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Editoriale

DC 2.0

MASSIMO LODI - 07/12/2018

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Don Sturzo

L’anno prossimo, il centesimo dalla nascita del Partito popolare fondato da don Sturzo, potrebbe ricostituirsi una formazione d’iniziativa cattolica, ovviamente aggiornata alla contemporaneità. L’ha lasciato intendere, e ne ha raccontato qualche giorno fa “Repubblica”, il vescovo Gastone Simoni, chiamato nella diocesi di Prato a dibattere sul tema del “rinnovato impegno” della Chiesa e dei suoi fedeli nelle pieghe del presente storico.

L’idea è questa. Riunire una moltitudine di volonterosi -ex votanti di sinistra e di destra, scontenti d’estrazione varia e per ragioni differenti- a formare un rassemblement fedele ai valori cattolici che ricalchi in chiave organizzativa/moderna la vecchia Democrazia cristiana. Dunque e in sintesi: il disegno d’una Dc 2.0.

Qualcosa di fattibile? Soprattutto: di utile? I pareri divergono. Da una parte si sostiene l’improponibilità pratica dell’intento (cui peraltro guarderebbe con favore la Cei e perfino la segreteria di Stato del Vaticano) perché di complicata realizzazione, difficile da far comprendere, rischioso negli effetti: in caso di fallimento, il rimbalzo negativo causerebbe macrodanni. Dall’altra parte si incita al progetto, giudicato l’unico in grado di creare un argine davvero efficace al dilagante populismo. Darvi corso appare urgente, sia in vista delle elezioni europee sia a causa d’un possibile anticipo di quelle italiane.

Che dirne? Il disegno ha una sua fondatezza. Un suo fascino. I suoi condivisibili orizzonti. Con una specificazione. Non s’avverte l’opportunità d’una discesa in campo di militanti paraclericali sotto il loro vessillo, strategia destinata a rivelarsi perdente. E invece si coglie la necessità che siano interlocutori fondamentali, e se necessario guida, d’un movimento d’opinione trasversale, capace di tenere insieme l’universo antisfascista. Dunque una scelta laica nella quale trasfondere la testimonianza cristiana, come da consumata tradizione nazionale. Essa prosegue nel mondo vasto/prezioso dell’associazionismo, tanto che proprio uno dei suoi rami, chiamato “Gruppo Insieme”, potrebbe costituire l’embrione giuridico da sviluppare nell’eventuale nuovo partito.

Non manca il bacino elettorale potenzialmente disponibile a votare la Cosa Bianca, immagine che ne evoca il profilo centrista. Basti pensare agli umiliati di Forza Italia, ridottasi a essere gregaria di Salvini; ai delusi del Pd, basìti di fronte all’inconcludenza di antirenziani e renziani; ai pentiti del consenso dato a Lega e Cinquestelle, garanti d’un cambiamento già in ‘default’ prima di veder la luce; ai riluttanti alle urne, un esercito che, richiamato con successo alle armi, risulterebbe determinante per vincere la battaglia di conquista della Camera e del Senato.

Dunque non stiamo parlando d’un fantasioso assurdo. Di pretenziose ambizioni. Del sogno di pochi non concretizzabile dai tanti. Parliamo proprio del contrario: d’una possibilità pragmatica, forse/probabilmente l’unica, di uscire dalla paralisi in cui si trova la minoranza politica oggi rappresentata in Parlamento sostituendovi la maggioranza della società. Attraverso due semplici passaggi: l’allestimento di un serio partito moderato-riformatore, la proposta di valutarlo offerta al democratico giudizio degl’italiani. Se non ora, quando?

Ps

L’eventuale Dc 2.0 avrà tra gli alleati il visibile o invisibile Pdr, il Partito di Renzi 1.0. Prevedibilmente schierato dal gennaio venturo, forse col suo nome o forse dietro le sigle dei comitati civici di prossima fondazione

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