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Urbi et Orbi

ACCANTO A LUI

PAOLO CREMONESI - 28/09/2018

papaE poi si siede di fianco a me. Proprio come quelli che arrivano all’ultimo a messa e ti fanno spostare sulla panca.

Il suo posto è una sedia a metà colonnato sulla sinistra.  Nessuno ti ha avvisato prima.

Dopo la benedizione papa Francesco scende dall’altare e va a mettersi proprio lì. Sei spalla a spalla a questa montagna bianca di bontà e non sai cosa dire o fare. Qualunque  pensiero, invocazione, gesto ti vengano in mente sembrano assolutamente idioti.

Bergoglio prega silenziosamente più con gli occhi aperti che chiusi. Guarda fisso al crocifisso. Io di sottecchi a lui. Le mani sono adagiate sulle cosce coperte dalla tonaca bianca. Ai piedi scarpe ortopediche per aiutare la deambulazione affaticata da anca e caviglie. Dal vivo sembra più piccolo di come lo vedi in televisione, ma forse è solo la postura inclinata.

La sua preghiera dura una decina di minuti. Poi si alza e si prepara a salutare i fedeli all’uscita della cappella proprio come un parroco di campagna.

Messa a Santa Marta venerdì mattina con il Papa. “Chiamati” osserva giustamente il sacerdote all’origine del regalo. Ci sono migliaia di cristiani che chiedono da anni di potervi partecipare. Colleghi giornalisti che smuovono quotidianamente pezzi grossi della Curia. A me e a mia moglie Chiara arriva l’invito di don Francesco in ‘quota parrocchia’. Un regalo appunto.

Appuntamento alle sei e trenta davanti ai cancelli, lato Sant’ Uffizio. Ci sono tre livelli di controllo: metal detector, documento, spunta sull’elenco fornito dalla parrocchia prima di arrivare al palazzetto di Santa Marta dove il Papa alloggia. Siamo una ventina di persone provenienti da una delle parrocchie che a rotazione vengono invitate alla messa (papa Francesco è pontefice perché vescovo di Roma) cui si aggiungono una decina di altri fedeli. Alla fine non siamo più di quaranta.

Si entra nella reception della residenza. La piccola cappella è in fondo a sinistra. Bruttina in verità. Un finto moderno vintage anni Settanta. Telecamere riprendono discretamente la cerimonia. Il cantore e l’organo sono sul fondo della Chiesa.

Papa Francesco entra dalla sagrestia sulla sinistra alle sette in punto. Il volto è stanco e corrucciato. Si distenderà man mano procede la liturgia. Davanti una decina di sacerdoti. Dietro noi, laici. Tutto si svolge come una piccola macchina perfettamente oliata. Un cerimoniere ci spiega quando alzarsi e sedersi. I lettori e i chierichetti sono stati istruiti per tempo. Una bimba dorme in braccio alla mamma per tutta la cerimonia.

Bergoglio si prende molte pause durante la messa. Prima delle orazioni, dopo il Vangelo e la comunione. Si capisce che per lui parlare con il Signore non è un modo di dire. Sembra spostarsi in un altra dimensione. L’omelia, a braccio, dura un quarto d’ora.

Quando, parlando della chiamata di Matteo dice che il Signore ci sceglie tra i più bassi, viene spontaneo domandarsi se non parli anche di sé.  Poi appunto si siede tra i fedeli.

Al termine della messa Papa Francesco saluta tutti i partecipanti a uno a uno. Per lui è un momento fondamentale. Se non fosse per il rigido cerimoniale starebbe a parlare tutta la mattina.

Quando è stato il momento di Chiara e il mio ci siamo emozionati. Nonostante giorni di preparativi e prove di discorso davanti allo specchio, ho sbagliato a dire del mio lavoro, mia moglie ha farfugliato di figli e nipoti. Lui ci ha guardati fisso fisso con un volto lieto e uno sguardo buono e ha detto: ‘Avanti’. E ha alzato i pollici. Proprio come Fonzie. Quel gesto e quella voce, immeritati, mi restano fissi nel memoria e nel cuore.

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