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Cultura

MORSI DI CAVALLO

ROSALBA FERRERO - 22/06/2018

 

Raccontare l’evoluzione degli strumenti utilizzati per ‘domare e condurre’ un cavallo, amico prezioso e compagno di vita e di lavoro dell’uomo, è un’impresa che la Pinacoteca Züst ha attuato grazie alla disponibilità di Claudio Giannelli, appassionato conoscitore del mondo ‘del cavallo ’.

Avvezzo sin da quando era bambino a salire in sella, Giannelli, nel corso degli anni, ha imparato ad utilizzare gli strumenti d’uso del mondo equestre, ne è rimasto affascinato; ne ha studiato l’origine, la composizione la diversa realizzazione nei vari paesi nei vari gruppi culturali e nei vari secoli. Ha approfondito le sue conoscenze con studi sempre più specifici che lo hanno indotto ad acquistare catalogare conservare morsi, staffe, briglie, drappi, frontali e falere, creando pian piano una collezione unica al mondo per il numero dei pezzi e per il loro valore. Claudio Giannelli è oggi uno dei maggiori ‘collezionisti’ di oggettistica equestre; della sua collezione fan parte anche un cospicuo numero di dipinti, di libri rari, di appunti, di documenti e relazioni e descrizioni, in gran parte presenti in mostra, che tutti hanno per oggetto i cavalli e le attrezzature che l’uomo utilizza o ha utilizzato per rapportarsi al cavallo.

Molti dei pezzi esposti sono appunto ‘unici’ o perché realizzati da mani artigianali che derivano da tale elemento la loro unicità, o, più ancora, perché sono pezzi datati storicamente come appartenenti a civiltà del passato estinte da secoli, o perché pur creati in un passato più recente, sono oggi introvabili. Molti pezzi sono stati realizzati per mostrare la ricchezza del committente che usava strumenti ‘personalizzati’ nel suo approccio quotidiano ai cavalli, molti sono stati commissionati come mezzi difensivi ed utilizzati in guerra o nelle battaglie che prevedevano l’utilizzo dalla ‘cavalleria’, o meno cruentemente nelle giostre e nei tornei o nelle partite di caccia.

Pezzi di assoluto interesse narrano l’interrelazione tra uomo e cavallo, che in oltre quattromila anni ha vissuto la trasformazione da animale allo stato brado a cavallo domato, a Equus frenatus, attraverso l’uso del ‘morso’; è attraverso l’imbrigliatura che gli uomini hanno trasformato piano piano gli stalloni selvaggi in animali ‘domestici’ addestrati al trasporto, al lavoro alla corsa e alla guerra al gioco al divertimento alle gare, fino all’ippoterapia.

La pinacoteca ha scelto di esporre i pezzi della collezione Giannelli seguendo un andamento cronologico: la mostra, curata da Alessandra Brambilla insieme al proprietario, si apre con una sezione in cui sono esposti i manufatti creati dai nomadi asiatici della steppa, gli Sciti, cui seguono i morsi provenienti dal Luristan una regione montuosa del nordovest iraniano; prosegue poi con una panoramica della produzione degli etruschi dei greci e dei romani, con le sezioni dedicate al Rinascimento e si conclude coi pezzi appartenenti usati e prodotti oggi.

Giannelli, presente all’inaugurazione svela che il suo sogno è di fondare un Museo del Cavallo in una grande città italiana, per offrire agli appassionati del settore e a chi non lo è, ma potrebbe diventarlo, la possibilità di un excursus storico nella storia del mondo equestre e della produzione di oggetti specifici per i cavalli.

La sala delle capriate ospita una decina di staffe in legno di provenienza sud-americana, e largamente utilizzate in quei paesi; un’intera bacheca permette di ammirare le campanelline da cavallo in bronzo dell’epoca mesopotamica; ci sono poi alcune falere poste accanto a un curioso rarissimo, per non dire unico, paio d ipposandali di epoca romana. Una sezione intera dell’esposizione è dedicata ai ‘morsi’: forse l’elemento più caratterizzante del rapporto tra il cavallo e l’uomo. Il ‘morso’ è simbolo di potere, di dominio dell’uomo sull’animale per questo spesso oltreché per la sua funzione, è stato realizzato per essere un mezzo estetico di ostentazione di potere e di ricchezza; quindi il morso – che altro non è se non un mezzo di contenimento – è anche un mezzo di identificazione e riconoscimento sociale- ogni famiglia, ogni casata aveva il suo morso peculiare- che può divenire anche un simbolo rituale. Un oggetto così indispensabile ed importante, che è stato oggetto di costanti modifiche da parte dei fabbri, veri ‘maestri del ferro, veri artisti che hanno prodotto oggetti che vanno ben al di là della semplice funzione di strumento di comando e di guida del cavaliere al suo cavallo. La sezione dedicata appunto ai morsi da cavallo, comprende esemplari unici e molto rari dell’epoca mesopotamica, alcuni pezzi che addirittura risalgono al 1400 a.C. e altri pezzi di provenienza di area e tempo greca romana medievale e rinascimentale, extra-europee, asiatiche americane africane, e si conclude con ciò che è contemporaneo. Tutto contribuisce a scrivere la storia dell’equitazione, in un affascinante excurus mirato a esaltare e nobilitare la figura del cavallo quale compagno di lavoro, di sport e di parate dell’uomo.

Il percorso espositivo propone anche testi scritti in epoca rinascimentale dal Grisone, da Pignatelli, Fieschi, Ferraro che hanno per oggetto i cavalli, e sono esposti accanto a pagine dell’Encyclopédie, ricche di illustrazioni tutte dedicate al cavallo; si completa con dipinti incisioni disegni sculture sempre aventi il cavallo per tema.

Pinacoteca Giovanni Züst, Rancate, Canton Ticino

Il Cavallo: 4.000 anni di storia. Collezione Giannelli

Fino al 26 agosto 2018

 

 

 

 

 

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