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Opinioni

VECCHI E SANITÀ

ANTONIO MARTINA - 14/09/2018

anzianiMa dei vecchi che cosa ne facciamo? L’Istat ci dice che la popolazione è destinata a invecchiare gradualmente. L’età media aumenta da 43,5 anni del 2011 fino ad un massimo di 49,8 anni nel 2059. Dopo tale anno si stabilizzerà sul valore di 49,7 a indicare una presumibile conclusione del processo d’invecchiamento.

Quindi entro i prossimi trent’anni sarà particolarmente accentuato l’aumento degli anziani. Gli ultra 65enni che nel 2011 erano il 20,3 per cento del totale, cresceranno fino al 2043, anno in cui oltrepasseranno il 32 per cento. Parliamo di oltre 20 milioni di persone. Un numero importante cui dedicare particolare attenzione anche se valutiamo solo la loro capacità di reddito e quindi di spesa.

Certamente influenzerà l’offerta di prodotti e servizi. Già oggi se ci attardiamo di fronte al televisore tra le emittenti locali, troviamo inserti pubblicitari su: fissatori per dentiere, pannoloni per incontinenti, seggiolini attrezzati come sali-scendi di scale interne, assi da water per facilitare seduta e sollevamento, vasche da bagno sostituite da eleganti docce con maniglioni e seggiolino, materassi e cuscini particolari in letti semoventi, poltrone che facilitano il riposo assumendo diverse posizioni grazie alle motorizzazioni elettriche applicate, fasce e apparecchi per dolori di qualsiasi genere, creme rassodanti e anti rughe.

Ma si tratta di persone che avranno comunque un maggior bisogno di assistenza geriatrica e noi non siamo attrezzati per queste necessità.

Inoltre, nel 2017 l’Italia ha registrato un calo di abitanti di 183mila persone. Per trovare un risultato simile bisogna tornare al triennio 1916 -1918 in cui si sommavano le tristi conseguenze della Grande Guerra e gli effetti letali dell’epidemia “spagnola”. Come se fosse sparita una città di medie dimensioni considerando che si tratta di un saldo naturale tra nati e morti con un calo del supporto netto migratorio.

Già nel 2014 l’Italia aveva raggiunto il primato della più bassa natalità dai tempi dell’Unità nazionale e le morti avevano sorpassato le corrispondenti nascite di 96mila unità. Gli ultimi dati disponibili dicono che i nati si sono fermati a quota 464mila e i decessi hanno segnato una brusca impennata, tale da accreditare l’ipotesi di un altro record: quello del più alto livello in un anno non colpito da eventi bellici.

In molti siamo convinti che le condizioni di maggiore povertà e quelle di una peggiorata assistenza sanitaria, siano le concause di questi risultati. Anche se l’assistenza medica si estende, viene gestita con minore qualità e responsabilità dagli operatori.

Non possiamo concentrarci solo sulle eccellenze. Per dirla con una battuta sarcastica del bravissimo Crozza: come faccio a sapere se sono grave quando non riesco a effettuare la Tac indispensabile per fugare dubbi diagnostici? Non riesco per i tempi troppo lunghi di attesa o non posso permettermi di pagarla in strutture private e più veloci; non saprò se ero veramente grave, muoio!

Infine il Rapporto Osserva Salute 2017 ci ricorda che il dato sull’aspettativa di vita non aumenta più. Continua a rimanere migliore la situazione di coloro che possono permettersi una “vita sanitaria più dignitosa”.

A esempio nelle regioni del Nord-est le persone hanno un’aspettativa di vita mediamente più elevata. Nelle regioni del Sud, quella delle donne si ferma a 84,1 e quella degli uomini al 79,8. Alla nascita era di 80,1 anni per gli uomini e di 84,7 per le donne. Si conferma una leggera diminuzione che è un’inversione di tendenza.

Questo piccolo segnale non fa bene sperare e si aggiunge alla questione delle campagne di prevenzione e degli screening che non si riescono a realizzare su vasta scala per mancanza di soldi. L’Italia ha destinato alla prevenzione il 4,2 per cento della spesa sanitaria totale, ponendoci agli ultimi posti in Europa. Anche i Lea, livelli essenziali di assistenza, con le prestazioni che dovrebbero essere garantite a tutti i cittadini, non sono applicati dovunque, a maggior ragione nelle regioni ancora alle prese con i piani di rientro dal deficit.

Sono problematiche molto concrete che sembrano contare poco o niente per la nuovissima maggioranza governativa del Paese. Una compagine che appare completamente impegnata nello sviluppo di azioni punitive rispetto al passato, una sorta di cancellazione di quanto ideologicamente non condiviso.

Si rischia di buttare il bambino insieme all’acqua sporca. Alcuni esempi, le operazioni in atto per: le Ferrovie dello Stato, la Rai, l’Ilva di Taranto, la Tav Lione-Torino. Sono segni tangibili di puro tatticismo; quello che manca è l’aspetto più importante e determinante: la strategia.

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