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Società

MONDO FUTURO

GIOIA GENTILE - 23/11/2018

spazioLo speaker del TG cinese ci parla dal teleschermo in un inglese perfetto. Braccia aderenti al corpo, postura professionale, leggermente rigida, un aplomb molto british. Niente a che vedere con la disinvoltura gradevolmente aggressiva della Gruber prima maniera, né, per fortuna, con l’enfasi lagnosa di Giovanna Botteri. Ed è anche un bel ragazzo. Solo che non esiste, o, per meglio dire, è virtuale, come ci spiega la voce reale ( forse ) in sottofondo. Anzi, ad ascoltare attentamente, è lui stesso che lo dice: “ripeto quello che mi scrivono”.

Il millennial laureando in Scienza della comunicazione, a cui esprimo il mio stupore e la mia ammirazione, scuote la testa con l’aria di chi è già un passo avanti: “E’ solo l’involucro di un computer. Gli hanno dato un aspetto umano per renderlo più accattivante. Non si può parlare di intelligenza artificiale”. “Effettivamente…” ammetto, un po’ intimorita dalle conoscenze che il giovane dimostra in un settore per me in gran parte misterioso. “Però – continua – ci stanno provando. Hanno messo uno di fronte all’altro due computer in cui hanno inserito un dizionario ed hanno cominciato a farli discutere. E i due non solo hanno intavolato una discussione, ma hanno anche pronunciato parole che non comparivano nel dizionario. Dunque sono stati in grado di produrre qualcosa di nuovo. Il primo passo verso l’intelligenza artificiale”. Non so se ho riferito correttamente l’informazione, ma la sostanza era questa. Ed è qualcosa che mi inquieta e al tempo stesso mi affascina.

Quando penso a come vivevamo appena cinquant’anni fa – in ciò aiutata anche dai deliziosi Souvenirs di Annalisa Motta – mi sembra impossibile che in così poco tempo si siano verificati mutamenti tanto radicali. Tuttavia non sono una nostalgica dei bei tempi andati; sono convinta che una volta si vivesse molto peggio di oggi e non saprei rinunciare a tutti i vantaggi che il progresso tecnico-scientifico ci garantisce.

Ma è con un certo timore che mi chiedo: come si vivrà tra cent’anni?

L’umanità sarà riuscita ad inventare androidi intelligenti, efficienti e specializzati, in grado di sostituire gli esseri umani, come ipotizzano gli autori di fantascienza? Già ora si parla di auto che viaggiano senza autista, di ologrammi 3D che sostituiscono persone in carne ed ossa – e che a me richiamano alla mente solo i versi del Purgatorio dantesco: “tre volte dietro a lei le mani avvinsi / e tante mi tornai con esse al petto”. Fantasmi. Diventeremo (diventeranno) tutti fantasmi? Se ne staranno tutti rintanati davanti ad un PC per mandare a spasso il proprio ologramma? O, peggio, sarà il PC a decidere? Non voglio crederlo e non voglio nemmeno avviare un dibattito filosofico.

Voglio invece immaginare di rinascere tra cent’anni, per un solo giorno e sotto qualsiasi forma – purché in grado di intendere -, per vedere come sarà cambiato il mondo.

Mi piace pensare che non ci saranno più malattie incurabili, che le operazioni chirurgiche a distanza saranno una prassi consolidata, che la qualità di vita dei vecchi sarà eccellente, che i lavori usuranti saranno diventati leggeri, che la cultura sarà accessibile a tutti, che le persone avranno più tempo libero per incontrare gli amici e per scambiarsi abbracci reali. Insomma, che la scienza e la tecnologia non avranno preso il sopravvento sull’uomo, ma ne avranno ulteriormente migliorato l’esistenza.

E poi – lascatemi sognare – se rinascessi tra cent’anni mi piacerebbe poter viaggiare nello spazio come un turista qualsiasi. Vorrei guardare il pianeta azzurro dall’oblò di un’astronave e pensare che, tutto sommato, è stato bello viverci.

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