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Attualità

SPIRITUALISMO DISINCARNATO

EDOARDO ZIN - 23/11/2018

Sull’affollato aereo che ha abbandonato Malpensa e si inoltra verso Praga, cerco con pazienza di rivisitare ciò che la memoria mi ha lasciato in un angolino della testa. Le poche reminiscenze scolastiche del paese che visito per la prima volta mi ricordano: il Danubio, la piazza con la Cattedrale, il famoso orologio, la Boemia austro-ungarica, la dominazione nazista seguita da quella sovietica. Poi l’evocazione si fa più viva: la rivoluzione del ’68 con Dubcek e con il giovane Palach che si dà fuoco, quella detta “di velluto” seguita alla caduta del muro di Berlino con Vaclav Havel che si affaccia al balcone, l’anziano omone “cardinale di ferro” Tomasek…

Sono stato invitato a partecipare ad un “forum” d’incontro, di dibattito e di riflessione sul contributo che i cristiani di tutte le confessioni dell’Unione Europea (ma incontrerò pure un ortodosso russo e un pastore ucraino della chiesa riformata!) possono portare al processo d’integrazione europea, in un momento in cui l’Europa sembra lacerata dai localismi, divisa da interessi economici, frazionata dai partiti.

Un affabile amico viene a prendermi con l’automobile perché il luogo dell’incontro è lontano dalla città. E già qui cominciano le mie preoccupazioni: il giovane parla il ceco e l’inglese ed io fatico a districarmi con il mio british un po’ zoppicante. Eppure ci capiamo. Sarà così per tutto il convegno: comunicherò in italiano con un polacco, con i numerosi giovani che hanno passato l’Erasmus in Italia, con i preti cattolici che hanno studiato a Roma; in francese con i cugini d’oltralpe, i belgi, con qualche inglese, con tutti gli altri supplisce la lingua del cuore, il gesto, la traduzione spontanea di un vicino. Durante le assemblee plenarie è assicurata la traduzione.

E’ lo storico Jaroslav Sebek a introdurci nella storia delle chiese cristiane della Repubblica Ceca e a presentarci le loro sfide nella nostra epoca. La chiesa romana sta riabilitando Jan Hus, il primo, vero “protestante” che anticipa Lutero e Calvino. Ne sono segni visibili l’incontro tra le diverse chiese, che collaborano assieme per trovare un comune orientamento al fine di educare alla fede soprattutto le giovani generazioni. La Chiesa cattolica che, subito dopo la liberazione dal regime sovietico, era invocata come vera guida del popolo ceco, oggi è vista come la nemica del patriottismo e del progresso. Nel passaggio tra l’ordine comunista e un sistema non autoritario, la Chiesa non ha contribuito all’edificazione di una nuova cultura politica e alla creazione di uno spazio democratico; le radici cristiane sono strumentalizzate in modo ideologico.

Anche nella repubblica ceca, l’Unione Europea, che pur ha contribuito in modo notevole allo sviluppo economico del paese, ha perso la sua attrattività a causa delle sue soluzioni puramente tecnocratiche e della sua politica a riguardo del fenomeno migratorio, visto come una minaccia al benessere e alla sicurezza.

A rinforzare questi fenomeni hanno contribuito l’odierna giungla delle informazioni trasmesse dai social che hanno rimpiazzato il deserto delle informazioni durante la dominazione sovietica. Questa giungla ha concorso al diffondersi di una profonda perdita di senso, ad una sfiducia nelle istituzioni, ad una manipolazione dei fatti, ma soprattutto ad una crescente paura che viene dilatata con toni aggressivi.

A proseguire l’attenta analisi storica è Pavel Fischer, diplomatico ceco, già candidato alle ultime elezioni presidenziali, senatore della Repubblica. Tocca a lui analizzare la società ceca attuale. Solitudine, disperazione, perdita d’identità, paura, bisogno di un nemico caratterizzano il consorzio civile ceco. A questo s’aggiunga che l’uomo ha perso la sua dimensione spirituale, le relazioni sono diventate fragili e la razionalità è fortemente dominata dalle emozioni, dalla massa. Fischer in proposito cita Havel:” Le persone in mezzo alla folla non hanno voce!”. Il cittadino è divenuto soprattutto un consumatore, che desidera avere la migliore qualità ad un prezzo accessibile per acquistare beni di cui non ha bisogno.La ricetta per combattere questo insensato fenomeno è per Fischer quella di mettere al centro della politica l’uomo integrale capace di pensare in modo critico, che trova la forza direttrice nella sua interiorità, capace di tessere relazioni durature.

Il terzo relatore è Tomas Halik, presbitero ordinato clandestinamente durante la dittatura comunista, teologo, filosofo e psicologo di fama internazionale. La sua non è stata una lezione, ma un’appassionata testimonianza di come egli vive nella chiesa: condanna con franchezza i nostalgici del trionfalismo, auspica una chiesa che ritorni alla povertà delle origini, che non consegna una cultura, ma si incultura nel mondo cercando d’interpretare la realtà e i suoi rapporti col mondo, che non costruisce ghetti, ma abita le case degli uomini e rifiuta di avere un tempio a parte.

A queste tre fondamentali relazioni si sono aggiunti dibattiti in sede plenarie e per gruppi, momenti di preghiera, testimonianze.

Mi si permettano tre considerazioni personali: per costruire una polis e un’Europa che metta al centro l’uomo, i cristiani non devono pretendere di avere il monopolio della verità. Ci sono molti non credenti che ogni giorno danno prova di rettitudine!

Ho fatto sorridere qualcuno quando, nel mio intervento, ho detto che il primo “padre dell’Europa” non è stato Robert Schuman, ma un re hussita della Boemia, Giorgio Podriebad, vissuto nel XV° secolo, il quale lanciò l’idea di un’assemblea europea capace di ricucire le lacerazioni della cristianità e di restaurarne il vigore davanti al pericolo islamico. Niente di nuovo sotto il sole, dunque? No, il tentativo del re di Boemia era “contro” qualcuno, mentre oggi il processo d’integrazione iniziato da Schuman è “per” la pace, l’unità, la fratellanza, la solidarietà, la prosperità tra i popoli. Ieri il “nemico” da combattere era fuori dagli stati nazionali, oggi è dentro ai nostri paesi, come hanno dimostrato i tre relatori.

Mi è sembrato di cogliere un’atmosfera di “spiritualismo disincarnato”. Non voglio essere provocatorio. La preghiera per l’Europa è necessaria: è Gesù Risorto il signore del tempo, è Lui che conduce la storia, è Lui che illumina con il Suo spirito il cammino degli uomini, i cui tentativi devono essere portati davanti alla croce per essere giudicati, ma tutto questo non esenta i cristiani dalla responsabilità storica che deve essere affrontata con progetti concreti, con mediazioni fruttuose, soprattutto con competenza, frutto di profezia, di servizio del bene comune non mirato alla conservazione o conquista del potere, nel rispetto della laicità dello stato, senza arroganza nei confronti di chi professa idee diverse.

La crisi che l’Europa, la democrazia, i partiti stanno vivendo va risolta partendo da una ripresa di tensione morale e culturale che abbia nelle tre tappe della formazione, della partecipazione e della responsabilità il suo cammino.

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