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Cara Varese

CHE GIOVANI

PIERFAUSTO VEDANI - 14/09/2018

copertinaNell’infinito viaggio nel tempo di noi umani, le varie comunità, si va dai paesini alle megalopoli, hanno sempre potuto contare, a titolo e livello diversi, su loro figli appassionati della cultura e della difesa della memoria collettiva.

Memoria locale, a volte modesta, ma che poi può scalare, diventando così riferimento anche per la storia più importante, quella dovuta ai grandi studiosi, gente di libero pensiero o al guinzaglio di ideologie e di sensibilità che spesso rendono difficoltoso l’accertamento di realtà.

L’ultimo caso clamoroso: solo dopo 2000 anni sul monumento dedicato alla battaglia delle Termopili si è accettato di ricordare che a battersi contro i Persiani non furono solo trecento Spartani ma anche molti Tespiesi.

A Varese, a difendere e a rendere autorevole la memoria collettiva, noi abbiamo avuto e abbiamo fior di accademici e di docenti nelle scuole superiori: sono essi il vertice di una importante piramide che può contare sugli apporti anche di semplici appassionati, di scrittori, di associazioni storiche, di editori e di istituzioni: così tutti facendo partecipano anche della costruzione e della difesa di un edificio sociale oggi purtroppo danneggiato da un infantilismo politico dovuto a una crisi di continuità con un passato che era recente ma già degno di essere definito storico.

Ho preso una bella rincorsa per segnalare appunto un prezioso recupero storico da parte di un importante e colto ex uomo-macchina di Palazzo Estense, Alberto Pedroli.

Non dunque a un uomo di lettere, a uno studioso o a un militante appassionato di storia, a un editore, a uno scrittore o a un cronista va infatti attribuito il merito di un libro dedicato alla parte iniziale dei fermenti, della nuova vita dei giovani cattolici negli anni 50; avrebbero particolarmente avvertito anche grandezza e importanza dell’incontro con Gesù suggerito da don Giussani.

È un libro documento di rara serenità, ricco di informazioni, di fasci di luce molto importanti per chi vorrà scrivere o inquadrare meglio anche avvenimenti successivi e precedenti la bufera politica che nell’ultima parte del secolo scorso non avrebbe risparmiato Varese, relegandola poi in un limbo dal quale oggi fatica molto a uscire.

E nel libro sono stati citati anni di rara ricchezza culturale, di aperti confronti, di ricerca vera del rapporto tra l’uomo e l’infinito.

Una bella sorpresa quella che ci ha fatto Pedroli che oggi contribuisce con grande saggezza e capacità alla gestione dell’apparato organizzativo di RMFonline, memore anche di essere stato un solido riferimento nella non facile guida burocratica del Premio Chiara con il quale era in gioco anche la fama di concretezza della città stessa. Pedroli ha alzato l’asticella offrendosi al giudizio dei lettori e regalando alla comunità una vera chicca in termini di pulizia di scrittura, di qualità e livello di informazione, di coraggio della verità.

Le vicende narrate oggi stimolerebbero un confronto con l’azione, a quel tempo, di altri in campo socioculturale e politico.

Io ho vissuto, da cronista, solo gli ultimi anni dell’ex primavera cattolica, resta il fatto che posso dare testimonianza della correttezza di Alberto.

In ambito educativo ho percorso altre strade dall’ottobre 1942, sfollato decenne da Milano a Como, e dal mio approdo professionale nel 1963, a Varese.

In terra lariana ho avuto un lungo e umanamente splendido rapporto con i figli degli operai della più grande azienda tessile di Lombardia, mentre l’insegnamento religioso da parte dei missionari comboniani di Rebbio, ha fatto di me in più campi una sorta di “plebeo” che tra l’altro considerava l’atteggiamento delle avanguardie giovanili cattoliche addirittura razzistico nei confronti di chi amava il Gesù missionario, pratico, alla mano, fratello nei piccoli e grandi problemi, un traguardo facile e doveroso. E più avanti negli anni fu un turbine di gioiose telefonate quando si seppe che il nostro Padre Ivo, finalmente in Sudan, faceva impazzire per la rabbia gli inglesi quando salutando il suo vescovo, un bel negrun, si inginocchiava e gli baciava la mano.

Nel Cristo di don Giussani c’erano tracce di comboniano.

Il racconto di Alberto Pedroli finisce all’alba di un ufficiale, discutibile impegno politico del movimento che avrebbe visto anche siluri sganciati da curiali sottomarini.

Mi piace però ricordare che a sinistra, dove venne coniato il perfido slogan “Comunione e Lottizzazione”, la notizia dell’arresto del loro editore di fiducia venne data a pagina 19, con poche righe e titolo su una colonna.

È possibile pure che Milano abbia perso con Scola un secondo pontefice forse perché amico del movimento e magari conterraneo di celesti imperatori.

È certo invece che i “quattro dell’Ave Maria” (Ballerio, Gibilisco, Portatadino e Sabatini, primi eletti a Palazzo Estense) sono stati vincenti e utilissimi alla città. Poi per qualcuno è arrivata la notte.

Non mi hanno convinto le attribuzioni di responsabilità nei suoi confronti.

Chissà quando sarà possibile scrivere la parte della storia che manca per raggiungere i giorni nostri.

Forza Pedroli, provaci! Il tuo è un esordio da applausi,. E chiede un seguito. Serve alla città, di oggi e di domani.

“Vagliate tutto, trattenete il valore. Gioventù Studentesca, Guernica Club, Comunione e Liberazione 1955 – 1975” curato da Alberto Pedroli con prefazione di Massimo Camisasca e postfazione di Robi Ronza, edito da Macchione Editore, è disponibile nelle librerie di Varese o ordinabile online al sito www.macchionepietroeditore.it

 

Presentazione  venerdì 21 settembre alle ore 18 presso la Sala Montanari di via dei Bersaglieri (ex cinema Rivoli)
Intervengono, con l’autore:
Davide Galimberti, Sindaco di Varese
Robertino Ghiringhelli, Università Cattolica di Milano
Costante Portatadino, presidente della Fondazione Europa Civiltà
Robi Ronza, giornalista e scrittore
Moderatore: Gianfranco Fabi, giornalista
 
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