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Apologie Paradossali

TESTIMONIANZE

COSTANTE PORTATADINO - 06/07/2018

La bocca della verità

La bocca della verità

(O) Entro in edicola e leggo un avviso. LA VERITÀ È AUMENTATA. Penso: finalmente una buona notizia, in tempo di fake news, invece …

(S) Invece è l’aumento del prezzo di quel giornale, il quotidiano LA VERITÀ, diretto da Maurizio Belpietro,  tanto apprezzato da alcuni quanto disprezzato da altri. Anche questa ‘verità’ deve fare i conti con la realtà, non bastano le parole, occorrono i fatti,  anche se hai l’ardire di scimmiottare il titolo del giornale meno veritiero della storia: la Pravda.

(C) Credo fosse una provocazione intenzionale e non una pretesa troppo ardita aver scelto questo nome. Fatemi ricordare quel che dicevano trent’anni fa i russi critici verso il regime, confrontandolo con l’altro principale quotidiano di regime, lzvestjia: Pravda significa ‘verità’ e Izvestjia ‘notizie’, ma non ci sono notizie nella Pravda e non c’è verità nell’Izvestjia. Nel nostro mondo libero e democratico corriamo invece il rischio opposto, di avere così tante notizie, (badate bene, non parlo delle fake news, menzogne intenzionali)  da non riuscire ad estrarne un significato ben definito proprio per la loro abbondanza.

 (S) Questo non sarebbe nulla, senonché non vedo mai notizie separate dai commenti. E per quanto mi sforzi, non riesco ad immaginare nemmeno me stesso come un giornalista in grado di riferire un fatto prescindendo dal proprio punto di vista. Anni fa interrogai un famoso direttore di giornale sulla modalità di separare i fatti dalle interpretazioni: ammise candidamente che come esempio di ‘puri fatti’ da pubblicare aveva soltanto il bollettino della Borsa. Quindi rassegnatevi, amici, la verità non ha prezzo, non c’è aumento che possa garantirne la qualità, né diminuzione che la metta a disposizione di tutti. Siamo destinati a restare nella confusione, a meno di rintanarci nelle comode fortezze ideologiche di moda nel secolo scorso. Chi ha mai detto che il castigo della torre di Babele sia stato condonato? Anzi, proprio su questo limite intrinseco alla comunicazione si fondano le fortune dei politici, quelli di oggi, come quelli del secolo scorso. Cambia solo lo stile, sommesso, scaltro e strisciante quello di allora, chiassoso e offensivo quello di oggi.

 (O) ‘Chi vosa pusé la vaca l’è sua’. Non è una scoperta di oggi. Mi preoccupa di più un altro fenomeno correlato a questa semplificazione della comunicazione politica, ed è quello che chiamerei la ‘regressione’ degli intellettuali. Di fronte a questa nuova politica, sembrano non rendersi conti che deriva da una nuova società, da una nuova cultura, o incultura, se preferite; sgradevole, impensata, ma reale. Affannarsi a studiare come ricostruire la sinistra o il centro o il liberalismo moderato mi sembrano solo perdite di tempo, esercizi retorici degni della sofistica del tardo ellenismo. Pura ricerca del capro espiatorio. Vorrei quasi valorizzare l’assenteismo politico, come rifiuto di questa incapacità di vedere la realtà, se da questo rifiuto nascesse una nuova operosità sociale. Per non ripetere il giudizio di McIntyre sulla ripresa della civiltà quando i cristiani abbandonarono l’idea di puntellare l’Impero Romano come baluardo della civiltà e cominciarono dai monasteri benedettini a coltivare la terra, a cuocere mattoni e a trascrivere manoscritti, ne riporto uno simile, più recente e tempestivo: “Piuttosto che perdere tempo e risorse combattendo battaglie politiche impossibili da vincere, dovremmo invece lavorare alla costruzione di comunità, istituzioni e reti di resistenza che possano essere più intelligenti e durature”. (1)

(C) Mi spiace, Onirio, non son d’accordo. Meglio: questa operosità che invochi è giustissima, è giusto anche in questo momento non impegnarsi in battaglie perdute in partenza, sia che tu le voglia combattere frontalmente, da irriducibili integralisti, sia che ti adoperi a inventare mediazioni al ribasso altrettanto perdenti. Ma abbandonare del tutto la politica, mai. Intanto, è materialmente impossibile, tutti restiamo coinvolti, spesso sfidati. Capisco che non si devono combattere le battaglie del passato, le crociate o cose simili. Forse si deve abbandonare il proposito di far corrispondere la legge civile ad aspetti anche rilevanti (fino a poco tempo fa si diceva ‘irrinunciabili’ anche in sedi ecclesiali), ma non certo il proposito di testimoniare una visibile diversità dalla mentalità mondana. Alla verità si rende testimonianza con i fatti. Anzi, benché ci siamo astenuti dal tentativo presuntuoso di approfondire il concetto stesso di verità, vorrei ricordare il principio caro ad un mio autorevole maestro: lo strumento stesso della ricerca della verità, la ragione, deve essere sottoposta alla verifica dell’esperienza. La certezza morale che deriva da questa verifica diventa la forza, questa sì aumentata,  con cui si affrontano le difficili, controverse, effimere vicende della politica.

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