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Souvenir

A OCCHI APERTI

ANNALISA MOTTA - 21/12/2018

regaliQuando a portare i doni era Gesù Bambino, nella notte più splendente dell’anno tutto prendeva un colore e un profumo diverso. Avevamo preparato il presepio sopra al camino, con le vecchie statuine di gesso sbreccate, qualche new entry in plastica e tanta carta stellata; l’albero con i festoni e le palle di vetro soffiato (e che disdetta, ne perdevi ogni volta qualcuna, scivolata a terra in frammenti luccicanti e leggeri!); sistemati i biscotti e il bicchiere di vino per l’asinello di Gesù, sul tavolino in mezzo al tappeto; chiusa ben bene la porta del soggiorno per non disturbarlo. Si andava a letto con trepidazione, tutti eccitati, controllando che le tapparelle fossero abbassate e le coperte tirate fin sopra la testa, perché nessuno scoprisse che in realtà non dormivamo affatto.

“Ai bambini che restano svegli, niente regali!”: e così si bisbigliava piano piano da un lettino all’altro, immobili, gli occhi chiusi e le orecchie tese a cogliere un fruscio, un suono, uno scalpiccio estraneo. I consueti rumori della sera, l’acqua che correva in bagno, le due mandate alla porta d’ingresso, le ciabatte del papà, il chiacchiericcio smorzato della mamma, sembravano carichi anch’essi di attesa e mistero.

Ma il sonno arrivava a tradimento, nonostante i coraggiosi propositi, e solo all’alba tornava l’eccitazione dell’attesa. Tradizione voleva che ci si mettesse la vestaglietta, si andasse a svegliare i genitori ancora a letto, e si facesse colazione coi biscotti di Natale, mentre noi fremevamo e saltellavamo per la cucina: “Andiamo? È ora? Apriamo la porta?”.

Poi tutti e quattro, piano piano, si apriva il soggiorno e si sbirciava nella semioscurità, per capire se i regali c’erano davvero, mentre tenevamo dietro la schiena i nostri pacchettini per mamma e papà, aspettando che si alzassero le tapparelle per dare il via alla festa. Che magia, poi, quello scartare e disfare pacchi misteriosi, sciogliere nastri, tagliare cordicelle, temporeggiando perché la sorpresa finisse il più tardi possibile; e guardare i regali degli altri, e tradurre i bigliettini pasticciati preparati per i genitori, e raccontare il come e il perché di ogni scelta e di ogni lavoretto, e tirar su col naso per la commozione, e scambiarsi baci e coccole come al ritorno da un lungo viaggio…

E mai, che mi ricordi, si rimaneva delusi dalle scelte del Bambin Gesù, che dei nostri desideri riusciva sempre a cogliere il cuore: poter essere tutti insieme, e toccare con mano il bene che ci si voleva, fatto giocattolo, letterina, disegno, poesia, abbraccio.

Proprio come il Dio fatto Bambino.

Buon Natale!

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