Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

SALUTO A GIORGIO

PAOLO CREMONESI - 11/01/2019

beghiC’era tanta gente, nella parrocchia di Casbeno, ai funerali di Giorgio Beghi. Familiari, parenti, amici, colleghi di lavoro. Classe 1927, ingegnere, nato a Piacenza. Figli (quattro), nipoti (dodici), bisnipoti (quattro).

Sposato con Carla Falchetto, varesino d’adozione, una ventina d’anni di trasferta a Milano, ha speso la gran parte della carriera professionale all’Euratom di Ispra.

Una vita che ha attraversato il ventesimo secolo. Di quegli italiani che hanno fatto rinascere il Paese dopo le devastazioni della Seconda guerra Mondiale. Il rifiuto del fascismo e di ogni autoritarismo, un sincero amore per la democrazia, la netta scelta per l’Europa, il valore della dottrina sociale cattolica sono alcuni dei paragrafi della sua carta d’ identità.

De Gasperi, Schuman, Dossetti, Montini, Adenauer, La Pira, Mazzolari. È lungo l’elenco degli autori, oggi spesso colpevolmente dimenticati, che sono stati punti di riferimento per una intera generazione formatasi all’interno dell’Azione cattolica. Con Frassati la passione per la montagna nell’amata Val d’Aosta. De Lubac, Rahner, Danielou, Carretto per tradurre laicamente gli insegnamenti del Concilio Vaticano II.

Proprio durante uno dei suoi viaggi in Francia, Giorgio Beghi conosce un movimento: L’Equipe Notre Dame. È tra i primi con la moglie a esportarlo in Italia. Paolo Vl, in un discorso molto bello del 1970, conferma l’intuizione fondamentale che è alla base della formazione delle prime équipes: l’amore umano è via di santità; la coppia, immagine privilegiata del suo Creatore, unita nel sacramento del matrimonio, è il “volto gioioso e dolce della Chiesa”. Per questo ha una sua propria vocazione nel mondo.

Nel terso pomeriggio che solo questi inverni varesini riescono a regalare, si scaglia imponente sul cimitero il profilo del Monte Rosa. Colpisce l’imponenza ma anche la sua solitudine nel declinare delle Prealpi verso il lago. Sembra la stessa imponenza e la stessa solitudine di queste figure che oggi accompagniamo al camposanto verso la nuova vita. Di una generazione di solidi principi e rigore morale, di preghiera e azione. E che, se paragonata al momento presente, sembra essere vissuta in secoli lontani.

“Vengo dai ruderi, dalle chiese, dalle pale d’altare, dai borghi abbandonati sugli Appennini o le Prealpi, dove sono vissuti i fratelli” recitava Pasolini in Scritti Corsari: “Guardo i crepuscoli, le mattine su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo, come i primi atti della Dopostoria, cui io assisto, per privilegio d’anagrafe, dall’orlo estremo di qualche età sepolta”.

È vero: siamo già in piena Dopostoria. E guardando intorno ci si domanda: chi è in grado di raccogliere l’eredita’ di quella generazione?

Ma non è neppure giusto dire così. Cristo è lo stesso, ieri, oggi, sempre. L’identica passione che ha animato Giorgio si incarna oggi in forme diverse, lo stesso impeto in differenti compagnie. Magari non con il rigore, la pacata saggezza, la tempra spirituale che di lui invidiamo. Forse in amicizie più libere e scanzonate ma animate da quella stessa ‘novità’ che Giorgio colse in quella ‘strana’ esperienza ecclesiale che i suoi figli avevano incontrato al liceo. E la cui frequentazione non ostacolò proprio in nome di quella novità. Così uguale ma anche così diversa. Che continua per sempre anche dopo la morte.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login