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Noterelle

VITA E SPERANZA

EMILIO CORBETTA - 16/11/2018

ali“Finché c’è vita c’è speranza” è il detto popolare. Papa Francesco invece sottolinea che “finché c’è speranza c’è vita”. Infatti quando cade la speranza perdi la capacità di vivere, perdi la forza di fare, di lottare per respirare, per vivere. La speranza ti dà la forza per vivere meglio, ti dà la forza per cercare una vita migliore per te e per coloro che ami.

Quando non speri più arrivi a rifiutare la vita. È la disperazione che uccide la vita e lo sanno benissimo coloro che si dedicano all’assistenza di malati dal fisico integro ma depressi e disperati. Più che in questi infelici si può trovare speranza in portatori di gravi patologie, causa di molte sofferenze, perché istintivamente, anche nei momenti estremi, in noi c’è la forza della speranza. Quando ci si ritrova in un vicolo chiuso, dove ci hanno infilato gli eventi della vita, la speranza ci fa cercare sempre una via d’uscita anche se stretta, una fessura.

Quando perdi la speranza? Quando appunto ti senti disperato? Quando non hai da dare o da ricevere amore? Quando la vita ti copre di noia? Quando non hai più sogni da realizzare? Quando ti senti inutile? Quando senti il peso della continua sofferenza psicologica che ti opprime? Quando non vedi più la bellezza? Quando sei circondato dall’odio? Quando tutto ti frustra?

Papa Francesco cita poi il poeta Charles Péguy che afferma che Dio si stupisce non tanto per la fede presente negli uomini quanto per la speranza presente anche in quelli che, vivendo nelle disgrazie più grandi, sperano sempre in un domani migliore. Un grande esempio viene dalle popolazioni oppresse e affamate che vedono le loro terre feconde trasformarsi in deserto, che vedono i loro uomini usare armi al posto di utensili, che vedono regnare la miseria ed i loro piccoli morire di fame, che si trovano impotenti di fronte a crudeli epidemie virali. Non perdono la speranza e s’incamminano in mezzo ai pericoli delle terre secche e riarse, per andare a finire, i più fortunati, in immensi campi di raccolta dove pure si soffre, ma sempre si spera..

Non possiamo negare che noi restiamo timorosi, pieni di dubbi e anche di una certa paura alla vista dei migranti che giungono da noi, ma sono solo una parte minima dei milioni che sono in continuo movimento nelle regioni sub sahariane. Un continuo andare da un paese all’altro, da una regione all’altra di una terra aggredita dal colonialismo europeo prima e ora invece dal velato colonialismo cinese, una terra devastata da primordiali violenze tribali favorite dalle armi da noi fornite. I nostri superficiali politici, pensano che questi problemi siano originati nelle regioni dell’Africa mediterranea, senza rendersi conto che, per via delle oramai facili comunicazioni, è tutta l’Africa che incombe su di noi, come tutta l’India, come tutta la Cina. E noi Europei torniamo ad alimentare il sovranismo, dividendoci nuovamente in minuti staterelli, possibili ripetitori degli orrori del secolo scorso o anche possibili vittime di furbi tiranni.

Vien da chiederci: chi ha più speranza? I veramente poveri migranti o i timorosi europei arroccati nei loro orticelli ed incapaci di realizzare vere intelligenti soluzioni del grave eterno problema delle migrazioni? Dell’incapacità di soluzioni reali ed efficaci è esempio un emendamento della settimana scorsa del consiglio regionale lombardo che darà merito ai Comuni che non aiuteranno i migranti, penalizzando di conseguenza i Comuni più virtuosi. Perché questo atto non è stato pubblicizzato adeguatamente dalla stampa? Non è uno sfiorare il razzismo? Non c’è odore di incostituzionalità?

L’Europa sembra essere un continente di matti che si spreca a discutere sull’ora legale, ma chiude gli occhi sulla miseria e contemporaneamente non vuol vedere le migliaia di aerei che la sorvolano scaricando immensi quantitativi di calorie, contenute in tonnellate di cherosene. Senz’altro ci inquinano le fabbriche, gli allevamenti intensivi, l’incuria dei territori, ma nessuno si preoccupa delle tonnellate di carburanti bruciati al pelo basso della stratosfera, come se non facesse parte del nostro mondo.

I mass media in modo discutibile parlano delle esalazioni delle macchine vecchie, dei veicoli a gasolio, dei suv, dei tir e quant’altro che scaricano nei nostri nasi tonnellate di pulviscoli e migliaia di metri cubi di gas più o meno combusti, e stanno zitti appunto sull’immenso traffico aereo. Oltre tutto vien il dubbio che certe campagne servano più ad influenzare il mercato delle auto piuttosto che veramente preoccuparsi della nostra salute.

Cosa allora è veramente più importante? Quali le vere necessità odierne? La speranza di essere capaci di vere decisioni c’è sempre, anche se balza all’occhio la grande incapacità di valutare obiettivamente l’importanza dei problemi, di saper giudicare quelli che richiedono la vera attenzione rispetto a quelli immeritevoli o addirittura falsi, anche se in effetti non è facile essere sempre obiettivi.

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