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Apologie Paradossali

QUARTO AUTOCOMANDAMENTO

COSTANTE PORTATADINO - 02/11/2018

genitori(S) Correggerò il padre e la madre. Questo è secondo Onirio, il quarto nuovo autocomandamento. Nuovo proprio non è, data almeno da cinquant’anni, da quel ’68 che da qui ha iniziato a correggere la storia intera.

(O) Verissimo. Non solo questo comandamento è stato rovesciato in quel periodo, ma questo più di tutti. Non è un’esagerazione dire che da allora si è andati sempre più verso una società ‘senza padre’. Oggi verso una società senza famiglia, ma questo, in un certo senso è meno grave, è una semplice conseguenza, era come scontato. Perciò non insisto su questo aspetto, è un argomento che meriterebbe una trattazione specifica, anche molto raffinata, mentre temo ci perderemmo in una valanga di luoghi comuni. Basta far mente locale alla ridicola proposta di dare in concessione ventennale un tot di ettari di terreno agricolo demaniale alla famiglia che generasse il terzo figlio. Discutiamo piuttosto dell’avvicendamento generazionale, del fattore ‘esperienza’.

(C) Questa parola ‘esperienza’ è preziosa e ambigua insieme. Sono gli stessi figli, o i giovani in generale, se preferite, a ritorcerla contro i genitori e le generazioni precedenti. Se un tempo era la generazione precedente ad usare l’argomento ‘esperienza’ per averla vinta, oggi è normale che un figlio dica ai genitori: “Non puoi capirmi, perché non hai fatto la stessa esperienza che sto facendo IO. Il TUO mondo era diverso”. Andando un po’ più a fondo, potrebbe dire: “Tu hai ricevuto e accettato e cercato di trasmettere certezze e valori creati da altri, li hai condivisi, almeno parzialmente; la nostra generazione invece condivide solo comportamenti, senza farli dipendere da giudizi di valore. Siamo più felici così”

(O) O almeno sono meno infelici, non dovendo confrontarsi con un modello troppo alto. Per due secoli il tema di fondo della cultura europea è stato il progresso. Ha motivato le rivoluzioni e a ben guardare anche le guerre. Falsamente, s’intende. Era un vivere nel futuro e per il futuro, pur idolatrando il passato, cui era chiesto di fornire motivazioni, ragioni e persino miti per i sacrifici e le fatiche dell’oggi, rinunciando al presente, in vista di un bene maggiore sperato. E rinunciando all’autodeterminazione dell’IO.

(C) Il tema dominante di oggi è invece la contemporaneità. I giovani ci direbbero: ”Non ci può bastare il progresso, un miglioramento delle condizioni di vita della prossima generazione; già a noi sembra che possano anche peggiorare, ma soprattutto siamo abituati a vedere tutto nello stesso istante in cui accade. Non dobbiamo aspettare il giornale del giorno dopo e nemmeno il telegiornale della sera per avere la notizia che ci interessa: Siamo convinti che l’immediatezza temporale elimini anche la mediazione del potere, che si possa eliminare quella regia occulta che trasformava tutti i fatti in ideologie, interpretandoli. Oggi non solo viviamo nel nostro presente, ma lo condividiamo quanto e con chi vogliamo. Godiamo veramente della possibilità di entrare nella vita delle persone che ammiriamo, magari anche di quelli che odiamo, scrutandone i comportamenti sui ‘social’. La nostra ‘esperienza’ non è più solo nostra, può arricchirsi all’infinito, allargandosi nel tempo e nello spazio. Voi invece continuate a portare il pesante bagaglio delle vostre memorie, spesso dei vostri fallimenti.”

(S) Ma non è questa l’esperienza! La presunzione di correggere tanto i genitori, quanto le passate generazioni non nasce da questa disponibilità d’informazioni immediate, ma superficiali e precarie, che quindi non solo vera conoscenza, ma dalla volontà di non dover rispondere ad un giudizio morale sulle proprie azioni, dalla libertà concepita e vissuta come mancanza di limite imposto da qualsivoglia potere esterno. Invece di fare esperienza vera si coltiva l’utopia, l’immaginare mondi così perfetti da rendere inutile la virtù, così condivisi da rendere accettabile quel comportamento che in altri tempi e luoghi si sarebbe chiamato vizio.

(C) A questo punto ci dovremmo domandare se l’educazione abbia ancora un significato, quale sia e chi ne sia responsabile. Il quarto comandamento del Sinai in fondo è stato la base di ogni autorità, anche politica, religiosa o culturale. Senza un riferimento ad un livello superiore la morale non sarebbe nient’altro che la conoscenza e l’applicazione dei mores dei costumi, cioè dei comportamenti condivisi di chi ci ha preceduto temporalmente. Lo Stato moderno non fa nient’altro che accomodarsi a questi costumi condivisi, almeno da quando ha rinunciato ad essere ETICO, ad imporre se stesso come valore supremo. Così rischia tuttavia di finire in una sorta di forche caudine: ammettere da un lato che ogni opinione sia rispettabile e quindi ammissibile, ovvero ritenere che quelle troppo decise ed escludenti siano da rifiutare in quanto tali, con la conseguenza di essere costretto ad ‘imporre’ (faccio notare il paradosso) il relativismo. Non sto riferendomi a mere ipotesi, ma per esempio all’insegnamento scolastico della teoria gender.

(O) In una remota Apologia, quando ancora Costante scrivevi da solo, ricordo che paventavi l’adozione di un ‘software di affecting computing’ capace di valutare le reazioni di vasti campioni di popolazione alle più svariate proposte, dalla semplice analisi delle espressioni facciali di risposta allo stimolo costituito dal racconto di un fatto o dalla visione di un immagine: da un simile sondaggio involontario si ricaverebbero i messaggi più facilmente condizionanti la gente comune, che si tratti di vendere merce o convinzioni politiche o etiche, creando una sorta di circolo vizioso.

(C) Temo che con o senza software sia già così, soprattutto tra i giovani: si approva quello che è gradito alla massa, come si vede senza possibilità di dubbio dall’affollarsi dei LIKE nei social. Ma non voglio fermarmi ad una conclusione pessimistica; rimando perciò le conclusioni ad un successivo passaggio, dopo che avremo avuto la possibilità di valutare quella che dovrebbe essere un’alternativa radicale, cioè esaminare approfonditamente il documento finale del Sinodo sui giovani.

(S) Giusto studiarlo attentamente, dato che ad un primo sguardo mi è parso fin troppo complesso e, magari è un merito, poco ‘giovanilistico’.

(O) Fammi dunque modificare in ampiezza il quarto autocomandamento: “ONORERO’ CON TUTTE LE MIE FORZE I FIGLI E TUTTI I GIOVANI ED IMPARERO’ DA LORO.” Magari funziona.

(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante

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