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Sport

GIRO DEL CERESIO

FELICE MAGNANI - 27/07/2018

Il Lago Ceresio

Il Lago Ceresio

Partiamo da Cittiglio alle 8.30 come sempre, la meta è il giro del Ceresio. Sono settantatré chilometri pianeggianti, anche se ogni tanto ti scontri con qualche strappetto che tiene in vita, scuotendo la tentazione di lasciarsi andare a una frugale continuità.

Franco Parini ha un dono, quello di essere pragmatico, attento a non lasciarsi abbindolare dalle tentazioni. Che ci sia il piano o la salita, la sua pedalata è costante, stabile, esente dalle impennate o dalle euforie, è un campione anche in questo, nel saper trasmettere una direzione di marcia che non crei squilibri, anche in questo è un cronoman perfetto. Con lui davanti ti senti sicuro, capisci che si tratta di un’imposizione ragionata. Durante il tragitto è molto attento: non passa mai con il rosso, mantiene la rotta con fermezza, non si appaia, saluta i ciclisti che incontra, è uno che non se la tira, che non si perde in discorsi inutili, di circostanza, ma va sempre al sodo, è un campione sotto tutti i punti di vista.

È soprattutto un onesto, uno di cui ti puoi fidare, un atleta che ama la sua famiglia, che vive e respira di sport, che trascorre la domenica con i suoi, schierandosi come punto di appoggio. È un nonno che non si sbraccia, che non rivendica, che non si interpone, che rispetta i ruoli e che in cuor suo spera che i nipoti facciano la loro parte.

Mentre pedaliamo ascoltiamo, osserviamo, ci lasciamo andare a qualche breve commento sulla sua vita passata, ci lasciamo prendere dalla forza persuasiva della bici, che ha il grande dono di non farti sentire anziano anzi, potenzia l’adrenalina, sviluppa l’attività mnemonica, consente di essere protagonisti e soprattutto ha la grande capacità di stimolare le cose belle, quelle di cui non ci si stanca mai.

Superiamo Luino, la diga di Creva, quindi Cremenaga, Ponte Tresa, si tratta di un mondo di colori e di sensazioni che ci viene incontro in una mattinata splendida. I colori sono intensi, dominati dai verdi delle acque della grande diga, che formano piccole baie, anse, insenature arricchite da una vegetazione esplosiva. Capita abbastanza di frequente di incontrare gruppi che hanno fatto il giro opposto al nostro e naturalmente Franco li saluta con qualche simpatica battuta in dialetto.

Il campione di Bonera Valtravaglia conserva lo stile del cronometrista, tutto in lui parla di un passato glorioso, fatto di moltissime vittorie e di innumerevoli piazzamenti. Un tipo forte il Franco, sicuro e battagliero, onesto e leale, uno che il ciclismo lo ha vissuto completamente fin dal lontano 1960, quando all’età di sedici anni entra in pista con i colori del V.C. Varese e partecipa alle ultime otto gare. Si vede subito che è un giovane promettente e lo dimostra l’anno successivo, quando vince per ben sei volte e conquista il Campionato Provinciale Allievi. Nel ‘62 vince quattro volte, con tanti piazzamenti, poi nel 1963 diventa dilettante di 2° con tre vittorie e cinque secondi posti. 3 successi anche nel 64 e molti piazzamenti di rilievo.

Franco Parini non è più solo uno dei tanti aspiranti piovuti sulle strade per un attimo di gloria, è un corridore su cui convergono gli occhi di chi s’intende di giovani promettenti. Mentre pedaliamo mi racconta di quando è stato fregato da uno che per fargliela ha preso la scorciatoia in barba alla giuria. Lo dice non con rabbia, ma con tristezza e così capisci come sia quel cuore d’atleta passato attraverso il difficile mondo del ciclismo. Nel 1965 diventa dilettante di 1° con cinque vittorie all’attivo, con un ottimo Giro del Lussemburgo e la vittoria nel Giro delle Antiche Romagne.

Nel 1966 vince quattro volte per distacco, è secondo nel Trofeo delle Regioni nella gara della Cronometro a squadre, diventando probabile azzurro. Nel 1967 diventa Campione lombardo nella Cronometro a squadre a Monza. Vince il 2° Trofeo delle Regioni a cronometro ed è 2° al Campionato Italiano sempre nella Cronometro a squadre. Corona un anno stupendo con la convocazione in azzurro nella cento chilometri a Herleen, in Olanda. Partecipa al Giro del Messico con Pecchielan, Scopel, Barasso e Tamiazzo, vince due tappe ed è undicesimo nella classifica generale finale.

Nel 1968, anno delle Olimpiadi, ottiene cinque vittorie e un secondo posto al Trofeo delle Regioni a Cronometro. È azzurro in Belgio, quarto in una gara internazionale. C’è un momento in cui il grande Franco Parini s’inceppa, come se non riuscisse a smaltire quel groppo che lo prende ogniqualvolta arriva a parlare del suo passaggio al professionismo, un passaggio che sembrava fatto, dopo tanta gloria e tanto impegno profuso in quel mondo del ciclismo che amava sopra ogni cosa e di cui si sentiva a ragione l’alfiere.

Franco non è uno che si esalta facilmente, è un combattente, uno che non si tira indietro, uno che sa di valere, che crede nel suo lavoro e in quello che potrebbe fare se le cose andassero come dovrebbero. Ma non è così, quel sogno inseguito per tanto tempo e con tutto se stesso sfuma e gli lascia un amaro in bocca che non riuscirà più ad addolcire. Non era bastato vincere tante gara, dimostrare di essere fortissimo, correre alla pari con Motta o con Gimondi. Resta dilettante alla Bonalanza di Guido Messina. Vince ancora una bellissima corsa, la Montecarlo-Alassio staccando tutti gli avversari e poi vince il G.P.M. Testico. Arriva quarto al Giro del Piemonte, secondo a Pella e diventa azzurro al Giro d’Olanda. Sono gli ultimi sprazzi di luce prima di dire addio a una carriera che sembrava fatta. Lavora nella sua azienda come elettricista, ma non abbandona la bici, quella bici su cui aveva caricato tutti i suoi sogni e le sue speranze, quella bici che continuerà a dargli mille soddisfazioni soprattutto come amatore, vincendo tre Campionati del Mondo, due in linea e uno a cronometro, oltre a tanti titoli italiani.

La strada che costeggia il Ceresio è ampia e comoda. Ogni tanto Franco mi parla delle cronometro vinte proprio su questo tratto, che brilla soprattutto per la sua bellezza paesaggistica. Le acque verdi del Ceresio danno al paesaggio una forma surreale, sembra di vivere nella finzione, mentre in realtà siamo in uno dei luoghi più belli della provincia varesina, dove la natura riesce ancora a far sognare chi non ha mai abbandonato l’idea che la bellezza vinca sempre sugli scempi e le iniquità di una natura umana spesso irriguardosa e poco sensibile. Il caldo comincia a far pesare la sua presenza, anche se l’aria fresca del mattino si conserva all’ombra di fitte chiazze boscose.

C’è spazio per una buona pedalata. Le cittadine che incontriamo sono belle, ordinate, ben collocate e ben inserite nella cornice paesaggistica di una delle valli più affascinanti del varesotto. Ti verrebbe voglia di fermarti all’ombra di qualche ristoro ad ammirare, a parlare come fanno i vecchi quando sono stanchi e anelano al silenzio. Ma per noi settantenni di primo pelo non è così. Davanti c’è un Campione che conduce e dietro un gregario con il vizio della contemplazione e dell’esclamazione. La bici vince sempre, in realtà è lei che conduce, che ti passa quell’adrenalina che ti fa sentire giovane, pieno di energia, di voglia di fare, di andare, insomma è la nostra maestra di vita. Sembra quasi che voglia risparmiarti i piagnistei della vecchiaia, le ambiguità, le reticenze e quelle sospensioni che in molti casi impediscono agli esseri umani di vivere appieno le loro emozioni e le loro sensazioni anche nella fase calante Incontriamo via via Porto Ceresio, Cuasso al piano, Besano, Bisuschio, Arcisate, Induno e poi arriviamo a Varese, che attraversiamo fino alla Schiranna. Da ogni parte un lago, una cornice, un profilo, un verde.

La provincia varesina non finisce mai di dimostrarti la sua disponibile bellezza, sempre pronta a sorprenderti e a scuoterti, facendoti capire da che parte sia ancora possibile incontrare la felicità, quella cosa diventata ormai quasi irrimediabilmente difficile da ritrovare. I colori della Valceresio sono unici e le sue acque così verdi e amabilmente raccolte ti inondano di pensieri romantici, di voglia di vivere, ridestano vecchi volti e visi antichi e moderni, è come se la bici avesse la grande capacità di restituire alla vita quella parte della sua genuina freschezza che il tempo tenta di sfumare. Franco è costante, non molla di un millimetro, anche se ogni tanto si concede una postura rilassante, ma solo per il tempo necessario. Mi domanda se va tutto bene, è molto attento al suo gregario e questo mi fa piacere. Rientriamo a Cittiglio dopo una splendida passeggiata di settantatré chilometri costeggiando acque, laghi, fiumi e paesi di straordinaria bellezza.

Siamo fieri della nostra baldanza, di avere fatto un tuffo nella gioventù con quella bici da corsa che non finisce mai di stupire chi la sa amare oltre i luoghi comuni e le ambiguità. Non sono stanco né affaticato, perché? Ma perché ho un conduttore che sa il fatto suo e che distribuisce con saggezza le sue pillole di felicità.

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