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Parole

SHOAH

MARGHERITA GIROMINI - 18/01/2019

leviSi avvicina il Giorno della Memoria 2019.

A 74 anni dall’apertura dei cancelli di Auschwitz, era il 27 gennaio del 1945, è sempre doloroso guardare indietro e ricordare.

Difficile trovare le parole giuste per “fare memoria” con i giovani, i ragazzi e soprattutto i bambini. La storia della Shoah conserva nella mente di ciascuno zone d’ombra inesplorate, e rende particolarmente ingrato il compito di rispondere alla domanda centrale che ci arriva dalle giovani generazioni: “Perché?”

Mi servo di alcune riflessioni di Gabriel Levi, psichiatra dell’età evolutiva nonché portatore di un cognome che da solo racconta la storia di un popolo il cui passato e presente si fondono con quello dell’intera umanità.

In un’intervista Levi analizza le domande che gli educatori più sensibili si pongono. Dopo la catastrofe universale della Shoah, è possibile guardare serenamente dentro il cuore dell’uomo che ha potuto ospitare tanta malvagità? Siamo autorizzati a dichiararci, noi, “buoni” e immuni dal virus del male?

Levi non fornisce risposte consolatorie: quelle domande devono restare tali e mostrare la loro duplicità: ogni quesito sulla Shoah si pone “tanto inquietante quanto fiducioso”.

E inoltre: si può o si deve parlare della Shoah nelle scuole?

Sì può e si deve. Perché una persona senza memoria non è una persona.

Già nei primi anni di vita il bambino dà forma alla struttura della memoria e ai ricordi.

Esiste poi, nel discorso sulla Shoah, il tema della memoria collettiva, che è fondante di un gruppo o di una nazione e, tramite il confronto con gli altri e con le loro vicende, attiva il processo di rappacificazione necessario a qualunque idea di futuro.

Però vanno cercate le parole giuste ma soprattutto le esperienze giuste.

Leggere un libro, studiare una poesia, ragionare sulle vicende dell’oggi.

Non solo testi come “Se questo è un uomo” di Primo Levi ci possono condurre alla conoscenza attiva della Shoah.

Un libro come “I ragazzi della via Paal” che racconta la “guerra” tra due bande di ragazzini per il possesso di uno spazio dove giocare, dove Nemecsek, il ragazzino più piccolo, subisce e infine soccombe alle violenze delle due bande, è un esempio concreto che porta a comprendere la logica dei gruppi al cui interno si esercita la violenza sui più deboli. È un racconto per bambini che allo stesso tempo si fa “profezia” di ciò che sarebbe accaduto pochi anni più tardi.

Un discorso critico sulla Shoah si può affrontare più direttamente nell’età dell’adolescenza ma evitando di considerarlo un tema isolato. Le violenze della Shoah diventano più leggibili se confrontate con i fenomeni di gruppo e delle bande di oggi: dalle degenerazioni dello sport da curva sud alle persecuzioni dei soggetti fragili da parte di ragazzi “normali”.

Con gli studenti più grandi ci sono svariati modi per proporre tali temi.

I ragazzi dell’Isis Newton di Varese si preparano a una Maratona della Memoria: leggeranno poesie, brani meno conosciuti di vittime dei lager nazisti, stralci di lettere di Calogero Marrone dal carcere di San Vittore e da Bolzano, lungo la via per Dachau. Quando scrisse alla famiglia che il suo peregrinare da un carcere all’altro era la sua personale Via Crucis ma accettava il suo destino come conseguenza delle sue libere azioni.

Andrea Minidio, professore del locale Liceo Artistico, con il gruppo teatrale della scuola metterà in scena alcune pagine del libro “Vita e destino”, dell’ebreo russo Vasilij Grossman, che varcò i cancelli di Auschwitz come corrispondente dell’Armata Rossa e si trovò di fronte all’orrore indicibile delle migliaia di morti innocenti.

Siamo certi che i ragazzi non dimenticheranno tanto presto la lezione sulla Shoah ricevuta sui banchi di scuola.

Maratona della Memoria, 26 gennaio, dalle 9 alle 12, in via Marrone a Varese.

“Viktor caro”, spettacolo a ingresso libero, Teatro Santuccio di Varese, ore 17.30 del 26 gennaio.

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