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Attualità

ALTA TENSIONE

MANIGLIO BOTTI - 06/09/2018

diciottiIl tormentone di mezza estate è stato il seguente: ma l’Italia è un paese razzista? Insomma: ci è o ci fa?

La risposta alle prime domande pare ovvia: l’Italia non è (non può essere) un paese un razzista. Nel senso che (forse) non arruola schiavi di colore da inviare nelle proprie piantagioni; non si effettuano linciaggi tipo Ku-Klux-Klan (anche se a leggere certi interventi sui social sembra che qualcuno li vorrebbe fare: ma si sa, un conto è scrivere su una tastiera con a fianco una bottiglia di birra e un ventilatore che spazza l’aria rovente che infiamma la testa, un altro è armarsi di un cappuccio e di una corda e andare a bussare di notte a qualche porta); non si rastrellano più le città in cerca di ebrei da affidare alle SS e da inviare a Auschwitz o a Dachau, anche se una settantina di anni fa ciò accadeva, e proprio nel bel Paese.

Il caso della Diciotti, nave militare della nostra guardia costiera, sballonzolata nel Mediterraneo per una settimana con circa centottanta naufraghi extracomunitari (uomini, donne bambini) a bordo salvati da un (possibile) annegamento e alla ricerca (concessione) di un porto sicuro nelle coste patrie, è stato però emblematico.

Perché si sono profilati due ordini di problemi, ridotti per comodità a uno solo: föra di ball, e l’Europa impari come si fa; cioè il nostro milanesissimo ministro dell’Interno non ha detto proprio così, ma il concetto – con (quasi) unanime plauso del popolo italico o plebe che dir si voglia – era proprio questo. Invece no, i problemi erano proprio due, magari anche collegati tra loro eppure in certo qual modo distanti. Il primo, gigantesco, quello delle migrazioni qui provenienti dall’Africa che l’Europa (ma si potrebbe dire l’intero mondo occidentale) non intende risolvere, nascondendo la polvere sotto il tappeto, un problema immane che – senza voler fare della filosofia – affonda le sue radici negli animi degli umani; il secondo quello particolare della nave militare italiana Diciotti, con i suoi naufraghi a bordo, alcuni malati, tutti – a quanto s’è visto e saputo – disperati.

È fatica capire come la politica e il nostro neonato governo gialloverde – Lega e Cinquestelle – intendano contribuire a risolvere o a attenuare il primo problema, sebbene all’età di quasi quattro mesi un bimbo dovrebbe essere già in grado di tenere alzata la testa. Quote di migranti da accogliere? Da tutti i paesi della Comunità o solo da alcuni? Aiuti più solidi e concreti in denaro e quant’altro al Nord Africa invece di armi e bombardamenti? Istituzione di corridoi umanitari? Revisione – drastica – di alcune assurde leggi in vigore?

E anche sul secondo – proprio quello della nave Diciotti con il suo carico di umanità – c’è stata una gran confusione. Politicamente strumentale e squallida nelle procedure si svolgimento, almeno fino a quando la Chiesa non s’è dichiarata disponibile a intervenire e a dare soccorso, traendo d’impaccio ostinati governanti.

La magistratura ha aperto un fascicolo – come si dice – e farà il suo corso. Difficile e francamente opinabile che si configurino a carico dei responsabili (compreso il ministro dell’Interno che ha avocato soltanto a sé il “merito” della gestione della vicenda) gravi reati penali tipo il sequestro di persona (magari con richiesta di “riscatto” all’Europa), e anche ma la “prigionia” il fermo coatto di centottanta persone, quindi l’arresto – accusa presto caduta – senza che nessun magistrato avesse potuto confermarlo o revocarlo, ma un’omissione e un abuso d’ufficio (il ministro dell’interno è di fatto anche presidente del consiglio, anziché solo vice, ministro degli esteri e ministro delle infrastrutture) forse sì. A stabilirlo – a livello di procedimento – sarà il Tribunale dei ministri. Si vedrà. Per intanto Salvini ha già detto che rinuncerà all’immunità, anche qualora gli venisse concessa. “Mi assumo io tutta la responsabilità morale, politica, storica ecc.ecc. di quanto accaduto”, come affermò qualcun altro prima di lui in ben altri frangenti.

Ma al di là del caso specifico della nave Diciotti – che come s’è detto prima è emblematico e significativo di un comportamento legittimo o forse no – ci si può collegare, a questo punto, al problema politico generale.

È vero che solo quattro mesi sono pochi per giudicare. Per valutare un governo e un’alleanza sarà necessario attendere i provvedimenti economici e molti sono seduti sulla riva del fiume ad aspettare che qualche cadavere transiti.

Per adesso si può dire che mai in un periodo così breve lo stato tensione nel Paese è stato così alto, e i rapporti con l’Europa – di cui l’Italia è paese fondante – pessimi.

Per alcuni non è che un inizio. Per altri l’inizio della fine.

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