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Politica

UN’ANIMA UNICA

EDOARDO ZIN - 19/10/2018

motta

La Madonna d’Europa all’Alpe Motta di Campodolcino

“C’è una sola tristezza al mondo: non essere santi!” diceva il veemente scrittore cattolico francese, morto nel 1917, dopo aver portato alla conversione Jacques e Raissa Maritain. È la santità delle donne e degli uomini che indica la trascendenza, lo splendore, la perfezione dell’unico “Santo”.

Nella sua ultima esortazione apostolica “Gaudete et exsultate”, sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo, papa Francesco così si esprime: ”Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere”. La santità non è prerogativa soltanto di coloro che nella vita hanno praticato in modo eroico le virtù teologali e cardinali e, tra questi, non tutti sono elargitori di miracoli.

“C’è il santo della porta accanto” continua papa Francesco. Spesso i santi sono stati disumanizzati nelle agiografie, trasfigurati nelle icone, isolati nelle aureole, le loro immagini sono circondate da ceri, mentre essi indossano gli abiti della quotidianità, spesso sono persone semplici e modeste, anche se nascondono nel loro cuore gemme di luce, fuoco che riscalda. Per questo sono estremamente vicini all’uomo e nel contempo totalmente diversi. Sono donne e uomini che ci sono passati accanto, che hanno camminato per le nostre strade, senza compiere gesti eccezionali, ma con la singolarità di una misura traboccante di amore.

 La Chiesa che amiamo come madre è composta di peccatori non esenti da errori e da cadute, ma è santa perché composta da una moltitudine di salvati che si spendono per gli altri, per la famiglia, per la professione o il lavoro, per la politica perché essa sia al servizio dei più poveri. L’Apocalisse ci ricorda che sono “una moltitudine immensa, che nessuno può contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua”.

Abbiamo visto una rappresentazione multiforme ed armoniosa di questo popolo di Dio pellegrino dal San Salvador, da Brescia e da Milano, da Bergamo, da Napoli, dalla Germania, dalla Spagna, dall’Abruzzo, giunto a Roma, in Piazza San Pietro, domenica scorsa, per riconoscere e proclamare la santità della Chiesa che è “oltre”, che si affaccia sull’infinito e sull’eterno in una comunione vitale con Dio. La Chiesa celeste era rappresentata in effige dagli arazzi appesi ai balconi dell’Aula delle Benedizioni: c’era un Papa – Paolo VI -, un vescovo – Oscar Romero – ucciso mentre celebrava la messa tra i malati di un ospedale, in piena repressione sociale e politica, un presbitero diocesano – Vincenzo Romano -, un religioso – Francesco Spinelli, – due religiose – Caterina Kasper e Nazaria Mesa – e un giovane laico: Nunzio Sulprizio. In terra, nella piazza, la Chiesa missionaria e pellegrina, lassù, nel cielo reso radioso da un’assolata ottobrata romana, nella Gerusalemme Celeste, i nuovi canonizzati si univano al coro degli angeli e dei santi per lodare il Signore e per vivere in pienezza la nuova vita.

All’omelia, Papa Francesco augura ai presenti che ognuno dei nuovi santi possa rappresentare ciascuno di noi: “In diversi contesti, i nuovi santi hanno tradotto con la vita la parola di oggi, senza tiepidezza, senza calcoli, con l’ardore di rischiare e di lasciare tutto” pur di seguire il Signore, come suggerisce il Vangelo.

Del suo predecessore Paolo VI, Francesco dice che “ha speso la vita per il Vangelo di Cristo, valicando nuovi confini e facendosi suo testimone nell’annuncio e nel dialogo, profeta di una Chiesa estroversa che guarda ai lontani e si prende cura dei poveri”.

Di Giovanni Battista Montini aveva tessuto il plauso anche un suo successore sulla cattedra di Ambrogio, l’arcivescovo Mario Delpini, ai fedeli milanesi riuniti nella basilica dei Santi Apostoli durante i primi vespri della VII domenica dopo il martirio di San Giovanni. Delpini ha parlato dei “fremiti” di vita del nuovo santo: quello ereditato dal cattolicesimo sociale bresciano ricco di iniziative sociali, culturali, caritative; quello dell’intelligenza e della cultura profuso nel periodo romano tra gli universitari della FUCI e nel contempo quello del servizio singolare e umile esercitato in segreteria di Stato; quello del dinamismo organizzativo appreso durante l’episcopato milanese da cui Montini trasse ispirazione e vigore, divenuto Vescovo di Roma.

Da Pontefice, Montini guidò la barca di Pietro nel portare a termine il Vaticano II, aprì il dialogo con la modernità, richiamò l’attenzione del mondo intero sui popoli dei Paesi in via di sviluppo e, davanti all’assemblea generale dell’ONU, lanciò il grido accorato:” Mai più, mai più, mai più la guerra!”

Mi sia permessa una considerazione del tutto personale. Rientrando in albergo, dopo aver assistito ai vespri, ho attraversato piazza Montecitorio gremita di persone, soprattutto di giovani, che chiedevano un maggior impegno per rendere più coesa l’Europa. Il mio pensiero è riandato al discorso che l’arcivescovo Montini rivolse a Motta di Campodolcino in occasione della benedizione della statua di “Nostra Signora d’Europa: “Abbiamo bisogno che un’anima unica componga l’Europa perché la sua unità sia forte, coerente, sia cosciente e benefica…Bisogna che la pace domini sopra questa immensa distesa di terra e di popoli”. Ho pensato a tutto l’impegno di Montini a favore dell’integrazione europea: il suo sforzo per insediare a Milano un’istituzione europea, la sua collaborazione per istituire la Scuola Europea a Varese con la conseguente creazione di una parrocchia europea multilingue, la sua volontà di fare a Villa Cagnola un centro di studi per l’europeismo e l’ecumenismo.

La tristezza che ci abbranca oggi è la prova di un amore incompiuto, il segno di un cuore tiepido anche perché il mondo manca di uomini che aspirano a essere “santi” interpretando la Parola e incarnandola nella vita – talvolta ardua e faticosa – di ogni giorno. In questo tempo di disorientamento si accresce il bisogno di fari e di bussole: sono i santi della porta accanto!

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