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Cultura

IMBROGLIO DEL CANDELIERE

SERGIO REDAELLI - 07/06/2018

Il candeliere prima del restauro

Il candeliere prima del restauro

È autentico? È falso? C’è un piccolo giallo intorno al candeliere di ottone di manifattura fiamminga o tedesca del quarto decennio del ‘400, appena restaurato, che appartenne al cardinale Branda, il grande umanista e longevo porporato che fu consigliere di papi e imperatori. Il portacandele, di gusto tardo gotico, appartiene alla Collegiata di Castiglione Olona ed è attualmente in prestito alla reggia di Venaria Reale (Torino) con altri duecento capolavori restaurati, tra cui opere di Tiziano e Van Dick. Sarà in trasferta fino al 16 settembre per la mostra “La fragilità della bellezza” nell’ambito della 18a edizione di Restituzioni, il programma di restauri promosso da Intesa San Paolo.

Il giallo risale alla fine dell‘800 quando l’allora parroco della Collegiata affidò il prezioso “chandelier” a un antiquario di Milano per farlo pulire e gli fu restituita una copia al posto dell’originale, che il mercante si affrettò ad esporre al Museo Artistico Industriale di Roma nel 1886 spacciandolo per suo. Nessuno se ne sarebbe accorto se Luca Beltrami, celebre architetto e attento storico dell’arte, autore del restauro del castello sforzesco di Milano, del palazzo della Pinacoteca vaticana e del castello Medici di Frascarolo, non avesse riconosciuto il portalumi autentico nel negozio di antichità, facendolo tornare al suo posto nel presbiterio della Collegiata.

Anche la copia contraffatta rimase a Castiglione, nella chiesa di Villa. “La punizione per il mercante disonesto si ridusse a non restituirgli la copia spedita – spiega Luca Beltrami nel libro Cose viste ad uso di amatori d’arte e affini, edito a Milano nel 1928 – e poiché due sono le chiese di Castiglione Olona, così l’una e l’altra hanno oggi la bella lampada. Il guaio si è che non essendo sequestrate le forme che costituivano corpo di reato, si poterono fondere in serie altri esemplari, che figurarono più volte nei padiglioni di arte sacra”. Per la precisione alcune copie finirono al Victoria & Albert Museum di Londra e nell’ex collezione Lippmann di Berlino, mentre una fusione ottocentesca si trova nel Museum Cau Ferrat y Maricel a Sitges in Spagna.

Il restauro ora eseguito da Lucia Miazzo, specialista dei metalli della scuola di restauro di Venaria, ha dato conferma scientifica all’autenticità del pezzo. Il candeliere, 120 x 110 cm, forse realizzato da artigiani di Norimberga dove è documentato un viaggio del cardinale Branda, è uno dei quindici rimasti al mondo. È attaccato al soffitto della Collegiata con lunghe sbarre di ferro, sorrette da una catena che si avvolge sull’argano della stessa epoca. Su ogni braccio è modellata la figura di San Giorgio a cavallo che conficca la lancia nel corpo del drago e difende la principessa che gli sta alle spalle. In cima, un tempietto con S. Stefano, S. Lorenzo e la Madonna, cui è intitolata la Collegiata.

Il cardinale Branda (1350-1443), involontario attore del giallo postumo, fu un illuminato principe rinascimentale, amante del lusso e dell’arte. Conosciamo la sua vita nei dettagli grazie alla biografia che il segretario Giovanni di Olmutz lasciò nella tomba ispezionata nel 1935. Il cardinale proveniva da un’antica famiglia del Seprio che aveva dato all’Italia vescovi e un papa, Goffredo Castiglioni, salito al soglio di Pietro nel 1241 con il nome di Celestino IV e morto diciassette giorni dopo la nomina. Feudataria di Castiglione dal 1028, la stirpe fu coinvolta nella guerra tra Visconti e Torriani parteggiando per l’uno o per l’altro secondo i propri interessi.

Gli equilibrismi politici non evitarono che nel 1271 il castello fosse distrutto da Napo Torriani e poi smantellato da Matteo Visconti, podestà di Varese. Nel 1423 il cardinale decise di ricostruire il borgo e insieme al castello sorsero la Collegiata dove fu chiamato a lavorare il pittore toscano Masolino da Panicale, la chiesa di Villa che ricorda lo stile del Brunelleschi, il battistero affrescato da Masolino e il palazzo residenziale. Branda morì ultranovantenne e all’apertura del sarcofago, nel 1935, fu trovato un velo sul volto, un delicato ricamo di canapa che sorregge fiori e losanghe di seta. Una fragile reliquia che ora ha urgente bisogno di essere restaurata.

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