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Cultura

DELEUZE E LA RIPETIZIONE

LIVIO GHIRINGHELLI - 05/10/2018

deleuzeGilles Deleuze (1925-1995) si forma alla Sorbona sotto la direzione di Georg Cangluilhelm, consegue il dottorato con una tesi su Hume, insegna nel licei dal 1948 al 1957 e dal 1957 al 1960 è assistente universitario alla Sorbona presso la cattedra di storia della filosofia, quindi dal 1969 è docente a Paris VIII. Si impegna nella militanza politica a fianco di F. Guattari e Michel Foucault. Con il primo compie una critica politica della psicanalisi, che trova ampio consenso negli ambienti dell’antipsichiatria. Si ritira dall’insegnamento nel 1987 e muore suicida nel 1995.

 Dando un’originale lettura della tradizione filosofica intende dissolvere il mito del soggetto ed ogni dualismo tra materia e spirito, prendendo le distanze dal platonismo dominante nella tradizione occidentale nel solco dell’interpretazione nietzschiana. Configura una nozione positiva di ripetizione, assimilabile all’eterno ritorno di Nietzsche, che intende come un sì alla vita in contrapposizione al pensiero dialettico platonico e hegeliano. Emergono in lui una visione prospettica ed ontologica della realtà, in cui il reale si conforma e si deforma in piani molteplici, composti e stratificati in pieghe vitali e produttive di senso e una definizione della filosofia come costruzione di concetti.

Fa uso fortemente critico degli apporti dello strutturalismo, della semiotica e della psicanalisi. Nei suoi scritti compare altresì un’analisi di procedure letterarie o pittoriche o filmiche al fine di riconoscervi la filosoficità intrinseca e le analogie strutturali e stilistiche con la produzione filosofica.

Con Guattari respinge l’alternativa e l’opposizione tra uno e molteplice, tra identità e contraddizione, le categorie fondanti della dialettica da Platone a Hegel. A esse sostituisce l’alternanza di differenza e ripetizione e una concezione disseminativa, rizomatica della razionalità, in cui esistono innumerevoli connessioni tra regioni del sapere non unificabili, un arcipelago di ragioni non riconducibile all’identità. Originale è il suo costruttivismo.

La filosofia per Deleuze nasce dalla necessità di pensare, più che dal desiderio di farlo e tale necessità dipende dall’incontro contingente e talora violento con qualcosa che si dà da pensare e che assume pertanto la valenza di un segno da interpretare. La filosofia si configura come creazione di concetti. Il pensiero si incentra sul concetto di molteplice, non impiegato come aggettivo, bensì come sostantivo: non designa una proprietà di un’unità preliminare, o in via di farsi, che si presuppone come data all’origine o prefigurata dal pensiero come un fine, che raccoglie e unifica in una sintesi i differenti molteplici.

Deleuze costruisce ed elabora una teoria della molteplicità, che non presuppone alcuna unità né totalità. Vi è un tutto del molteplice, la cui natura è di essere una “molteplicità di coesistenza virtuale”, che si compone di singolarità tra di loro concatenate. Una relazione può cambiare, anche se non cambiano i termini che vi sono coinvolti.

Nel caso di un bicchiere collocato sopra un tavolo, noi possiamo spostare il bicchiere da qualche altra parte, modificando il rapporto tra i due oggetti, senza che ciò comporti una qualche alterazione o del bicchiere o del tavolo.

Dire che Alice cresce equivale ad affermare che diventa più grande di quanto non fosse o a riferire simultaneamente l’evento dela stessa crescita ad una stessa Alice più piccola. Alice si trova ad essere, crescendo, a un tempo più grande e più piccola. La relazione è un evento, in cui un termine coinvolto è sottoposto a una modulazione, che ce lo offre ad un tempo come alterato e differente.

L’essere di cui Deleuze costruisce il concetto (per analogia col concetto di struttura dello strutturalismo francese) è un rapporto di rapporti, le cui unità più semplici, le singolarità, sono a loro volta relazioni di fattori indeterminati, i cui valori si definiscono e ridefiniscono in base alle metamorfosi, cui sono continuamente sottoposte. L’essere pertanto si risolve interamente nel divenire (vedi la filosofia di Bergson).

Deleuze è allievo di J. Hippolite e di F. Alquié, uno dei principali promotori della rinascita di studi nietzschiani nella filosofia francese degli anni Sessante. Si affida alle nozioni di ripetitività e di affermatività per opporsi ai procedimenti dialettici dell’alienazione e del negativo.

La ripetizione è una modalità logica e ontologica affermativa: ciò che si ripete non è come nell’alienazione qualcosa di derivato rispetto a un fondamento originario; non si rapporta all’origine, ma afferma l’inesistenza dell’origine stessa, non più assunta come principio positivo in rapporto al quale ogni ripetizione risulta manchevole e negativa.

Deleuze trae questa valenza della ripetizione dall’empirismo di Hume, in cui il ripetersi dei singoli eventi non consegue da un evento unico e originario, né può produrlo di diritto. A questa concezione gnoseologica della ripetizione affianca la ripetizione ontologica già presente in Nietzsche: nell’Eterno ritorno ciò che si ripete è l’essere che si afferma nel divenire, in luogo di porsi come fondamento originario. La cultura ha invece privilegiato la gerarchia metafisica, che attribuisce l’essere autentico a ciò che è originario e primo e considera invece negatività e mancanza ciò che è derivazione e ripetizione; gerarchia particolarmente visibile nella psicanalisi: il mito di Edipo definisce il desiderio attuale del soggetto come ripetizione alienata dell’investimento originario nei confronti della madre e istituisce il desiderio come negatività, poiché tutti gli investimenti futuri, che ripeterebbero l’amore originario, risultano in difetto rispetto ad esso. Al contrario il desiderio è un’istanza affermativa, che non nasce da alcuna sottrazione; le ripetizioni non sono allora la riproduzione di un rapporto essenzialmente perduto, ma definiscono il desiderio nella sua potenza e nella sua autonomia rispetto alla cultura e alla soggettività.

Tra le opere di Deleuze da segnalare: Nietzsche e la filosofia (1962), Differenza e ripetizione (1968), Logica del senso (1969), L’Anti-Edipo (1972).

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