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Cultura

SUL COMODINO

GUIDO BELLI - 06/07/2018

leggereWarren Buffett è un magnate statunitense considerato uno degli investitori di maggiore successo al mondo, noto per uno stile di vita frugale nonostante l’immensa fortuna personale, per una approccio etico agli affari, per una attività filantropica considerevole e per una metodologia di investimento che privilegia i risultati di lungo periodo rispetto a quelli speculativi a breve.

Buffett, che ha oggi 87 anni, racconta di passare l’80% del suo tempo a leggere. Come per altro molte altre donne e uomini di successo.

Per queste persone, l’istruzione non è finita con la scuola. Apprezzano il potere dato dalla possibilità di ampliare il proprio sapere attraverso la lettura per lungo tempo anche dopo il termine dell’università.

Alla trasmissione di Radio 1 Un giorno da pecora del 2 luglio 2018, Geppi Cucciari e Giorgio Lauro hanno chiesto alla Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e per il turismo Lucia Borgonzoni http://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Attsen/00032590.htm (bolognese, senatrice del partito Lega-Salvini premier, 41 anni, di professione amministratore locale) riguardo all’ultimo libro da lei letto https://video.corriere.it/sottosegretaria-leghista-lucia-bergonzoni-non-leggo-libro-tre-anni/a03b6c5e-7de7-11e8-98cc-f2df688ea5aa.

A vedere l’intervista, si percepisce l’imbarazzo dei conduttori che, non riuscendo ad avere una risposta in tempi radiofonicamente accettabili, virano la domanda sulla lettura per intrattenimento. La domanda diventa una cosa tipo: che libro tiene sul comodino?

Niente.

Dopo un po’ di tergiversare e risolini, ecco il coniglio dal cappello: tre anni fa ho letto Kafka, il Castello, dice la sottosegretaria.

Dopo?

Dopo più nulla, solo fogli tecnici: bilanci, segnala con un certo orgoglio, forse per corroborare una immagine di efficienza e comprensione del proprio ruolo di governante.

La questione ha guadagnato immediatamente i titoli dei notiziari, per l’evidente stridore tra la sua investitura ad un ruolo che, nell’immaginario collettivo e nella pratica passata, è associato con erudizione e conoscenza, e la remota frequentazione con una attività dell’intelletto che, normalmente, è ritenuta parte di quel complesso di valori ed elaborazioni convenzionalmente chiamato cultura, del quale il ministero anche da lei guidato si occupa.

Indignazione capace so lo di dileggiare?

Ci ha pensato Antonio Gurrado su Il Foglio a mettere nero su bianco una parola definitiva, commentando la faccenda lo stesso giorno.

Scrive il nostro: Certo era prevedibile: in Italia non legge nessuno, chi governa rappresenta la maggioranza, quindi al governo c’è qualcuno che non legge. Che sorpresa. Fatto sta che le critiche alla Borgonzoni si fondano sul solito, facile assunto erroneo che chi legge sia una persona migliore di chi non legge. […] l’illusoria superiorità antropologica dei lettori è uno dei mali precipui della cultura in Italia: a furia di reputare la lettura un dovere civile, si trasmette l’idea che leggere non sia un piacere libero ma un atto penitenziale finalizzato al miglioramento di sé, così nessuno vuole leggere, la maggioranza vince e al governo va una nutrita rappresentanza di non lettori.

Sembrerebbe che l’appunto del giornalista ai critici della Borgonzoni sia più o meno: hanno fatto della lettura un dovere civile? Bene, ora non lamentatevi se i politici in carica sono questi.

La sottosegretaria sarebbe dunque l’espressione di una ribellione ad una educazione repressiva che assimila la lettura ad un atto penitenziale finalizzato al “miglioramento di sé”. Se ne deduce, quindi, che questo obiettivo non è un fine auspicabile o che, per lo meno, la lettura sia una pratica per qualche ragione faticosa e subita, che non vale la pena di essere fatta per uno scopo tanto inutile.

Ne segue che la “superiorità antropologica del lettore” – qualunque cosa si voglia dire con questo – sia un’illusione, anzi, in qualche modo il leggere sia un fattore di marginalità: siccome nella democrazia vige il principio di maggioranza, se non leggi, sei “gente” e governi; se leggi sei élite, e sei una minoranza. C’è una omogeneità di attitudini tra rappresentati e rappresentanti della quale la Borgonzoni è l’emblema: cosa serve sapere, se chiunque può fare qualsiasi cosa nella politica e nella gestione della cosa pubblica, tanto da poter essere estratto a sorte?

Sembrerebbe quindi che il “miglioramento di sé” – che intendo come l’affinamento della propria consapevolezza – che passa attraverso la conoscenza non sia un mezzo per accedere a ruoli complessi, di indirizzo e di comando nella società o, anche e soltanto, per arrivare al successo personale negli affari.

Insomma, in luogo dell’impegno ad imparare testimoniato da Warren Buffett vige, parafrasando Fruttero& Lucentini, è “la prevalenza del coatto”.

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