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Urbi et Orbi

CON LE “DONNE DI ROSE”

PAOLO CREMONESI - 09/11/2018

giussani C’è  una scuola in Uganda al confine con il più grande slum della capitale. L’hanno costruita le “donne di Rose”, che sul finire degli anni Ottanta abbandonarono i loro villaggi a causa di una feroce guerra che insanguinava la provincia settentrionale, insediandosi nella località disastrata di Kireka. Portavano con sé la sofferenza delle violenze subite e nel corpo il marchio dell’Aids, costrette a subire violenza dai soldati. Ma grazie all’incontro con Rose Busingye, infermiera e responsabile del Meeting Point Avsi di Kampala, in loro si è riaccesa la speranza: da qui il nome di ‘donne di Rose’.

A raccontare le loro storie Matteo Severgnini, 37 anni, di Casale Cremasco da sei anni alla guida della ‘Luigi Giussani High School”. È stato tra i 39 giovani che hanno partecipato al Sinodo recentemente concluso a Roma.

“Quelle donne” ci dice “ avevano perso la voglia di vivere ma grazie all’incontro con Rose hanno ripreso coscienza di essere volute bene, gratuitamente. Hanno cominciato a curarsi, a usare le medicine, a prendersi cura dei propri figli e delle loro povere baracche. Non hanno infettato più altre persone. Hanno ripreso a lavorare spaccando pietre .Hanno cominciato a cantare e a ballare, perché solo quando si ha il cuore pieno di gioia e’ possibile ridere”.

Con il passare del tempo nasce in queste donne il desiderio di poter costruire un luogo in cui i figli possano scoprire il loro valore infinito, dove poter essere educati alla bellezza e alla positività della vita.

“A chi obiettava che sarebbe stato meglio realizzare un ambulatorio – prosegue Severgini – queste donne rispondevano: da dove potranno mai uscire i medici che ci cureranno se non da una scuola?”.

Con l’aiuto della Ong Avsi iniziano così un’attività di riciclaggio di carta per poter fare collane colorate. In due anni riescono a vendere più di quarantottomila monili in Europa. Il ricavato, insieme ad alcune donazioni, è investito nella scuola primaria e secondaria Giussani. Un luogo di accoglienza e educazione inedito, pulito, moderno, in cui i ragazzi non vengono picchiati, come la cultura scolastica ugandese impone. ma aiutati a scoprire se stessi. “Un progetto d’amore grande, perché il desiderio di assicurare un futuro ai loro figli e alle generazioni che verranno, è più forte dell’ Aids” aggiunge Severgnini.

Il giovane preside ha potuto raccontare questa esperienza a uditori d’eccezione, tra cui papa Francesco. “Ho parlato della mia esperienza – racconta – e sono stato colpito dall’interesse per la nostra realtà. Ho trovato in Bergoglio un ascoltatore attento alle storie dei nostri bambini”.

Due anni fa la scuola ha ricevuto un giudizio estremamente positivo dalle autorità’ centrali del ministero per l’Educazione. E per giorni e giorni le madri dello slum hanno cantato e ballato per festeggiare. Sono convinte che il prossimo presidente dell’Uganda uscirà da quella scuola.

Gli domando di raccontarmi un episodio che lo abbia particolarmente colpito. “Quando abbiamo costruito i bagni – risponde – abbiamo installato servizi igienici all’occidentale. Dopo un paio di mesi erano tutti otturati. Quando i tecnici sono venuti a vedere il perché hanno scoperto che i bambini gettavano pietre all’interno degli scarichi, proprio come si fa nelle bidonville dove i bisogni vengono fatti a cielo aperto. Allora abbiamo fatto arrivare grandi quantità di carta igienica e insegnato nelle classi come si usa. Qualche giorno dopo una bambina e venuta da me e mi ha detto: perché’ vi interessate così tanto a me ? Ecco lì ho capito qual è la molla della Luigi Giussani school. Una Presenza che vuol bene a tutto di te, anche alle parti che tu pensi essere meno nobili”.

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