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ROMITE AMBROSIANE - 21/12/2018

nativita“Siamo anche autorizzati a pensare” così ha ripetuto il nostro Arcivescovo nel discorso alla città di Milano ai dotti e agli intelligenti; con quell’ “anche” – troppo umile per essere polemico, troppo chiaro per non essere pungente – certamente ha esteso l’autorizzazione a pensare anche a ogni ambito della vita e, perché no, anche al Natale. Non siamo forse autorizzati a pensare davanti al Bambino di Betlemme? E non certo per un rigurgito di illuminismo che, con la scusa di cancellare ogni favola e far trionfare la luce della ragione, ha reso l’uomo orfano di ogni certezza, individuo solitario incapace di fiducia se non (forse) in se stesso. No, siamo autorizzati a pensare, meglio, siamo invitati a pensare dalla Tutta Santa che custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore (Lc 2, 19). Vedeva Maria, ascoltava Maria e pensava. Anche i pastori ascoltarono l’annuncio degli Angeli, si misero in cammino per vedere e condivisero quanto era stato loro rivelato. C’è un segno, c’è un annuncio, c’è un condividere domande e verità così che l’incontro divenga più profondo e stabile di un’emozione – per quanto bella e forte – e giorno dopo giorno interroghi il vissuto, lo interpreti, allargando l’orizzonte.

Davanti al Presepio quante emozioni! Ci sono i ricordi di infanzia gustati gelosamente o rimpianti o relegati rabbiosamente nell’angolo dell’irreale; c’è il pranzo in compagnia, il buon panettone o la solitudine; c’è la messa di mezzanotte comandata dalla tradizione, sfilata di moda aspettando una calda grolla o attesa colmata di parole e canti che rinsaldano la fiducia in quella Gloria affacciatasi dal cielo per aprire la via della pace … eppure siamo anche autorizzati a pensare, e Maria ci suggerisce che per pensare occorre custodire: a Natale e sempre dobbiamo custodire la verità di un segno, la verità umile di un segno che non risolve tutti i problemi, che non illumina di sé tutte le tenebre se non come l’aurora che annuncia il sorgere del sole. Pensare è anche continuare a credere nell’umile verità di un segno quando tutto dice il contrario e quando la forza di tanti rumori vuole negarci l’autorizzazione ad immaginare che un’altra realtà è possibile, anzi, ci è data, nell’umile verità di un segno.

Maria ci suggerisce poi che pensare è tessere legami, confrontare la realtà con quell’umile segno per scoprire giorno dopo giorno che quel segno ritorna come umile verità che illumina tante cose, come la trama del tessuto della nostra vita. Sì, ma occorre pensare, occorre il silenzio, occorre la tenacia dell’amore. Sì, perché per pensare occorre amare, occorre essere rivolti oltre se stessi, oltre l’appagamento del proprio sentire e del proprio io, occorre accogliere e nutrire di sé (della propria intelligenza, dei propri sentimenti, delle proprie esperienze) la verità anche di un umile segno, un po’ come una madre nutre di sé il suo bimbo in grembo per donarlo al mondo, per donargli il mondo. E Maria pensava, e anche non capiva. Perché pensare non è difendere una certezza, ma domandare in ogni incontro, ma cercare oltre l’evidenza e attendere oltre l’immediato, ma sperare per tutti e con tutti. Pensare non perché c’è una verità che si impone, ma pensare davanti a una promessa che attende il compimento, a una speranza da edificare. Pensare e camminare insieme per tessere significati e racconti per indicarsi l’un l’altro quanto ancora non si vede, per ridirsi ciò che la quotidianità nasconde, per superare ostacoli costruendo ponti.

Ed ecco a Natale è proprio il Dio che si fa bambino impotente e di tutto bisognoso, infante incapace di parole, è l’umiltà di Dio ad autorizzarci a pensare. Lui dice nel suo silenzio: sono qui per te, per voi, per tutti; umile segno di qualcosa di nuovo che nasce nel mondo, qualcosa da custodire, da mischiare alla nostra quotidianità come il lievito che tutto fermenta, come una fiducia nel cuore che cambia lo sguardo, come una domanda che scuote il già conosciuto, come un desiderio che apre orizzonti di bene da costruire. Lui c’è, umile segno e ci autorizza a pensare, pensare nel suo amore la vita ed il mondo, pensare Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama (Lc 2, 14). E sarà ancora tutto uguale? Forse no, se con “pensoso palpito” abbracciamo Cristo, “astro incarnato nell’umane tenebre” (G. Ungaretti, Mio fiume anche tu).

 

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