Il sistema delle opposizioni vale anche a proposito dei contenuti (o valori semantici) di vari morfemi.

La lingua è un prodotto sociale della facoltà del linguaggio ed è pure un insieme di convenzioni necessarie adottate dal corpo sociale per consentire l’esercizio di questa facoltà negli individui, La parole, al contrario, è un atto individuale di volontà e di intelligenza. È la parola a far vivere la lingua. Tutte le innovazioni rientrano nel nostro campo di osservazione soltanto al momento in cui la collettività le ha accolte.

La lingua è la parte sociale del linguaggio, esterna all’individuo, che da solo non può crearla, né modificarla; esiste solo in virtù di una sorta di contratto. Il linguaggio è eterogeneo, la lingua è di natura omogenea. I segni linguistici, pur essendo essenzialmente psichici, non sono delle astrazioni. La lingua, non meno della parola, è un oggetto di natura concreta. I segni della lingua sono, per così dire, tangibili.

De Saussure ha inserito la linguistica nell’ambito della semiologia, scienza avviata da Charles Sanders Peirce (1839-1914) col nome di semiotica. De Saussure considera la lingua (verbale) uno dei possibili segni, seppure il più importante. Dal punto di vista semiologico il segno verbale o linguistico rinvia al problema del significato e del significante. Unisce non una cosa e un nome, ma un concetto e un’immagine acustica: quest’ultima non è il suono materiale, ma la traccia psichica di questo suono, la rappresentazione che ci viene data dalla testimonianza dei nostri sensi.

 “Noi proponiamo di conservare la parola segno per designare il totale e di rimpiazzare concetto e immagine acustica rispettivamente con significato e significante: questi due ultimi termini hanno il vantaggio di rendere evidente l’opposizione che li separa sia tra di loro, sia dal totale di cui fanno parte”.

Il segno linguistico è arbitrario. Altro principio consiste nel carattere lineare del significante (essendo di natura auditiva, si svolge soltanto nel tempo, rappresenta un’estensione e tale estensione è misurabile in una sola dimensione, è una linea). Gli elementi si presentano l’uno dopo l’altro, formano una catena.

De Saussure è considerato il precursore dello strutturalismo moderno, pur se non ha quasi mai usato il termine struttura, al quale ha preferito il termine sistema, che non è un semplice aggregato di elementi fra loro autonomi, ma un insieme di parti connesse. La lingua è un sistema, perché al suo interno la capacità di significare, cioè di esprimere un significato, non appartiene alla parola isolata, ma alla parola presa in relazione a tutte le altre.

Per Claude Lévi-Strauss de Saussure ci ha insegnato che la lingua non è tanto cosa dell’uomo, quanto l’uomo cosa della lingua.

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