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Attualità

BLATERARE

EDOARDO ZIN - 06/07/2018

europaMi perdoneranno i lettori se ancora una volta ritorno sul tema del fenomeno migratorio. Lo farò senza lasciarmi coinvolgere da sentimenti personali, ma ricorrendo solo ai fatti che derivo da documenti che ho consultato.

1° – “Abbiamo vinto, l’Europa ha perso” – gridano alcuni come se il Consiglio Europeo (da non confondersi con il Consiglio d’Europa!) fosse un derby tra nazioni. Forse hanno ragione perché il Consiglio Europeo non è l’Europa che abbiamo sognato: unita, solidale, prospera e sovra-nazionale. Il Consiglio Europeo è diventato un normale vertice di capi di Stato (per la Francia!) e di governo (per gli altri 26 paesi!), dove ognuno cerca di tirare più acqua possibile al proprio mulino. Il Consiglio Europeo rappresenta “l’Europa delle nazioni” cara al generale De Gaulle, è l’organismo inter-governativo per eccellenza, dove i Paesi che più contano, come la Germania e, in subordine, la Francia, che hanno maggiore stabilità politica, i conti in ordine, un apparato statale che funziona, godono di un leggero vantaggio nelle attività effettuate e nelle decisioni prese. Pertanto, non è l’Europa – meglio, l’Unione Europea – che ha vinto o perso, ma questo o quel governo, che deve tenere conto delle contraddizioni all’interno del suo Paese e che talvolta nemmeno il suo capo di governo è in grado di sciogliere.

Prima conclusione: abbiamo bisogno di “più Europa”, di leader che sappiano guardare all’interesse generale dell’Unione Europea, anche a costo di perdere qualche voto. Se Schuman, il 9 maggio 1950, avesse guardato alla situazione interna della Francia, paese vincitore sulla Germania, con un’assemblea nazionale fortemente invelenita contro i “bosch” (= i crucchi tedeschi), con un governo vacillante, con un paese immiserito, non avrebbe avuto l’audacia di andare controcorrente e di proporre la riconciliazione con la Germania, germe da cui sarebbe nata la prima Comunità Europea. Ma Schuman seppe tessere relazioni con paesi amici, essere coraggioso: si fece consigliare da esperti come Monnet e così si realizzò la più grande idea politica del XX° secolo.

2° – “Il giorno dopo che sarò al governo, 600.000 “clandestini” saranno espulsi e condotti al loro paese d’origine”. Confondere “clandestini” con “migranti” e pretendere di effettuare in un batter d’occhio l’espulsione totale di tutti coloro che sono approdati in Italia esprime l’asinaggine di chi non conosce i vincoli che derivano da un ammasso di norme che provengono da precisi trattati firmati anche dall’Italia.

Anch’io sono un “migrante” quando mi muovo da un paese all’altro. Ho un passaporto e sono regolare. Diversamente sono i migranti forzati: irregolari sono coloro che arrivano senza permesso di lavoro o eludendo i controlli d frontiera; rifugiati sono coloro che, “perseguitati per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trovano fuori dal Paese di cui hanno la cittadinanza, e non possono o non vogliono, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale Paese” (convenzione di Ginevra del 1951); diversi sono i richiedenti asilo, cioè coloro che, fuori dal proprio Paese, presentano a quello dove sono giunti una domanda d’asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato o per ottenere altre forme di protezione internazionale. La maggior parte di richiedenti asilo hanno diritto di soggiorno regolare e non sono assimilabili ai migranti irregolari finchè le autorità competenti non si saranno pronunciate sulla loro istanza d’asilo. Per restare in casa nostra, dobbiamo fare tre considerazioni.

Secondo i dati della Procura di Milano, sei domande d’asilo su dieci vengono respinte. Non è inattendibile pensare che le persone respinte diventino latitanti, girovaghino per le nostre città, si diano ad attività criminose come spaccio, prostituzione, furti o tentino di raggiungere altri paesi: è contro questi clandestini che si è scagliata l’ira del presidente Macron e sono questi soggetti che la cancelliera Merkel intende rispedire nel paese di primo approdo.

È comprovato che il traffico di esseri umani – tratta, contrabbando – è gestito dalla criminalità organizzata. Il consenso per essere trasportati in Europa è estorto con minacce, inganni e maltrattamenti. Tra questi esseri umani – perché tali sono! – ci sono anche minori. Tutti sono avviati a differenti forme di sfruttamento: lavoro forzato, prostituzione, lavori stagionali in nero.

È altrettanto documentato che dietro al fenomeno migratorio si è creato un forte business che è tale perché non c’è controllo da parte delle autorità.

Seconda conclusione: perché il Ministro degli Interni, così sollecito a fare dichiarazioni, a usare un linguaggio rozzo, a chiudere porti, a dare la caccia alle ONG non è altrettanto alacre a spendere un po’ del suo tempo per coordinare le forze di polizia (compito specifico del Ministro!), per controllare gli enti che gestiscono i centri d’accoglienza, per denunciare alla magistratura gli sfruttatori di uomini? Vorremmo ricordare a tale Ministro che il suo predecessore nei primi sei mesi dell’anno ha fatto diminuire dell’84% gli sbarchi rispetto al 2017.

3°- “Cambieremo le regole di Dublino”: giusto. Sarebbe facile se tutta l’Unione Europea considerasse, fra le frontiere esterne, anche il Mediterraneo. Ma anche in  questo caso da noi auspicato, il precipitoso Ministro andrebbe a scontrarsi contro un’infinità di convenzioni spesso giustapposte tra di loro. Ci sia permesso un esempio. Nelle operazioni di salvataggio in mare non viene messo in evidenza la condizione di “migrante”, ma di “naufrago” (= shipwreck). Non si tratta di una distinzione solamente terminologica, ma di due fattispecie diverse anche per quanto riguarda il diritto applicabile: Il fatto che nel caso dei flussi nel Mediterraneo, le due condizioni tendano a coincidere nella/e stessa/e persona/e non toglie che i due status siano regolati diversamente: per i profughi valgono le norme sull’asilo, per i naufraghi le norme relative al salvataggio e al soccorso in mare.

Sorge allora spontanea una domanda:” Nel caso che in acque internazionali o territoriali un’imbarcazione carica di profughi sia a rischio di naufragio deve essere soccorsa o meno? E chi deve prendersene carico?”

Per la “tolleranza” di cui gode Malta, i porti italiani rappresentano gli approdi vicini più sicuri, ma i partner europei devono consentire che una quota dei migranti soccorsi in mare da parte dell’Italia debbano essere distribuiti obbligatoriamente (e non solo su base volontaria!) in parte equa tra tutti gli stati membri.

Terza conclusione: il nostro Ministro degli Interni, così vicino alle posizioni oltranziste dell’ungherese Orbàn, dovrebbe convincerlo a prendersi in carico anche lui una parte di migranti, proprio per essere coerente a quanto l’Italia ha chiesto nell’ultimo Consiglio Europeo.

Ma il fatto che nel documento finale del Consiglio si legga:” Il Consiglio Europeo sottolinea la necessità di trovare una soluzione rapida… e invita il Consiglio a proseguire i lavori al fine di concluderli al più presto” non depone purtroppo per una piena condivisione da parte di tutti dell’urgenza e della gravità del fenomeno migratorio. Come si vede, anche battendo i pugni sul tavolo, ben poco si ottiene.

Avremmo forse bisogno di un lungo succedersi di sconfitte e fallimenti perché l’antieuropeismo si liberi dal blaterare parole vuote e prendere coscienza che l’Europa ha bisogno di un rinnovato disegno politico fondato sul passato per guardare al futuro?

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