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Società

CHIESA DI PERIFERIA

LIVIO GHIRINGHELLI - 28/09/2018

puglisiBeatificato nel 2013 come primo martire ucciso dalla mafia, padre Pino Puglisi (1937-1993) è stato giustamente esaltato da papa Francesco come l’apostolo che “educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo.  In realtà però è lui che ha vinto con Cristo risorto”.

Vittima della mafia è il vivente esempio predicato da Bergoglio di una Chiesa chiamata a uscire nelle periferie: non semplice luogo fisico, ma espressione della condizione di marginalità ed isolamento, che può coinvolgere ogni essere umano, sia a livello sociale che esistenziale.  Si tratta di una chiamata missionaria rivolta a tutti i cristiani a “uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo “ (Evangelii gaudium, n.20).

Questo per dare luogo a comunità e esperienze cristiane,  che germinino in quei luoghi. Così padre Pino Puglisi non ha avuto paura dell’inferno per vivere la sua missione (così Gilbert Cesbron parla dei preti operai della banlieu parigina – I santi vanno all’inferno).

Nato da papà calzolaio e mamma sarta ai margini del quartiere di Brancaccio a Palermo Puglisi fa studi magistrali e frequenta il seminario. È ordinato sacerdote nel 1960 dal cardinale Ruffini, nemico del rinnovamento conciliare e raffinato esegeta, manifesto negatore del fenomeno mafioso e acceso anticomunista (siamo in tempi di guerra fredda e di persecuzione contro la Chiesa), ma pastore attento alle esigenze sociali. Nel 1963 Puglisi è cappellano all’Istituto per orfani Roosevelt e vicario nella parrocchia di Santa Maria Assunta a Valdesi.

Nel 1968 matura una grande esperienza tra i terremotati del Belice, accompagna tra loro un gruppo di laici appartenenti al movimento ecclesiale Crociata del Vangelo: celebra la liturgia agli angoli delle strade tra la popolazione affranta e impoverita tragicamente dagli eventi sismici. Prega, assiste gli sfollati nelle baracche di lamiera,  porta aiuti generosamente. Crea le fondamenta per ricostruire spiritualmente e concretamente quella comunità.

Nel 1970 è nominato parroco a Godrano, poco lontano dalla Corleone di Riina, piccolo comune dell’entroterra palermitano. Qui dominano incontrastate la violenza e le dinamiche tipiche della faida mafiosa (spirito di vendetta, rivalità tra i clan).

C’è  tutto un tessuto umano da ricucire. Crea i Cenacoli del Vangelo con incontri nelle case per leggere e commentare la parola di Dio. La frequenza alle liturgie e il catechismo per i bambini cominciano a fiorire. Invita alla messa il Gobbo, patriarca mafioso del paese e protagonista di una carneficina. Nel contempo (1973) padre Puglisi risponde all’appello di Agostina Aiello, assistente sociale missionaria, in un’opera intensa di assistenza ai poveri nel quartiere Oreto, borgata periferica di Palermo. Qui gli abitanti sono privi della cultura più elementare, l’analfabetismo è diffuso, si registra l’abbandono materiale e morale dei minori, disoccupazione e sottoccupazione sono cifra comune. Si impongono problemi economici, morali, psicologici, educativi, igienici.

Pertanto si crea un Centro sociale e sono chiamati ad aderirvi e collaborare alcuni degli studenti del prestigioso liceo classico Vittorio Emanuele II di Palermo (Puglisi vi è insegnante di religione). Si sviluppa un tessuto comune di idee e di progettualità. È una risposta convincente alle domande poste alla luce del Vangelo,  un progetto di liberazione per i poveri in una comunione con Dio e fraterna di contro alla violenza, all’arrivismo, alla lotta “borghese” e individualistica per il benessere.

Nel 1990 il cardinale Salvatore Pappalardo nomina Puglisi parroco della chiesa di San Gaetano a Brancaccio,  quartiere residenziale di Palermo in cui regnano i fratelli Graviano, boss delle stragi degli anni Ottanta e mandanti futuri del suo omicidio. Puglisi, sempre animato da un robusto pragmatismo, sempre felicemente tentato di proiettare il suo schema ideale sulla realtà, si trova immerso in una atmosfera pesante.

Numerose famiglie del centro storico sono state letteralmente deportate negli anonimi palazzoni di via Hazon, senza servizi e collegamenti con il centro. L’antica borgata di 3000 persone è colmata da un resto di varia provenienza. Si tratta di intere generazioni prive di sbocchi culturali e professionali. Molti sono senza licenza elementare, molti senza quella media, buona parte analfabeta. Di qui la necessità di corsi di alfabetizzazione.

Si vive del momento e in base alle necessità e non si vedono facili soluzioni. Puglisi decide di dare vita al Centro Padre Nostro, polifunzionale, per assistere anziani abbandonati, minori, famiglie in difficoltà. Parte dei volontari sono allievi delle sue scuole. Alcune suore sono invitate a stabilirsi nel quartiere e la comunità si impernia sulla casa parrocchiale, resa capace di stringere alleanze nella società civile. Si forma un comitato intercondominiale, che si batte per l’istituzione di una scuola media: l’obiettivo sarà raggiunto solo dopo la morte di Puglisi.

Ma il suo modus operandi riesce sempre più pericoloso per le sorti e le fortune dei mafiosi. Il suo scopo non è di erigere un fortino degli onesti in territorio ostile, bensì di edificare una comunità capace di coniugare vita spirituale e azione sociale all’insegna della simpatia, della civiltà dell’incontro. Il suo motto: nihil humani a me alienum puto. Nel 1992 è anche nominato direttore spirituale nel seminario arcivescovile di Palermo.

Onde il disprezzo di Salvatore Riina: “Voleva comandare iddu. Ma tu fatti il parrino, pensa alle messe, lasciali stare… il territorio… il campo… la chiesa. Tutte cose voleva fare iddu nel territorio”. Non si limitava – ecco l’imputazione –  alla vita sacramentale dei fedeli, tutto dedito invece ai bisogni degli anziani soli in casa, alla cura dei carcerati, ovviando all’assenza di una scuola media, contrastando il controllo mafioso sul mercato immobiliare.

Viene assassinato  il 15 settembre 1993 di fronte alla sua abitazione, nel giorno del suo compleanno, ad opera del killer Salvatore Grigoli.

La memoria liturgica ricorre il 21 ottobre, giorno del suo battesimo; la tomba è collocata nella cattedrale di Palermo per l’afflusso dei numerosi fedeli.

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