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Zic & Zac

“NOMINE REGIE”

MARCO ZACCHERA - 07/12/2018

Di Maio padre

Di Maio padre

Non trovo giusto addebitare ai figli che fanno politica le colpe dei padri (e viceversa) anche se c’è una profonda differenza se si utilizza o meno il ruolo del figlio per gli interessi propri o se invece nulla poteva far presagire i successi della prole e quindi gli impicci erano organizzati o vissuti “a prescindere” rispetto alla politica.

Neppure il discusso padre di Di Maio avrebbe potuto infatti immaginare la folgorante carriera del figlio, ma questo – per esempio – non si può dire per le famiglie Boschi & Renzi con le loro consolidate relazioni e gli investimenti ben intrecciati da sempre con la finanza e il Pd toscano che in quella zona d’Italia da decenni rappresenta il potere.

Vero che – come è avvenuto trasversalmente per tanti leader nel mondo e recentemente con Berlusconi come con Bossi – spesso intorno al leader si crea un vero e proprio “cerchio magico” di amici o pseudo tali che pensano soprattutto ai propri affari isolando il leader dall’umana realtà.

Non è quindi colpa di Di Maio se suo padre avesse un po’ di “nero” in azienda (chi è senza peccato in materia in Italia alzi la mano) ma guardiamo piuttosto al valore delle persone: Di Maio vale il suo ruolo?

Ho dubbi, molti dubbi in proposito, ma sicuramente non ha i numeri ad interpretare il ruolo – per esempio – la sottosegretaria all’Economia (!!) Laura Castelli (M5S) che appare assolutamente digiuna di preparazione tecnica e che nel suo curriculum può vantare solo una laurea triennale e nessuna esperienza di gestione della cosa pubblica.

A voler ben vedere in Italia ci sarebbero decine di migliaia di persone laureate in economia o finanza, banchieri od anche solo modesti bancari ben più tecnicamente valide di lei, già ex hostess allo stadio San Paolo di Napoli, che sembra diventato una fucina di talenti politici. Ma possibile che i grillini non abbiano trovato di meglio per un posto così delicato? In fondo sono anche queste le cose che preoccupano le Borse.

A riflettere su queste scelte appare evidente che siano diretta conseguenza di uno sciagurato sistema elettorale di “nomina regia” basato non sulle effettive capacità ma troppo spesso legate al grado di fedeltà rispetto a chi ha il potere di decidere le liste.

Riflettiamo: per diventare un libero professionista devi avere una laurea, svolgere anni di praticantato ed infine superare un esame di stato mentre puoi diventare sottosegretaria all’economia solo perché conterranea di Di Maio.

Risulta difficile spiegare queste cose a Bruxelles, ma è evidente che poi – a cominciare dai dibattiti televisivi – la autopromossa onorevole Castelli inciampi perfino sul significato di spread.

Ma non è solo lei, è l’intera classe politica italiana che si è progressivamente deteriorata, che non ha più esperienza ed una scala di valori alle spalle oppure quei titoli di preparazione, militanza, impegno magari ultradecennale che contraddistingueva la politica della Prima Repubblica e – man mano a scalare – della seconda.

I risultati sono sotto gli occhi, ma visto che questo sistema elettorale va bene ai leader difficile che verrà cambiato, anzi, sembra che essere ignoranti (voce del verbo ignorare) sia assolutamente utile, contando di più i sorrisi e i “signorsì”.

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