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Cultura

BACCO A VILLA CAGNOLA

SERGIO REDAELLI - 15/06/2018

viniC’è una new entry nella famiglia dei produttori di vini varesini. È l’azienda Torre Rossa di Gazzada che profuma di tini e barrique a due passi da Villa Cagnola, buen retiro di alti prelati e oggi sede dell’Istituto superiore di studi religiosi e della Fondazione ambrosiana Paolo VI. L’azienda è in attività da appena sei mesi dopo un lungo tirocinio iniziato nel 2009. Dispone di 1500 metri quadrati coltivati a nebbiolo, merlot e vespolina – una varietà che rende delicato il vino, tanto dolce da essere particolarmente gradita alle vespe – e altrettanti che andranno presto in produzione.

Nella prima vendemmia ufficiale la cantina ha prodotto trecento bottiglie al consumo e altrettante destinate all’invecchiamento. “L’azienda – spiega Mario Visconti, 34 anni, enologo, uno dei tre soci con Fabrizio Piccoli e Adriano Alioli, entrambi 38enni – gestisce per conto della Pro Loco anche un piccolo vigneto di duecento metri, coltivato a chardonnay, proprio di fronte alla villa che la famiglia Perabò fece immortalare nel 1744 da Bernardo Bellotto, nipote del Canaletto, prima di venderla ai Melzi d’Eril che nel 1850 la cedettero a loro volta a Giuseppe Cagnola”.

Torre Rossa ha debuttato il 9 giugno alla 4a Rassegna del Vino Varesino che si è tenuta nel parco di Villa Porro Pirelli a Induno Olona, l’unica fiera enologica dedicata alle uve e ai vini locali. Fu lanciata quattro anni fa dalla giunta del sindaco Marco Cavallin con il sostegno di Slow Food. A tredici anni dal riconoscimento della Igt Ronchi Varesini, la vitivinicoltura prealpina è ormai una realtà consolidata. Annovera sei aziende che di anno in anno migliorano i parametri di produzione (presto s’iscriverà anche Torre Rossa vinificando secondo il disciplinare Igt).

Ciascuna Cantina ha la propria strategia di sviluppo. Cascina Piano, tre ettari di vigneti sui colli intorno ad Angera, punta a produrre di più per affrontare i mercati extra provinciali. “L’obiettivo immediato è ingrandirci e arrivare a sei ettari – spiega l’amministratore delegato Franco Berrini – La società ha messo in vendita dieci quote del quattro per cento per raccogliere soldi da investire in nuovi vigneti, macchinari, operazioni di marketing e ampliare la struttura assumendo personale a tempo pieno. Abbiamo già cinque investitori in lista d’attesa”.

La vendemmia 2017 è stata eccellente sulla riva lombarda del Verbano nonostante l’alternanza di gelate invernali, grandinate primaverili e siccità estiva. La vicinanza del lago ha prodotto rugiade notturne e umidità sufficienti perché le viti non ne soffrissero. Le uve sono ricche di zuccheri e produrranno vini rossi di 12,5° che con l’invecchiamento possono salire ancora di due gradi. Il 2017 a Cascina Piano avrà una produzione di 15-16 mila litri, ventimila bottiglie circa, il 15% in più rispetto al 2016.

Vendemmia qualitativamente ottima anche alla Tenuta Tovaglieri di Golasecca, ma diminuisce la produzione di uve bianche per le improvvise grandinate che hanno colpito le pendici del monte Tabor. La tenuta è una splendida realtà agrituristica con prati, vigneti, quattro camere, ristorante e un’elegante dehor per cerimonie e convention aziendali, corsi di agricoltura, di viticoltura e cucina. “Abbiamo approfittato della stagione fredda per rinnovare tutte le camere – spiega l’imprenditrice Giuliana Tovaglieri – la domanda turistica e ricettiva è in forte aumento e siamo pronti ad affrontare la nuova stagione”.

Sulla varietà dell’offerta vinicola punta Laghi d’Insubria di Albizzate, 6.500 mq di soleggiati vigneti lungo la valle dell’Arno e una potenzialità di seimila bottiglie l’anno, tutte Igt. “Abbiamo lavorato sulle tecniche di vinificazione e sugli uvaggi con quattro vini nuovi – spiega Carlo Quadrelli, dentista di professione e vitivinicoltore per passione – Si va dal nebbiolo e dal merlot in purezza allo chardonnay invecchiato come si fa in Borgogna. Lo teniamo tutto l’inverno sui lieviti e sui residui della fermentazione per aumentare la complessità aromatica e renderla durevole. La quarta novità è un passito rosato Igt di nebbiolo da gustare con il pesce affumicato, carni in salsa e vitello tonnato. Ma è anche un nettare da meditazione”.

Sembra aver perso appeal, per il momento, l’ipotesi cullata da alcuni produttori di dare vita a una Doc varesina di nebbiolo, il vitigno principe delle Prealpi per tradizione e qualità. Antichi censimenti testimoniano che nell’800 il Varesotto era un grande vigneto con almeno tremila ettari vitati (oggi ridotti a venti!), in gran parte nebbiolo declinato in vari nomi dialettali. L’area, del resto, confina con il Piemonte dove l’uva nebbiolo dà grandi vini come il Barolo, il Barbaresco, il Ghemme, il Gattinara, il Sizzano e il Nebbiolo in purezza. Per non parlare della Valtellina dove assume il nome di chiavennasca.

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