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Opinioni

MISSIONE D’OGGI

FELICE MAGNANI - 21/09/2018

giovaniC’è qualcosa che manca nella crescita giovanile, qualcosa che ha a che vedere con l’impegno, la creatività, il movimento, lo studio, la ricerca, l’interesse, qualcosa che aiuti veramente a diventare grandi con una coscienza piena della vita in tutte le sue espressioni e manifestazioni. La tecnologia aiuta sul piano pratico, ma prima della tecnologia c’è la persona con i suoi sentimenti, le sue emozioni, il suo essere, la sua voglia di apprendere ciò che le consentirà di realizzare compiutamente il suo cammino. Per valorizzare la persona umana, fin dall’inizio, occorre pensare non dimenticandola mai, mettendola sempre al centro delle attenzioni.

La vita si caratterizza per questo, per definirsi, per creare una relazione utile e proficua con quell’universo che le ruota attorno, spingendola a porsi delle domande e soprattutto a chiedere, a cercare di sapere, a crearsi sempre di più. Per questo ha bisogno di essere orientata, guidata da chi conosce molto bene i meccanismi della crescita e dello sviluppo di personalità complete. In passato le agenzie e le persone avevano un ruolo chiaro della funzione educativa, la serietà e il rispetto godevano di un riconoscimento ufficiale, ciascuno aveva le proprie idee, ma sul codice morale erano tutti d’accordo.

Il professore era il professore, il prete era il prete, il poliziotto era il poliziotto, il papà era il papà e la mamma era la mamma, il figlio era il figlio, tutti, unitamente, convergevano sulla necessità di adottare la disciplina come strumento di crescita individuale e collettiva. Non c’erano sovrapposizioni o sottovalutazioni o prevaricazioni di sorta, chi comandava decideva, si assumeva tutte le responsabilità, non c’era bisogno di protettori o di avvocati difensori, ognuno era cosciente del ruolo e doveva esercitarlo con la massima attenzione e cura. Nell’aria c’era una diffusa autodisciplina, si cercava di dare il massimo, ricorrendo anche agli esempi come corollari educativi.

La famiglia era forte, convinta, coraggiosa, intraprendente, capace di coinvolgere, ma sempre in un ambito molto preciso, in cui i ruoli erano ben definiti e ciascuno esercitava le competenze con scrupolo. La scuola aveva un ruolo decisivo nella crescita educativa culturale, morale e sociale. Gl’insegnanti erano convinti del loro ruolo professionale e lo esercitavano con l’approvazione della parte genitoriale, con quello dell’opinione pubblica e con quello della politica.

L’obbedienza era la base su cui stendere il profilo di una società appena uscita dalla follia della guerra e il voto di condotta, a scuola, spalmava le basi per una rinascita. All’oratorio praticavi attività sportiva, pregavi, vivevi una costante attenzione educativa da parte dei tuoi sacerdoti, attenzione che non era solo di tipo religioso, ma soprattutto civile.

Il doposcuola era serio, dovevi rafforzare le tue abilità, convincerti che con il lavoro si poteva raggiungere l’obiettivo, capivi che la fatica, l’impegno e l’abnegazione aiutavano a conquistare un primato.

Il servizio militare ti metteva alla prova, non potevi sgarrare, dire di no, dovevi rispettare la gerarchia, essere ordinato prima di uscire la sera, dovevi rientrare all’orario concordato e soprattutto dovevi obbedire anche quando non avresti voluto. Se andavi in colonia ti abituavano a stare con gli altri ragazzi, giocavi, ti divertivi, ma imparavi soprattutto a vivere in modo educato e organizzato nella collettività che ti ospitava. Il rapporto con gli anziani era quotidiano, guai offenderli o prevaricarli, il loro era un ruolo cautelare, facevano sempre prevalere la saggezza, una decisa saggezza.

Nei giovani c’era una gran voglia di fare, di imparare, di lavorare, di emergere, di assumere ruoli, di essere apprezzati, condivisi. Nella società preindustriale e agli inizi di quella industriale, era più facile venire a contatto con quel mondo artigiano che manteneva viva la parte emotiva della persona, quella legata alle sensazioni e alle emozioni, una parte che avrebbe avuto un ruolo decisivo anche nelle eccellenze. C’era anche una gran voglia di far politica, di ascoltare, provare, dire, organizzare, parlare, di credere in un ideale, nel portarlo avanti con ardore e con coraggio, si trattava di una politica vista e vissuta soprattutto come strumento per rilanciare la bellezza, la bontà umana, la voglia di servire, di dare una mano, di dimostrare che anche i giovani sono parte viva e attiva del movimento umano.

Si viveva in una società dove le regole erano poche e ben chiare. Se volevi qualcosa te la dovevi sudare. L’appoggio c’era, ma era sempre subordinato alla volontà, all’impegno e alla serietà nel fare le cose.

Oggi vedi che molti giovani sono persi, altri vengono allevati con il telefonino appiccicato all’orecchio, con lo smartphone sempre in mano, con lo sguardo che cerca disperatamente la curiosità del computer, con il motorino appena compiuta l’età e, soprattutto, con un dispositivo di protezione sempre pronto a minimizzare e a coprire gli errori e le marachelle. Più la società gode delle folate del benessere e più il protezionismo esacerbato si impossessa delle persone, facendo loro credere che la strada migliore sia quella di difendere sempre e comunque l’operato dei figli.

Manca un’educazione al lavoro e alla creatività, sembra che la società non voglia che i giovani diventino responsabili, imparino a essere autosufficienti, capaci di dare un contributo attivo alla vita collettiva. Spesso vengono allevati con l’idea che il loro mondo sia quello e che non ne esistano altri. Insegnare a lavorare è fondamentale. Si può partire con una scopa in mano, con un piccolo trapano, con la colla o con il decespugliatore, ci sono mille modi per accendere quell’entusiasmo che naviga a trecentosessanta gradi nel cuore e nelle mani dei nostri ragazzi.

Si può partire dalla consapevolezza che l’ambiente in cui viviamo non è proprietà di poche persone, ma di tutti, con l’imperativo categorico che ciascuno se ne prenda cura anche nelle piccole cose quotidiane e che tutti diano il loro contributo sempre. Tenere pulito un oratorio, ad esempio, non è solo compito del volontariato di sempre, quello adulto amico del prete, ma dovrebbe essere compito di chi ci gioca, di chi lo occupa durante il giorno, ognuno con il proprio compito, con le proprie responsabilità.

Motivare, entusiasmare, sollecitare, comunicare, far lievitare, rimettere in corsa, togliere l’energia dai vuoti senza confine, orientare, stimolare, è in queste direzioni che il mondo adulto deve muoversi, se vuole veramente evitare che quei maledetti mondi alternativi di cui si cibano molti giovani possano scatenare epidemie incontrollabili, di cui il genere umano diventa vittima quasi senza accorgersene.

 

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