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Cultura

L’ULTIMO JUNG

LIVIO GHIRINGHELLI - 25/01/2019

jungNel 1944 lo psichiatra Carl Gustav Jung (1875-1961) pubblica Psicologia e alchimia vedendo negli alchimisti i precursori della psicologia del profondo. Nel simbolismo della coniunctio e in quello della trasmutabilità degli elementi (concetti guida dell’opus alchemicum) c’è lo stesso simbolismo del processo di individuazione.

Nel 1946 esce Psicologia del transfert. Il simbolismo alchemico esprime le fasi del rapporto tra paziente ed analista. La relazione duale (paziente-analista) è posta a fondamento del processo di individuazione. Del 1945 è L’io e l’inconscio, che affronta il divenire della personalità come problematica dei contrari. Psicologia della religione (1940) attesta il suo radicato interesse per l’esperienza religiosa quale esperienza soggettiva del divino. Questo è inteso come il numinosum di Otto (energia che afferra e domina il soggetto indipendentemente dalla sua volontà, identificato con l’inconscio nella sua incoerenza distruttrice (aspetto demoniaco) e nell’aspetto logico (progetto coerente alla realizzazione del sé).

Risposta a Giobbe (1952) affronta il rapporto diretto tra la coscienza morale dell’uomo e l’arbitrarietà e l’incoscienza di Dio. All’uomo il compito di trasformare Dio. Jung si spegne a Küssnacht, lago di Zurigo, nel 1961.

Jung distingue nella psiche tre strati: la coscienza; l’incosciente personale; l’incosciente collettivo, che è un patrimonio ereditario di possibilità interpretative, non individuale, ma comune a tutti gli uomini, vera e propria base dell’anima individuale.

C’è una perfetta analogia tra questo organismo psichico (l’inconscio collettivo) e il corpo, che nei suoi caratteri essenziali è il corpo umano in generale. L’inconscio collettivo consiste di motivi e immagini mitologici, tutta la mitologia è una specie di proiezione dell’incosciente collettivo, che si può studiare in due maniere, o nella mitologia, o nell’analisi dell’individuo.

Le condizioni ambientali psicologiche lasciano le medesime tracce mitiche. L’incosciente, come complesso di tutti gli archetipi, è il deposito di tutte le esperienze umane fino ai più oscuri primordi, non un deposito morto, né un desolato campo di ruderi. L’inconscio individuale corrisponde all’insieme delle esperienze personali rimosse, quello collettivo ricorda il carattere impersonale dell’Es freudiano, peraltro con una forte notazione vitalistica, in quanto congiunge l’individuo anche con l’intero mondo animale.

Ogni individuo è unico nei tratti somatici, però sul fondamento di una anatomia e fisiologia comuni a tutti gli uomini, di strutture biologiche che lo collegano a tutti i viventi. La psicologia analitica, col suo nuovo approccio terapeutico, è intesa a ricomporre la frattura fra individuo e inconscio collettivo.

Il processo ideale di individuazione culmina nel sé. Se è vero comunque che gli archetipi, col loro carattere universale e ubiquo, potenziano l’individuo, va però riconosciuto che al contempo rischiano di annientarlo, risucchiandolo nel loro anonimato. “Il nostro spirito, che pure nel suo sviluppo ha sorpassato apparentemente quelle tendenze arcaiche istintive, porta ancora i segni caratteristici dell’evoluzione percorsa e ripete il remoto passato almeno nei sogni e nelle fantasie” (Simboli della trasformazione, 1911).

L’archetipo della psicologia è nella forma a priori, analoga alle categorie kantiane, stampo vuoto in grado di organizzare l’esperienza e di ordinare le rappresentazioni (Riflessioni teoriche sull’essenza della psiche, 1947). I dati forniti dall’esistenza individuale assumono tuttavia all’interno dell’archetipo della psicologia un carattere mitico e “numinoso”, di rivelazione di qualcosa di immenso, divino o demoniaco che sia. Si aprono così spiragli di premonizione ed emozione, si mobilitano nello stesso tempo pensieri e sentimenti. Vedansi le opere d’arte e i “grandi sogni”. “Ogni relazione con l’archetipo, vissuta o semplicemente espressa, è “commovente”, sprigionando in noi una voce più potente della nostra.

Colui che parla con immagini primordiali è come se parlasse con mille voci; egli afferra e domina e al tempo stesso eleva ciò che ha designato dallo stato di caducità alla sfera delle cose eterne; egli innalza il destino personale a destino dell’umanità e al tempo stesso libera in noi tutte quelle forze soccorritrici, che sempre hanno reso possibile all’umanità di sfuggire ad ogni pericolo e di sopravvivere persino nelle notti più lunghe “ (Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna, 1932).

L’inconscio collettivo non è né represso, né dimenticato, costituisce l’orizzonte di fondo di tutto ciò che l’uomo ha pensato. L’arte, che schiude attraverso i suoi simboli l’accesso alle fonti più profonde della vita, è il tramite tra la coscienza individuale e gli archetipi.

Dobbiamo a Jung l’esigenza di fondare nell’uomo le radici affettive di una nuova immagine di sé, che superi il limite della particolarità egoica, per abbracciare il divenire storico e sociale dell’umanità.

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