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Attualità

REPUBBLICA DEI DISSERVIZI

CESARE CHIERICATI - 01/02/2019

stazioneDue episodi, fra i tanti che quotidianamente si presentano, di ordinaria accidia amministrativa, disprezzo degli utenti e avvilente pressapochismo. Facciamone un rapido riepilogo. Il più fresco, locale, arriva da una lettera, brillante nelle forma e desolante nelle sostanza, indirizzata nei giorni scorsi da un avvocato di Azzate a Varesenews e dal titolo emblematico: “Un viaggio da incubo nella stazione che non c’è”. L’avventurato legale, malgrado tutto appassionato di mezzi pubblici, avendo impegni professionali a Varese, Cantello e Como ha pensato bene di avvalersi della neonata Arcisate –Stabio, frutto di un parto peraltro travagliatissimo come tutti dovrebbero ricordare e una prima infanzia per ora piuttosto infelice scandita da ritardi e guasti ricorrenti, con le stazioni già piegate dall’incuria, da beceri vandalismi e per giunta prive di servizi di biglietteria. È il caso di Gaggiolo, stazione internazionale di confine con la Svizzera dove, scrive l’avvocato, la “biglietteria è chiusa, sbarrata… gli erogatori automatici non esistono mentre al contrario le macchinette obliteratrici sono ovunque”.

Di fronte a tale deserto, il viaggiatore azzatese si affida alle mitiche e miracolose app. di Trenord e Trenitalia che rispondono all’unisono con una sentenza capitale: “biglietto non acquistabile”. A questo punto qualsiasi altro avrebbe gettato la spugna rimandando gli impegni e si sarebbe rifugiato in un tentativo di autostop stile anni ’70. Invece che fa il tenace utente? Dopo aver constatato che anche l’ufficio doganale, da cui anelava assistenza è sbarrato punta su un piccolo bar affacciato al piazzale del supermercato di fronte alla stazione dove una imbarazzata fanciulla gli stampa un biglietto per Como a 23 euro, una follia frutto del fatto che la tariffa impostata nel sistema è per la tratta via Gallarate (118 km!) e non via Chiasso come buon senso vorrebbe. A questo punto decide di trasgredire e sale sul primo convoglio in transito diretto a Como facendo il biglietto direttamente dal capotreno: 5 euro e 40 centesimi. Memorabile la chiusa della lettera: “Spero ci invadano e che facciano presto”. Gli svizzeri naturalmente.

Ancor più ustionante nella sua drammaticità al limite del dramma è quanto accaduto a fine gennaio nel Tribunale di Milano. Un giovane legale 31 enne è volato giù dal quarto al terzo piano rimediando fratture e traumi in serie. La sua colpa? Essersi appoggiato al parapetto che ha ceduto rovinosamente. Una conseguenza probabilmente della sua scarsa conoscenza del monumentale edificio perché, riferiscono le cronache, i parapetti e le balaustre (1 km in tutto) sono sotto “attenta” osservazione dal 2015. Dossier, foto, filmati e selfie – immaginiamo – più una lettera del 28 novembre dei vertici togati al ministero in cui si parlava esplicitamente di “potenziale rischio”. Come da collaudato copione nessuna risposta e nessun intervento. Poi nei giorni seguenti, a tragedia sfiorata, la visita trafelata del ministro della giustizia Alfonso Bonafede che dichiara lapidario: Sono qui per manifestare la vicinanza dello Stato a chi lavora o entra qui in condizioni che ne mettono in pericolo l’incolumità…è incettabile che una persona subisca un incidente semplicemente perché si appoggia a un parapetto”.

Giustissimo, ma quante volte nei decenni passati e nel presente, coi governi di tutti i colori possibili, ci sono state tragedie evitabili. Le più fresche nella memoria collettiva sono il deragliamento di Pioltello, la caduta del ponte di Annone e del ponte Morandi, la serie ininterrotta di alluvioni in parte ascrivibili ai mutamenti climatici ma anche – e tanto- all’incuria nelle manutenzioni di alvei a argini in un ginepraio senza fine di competenze in conflitto tra Ministeri, Regioni, Province (semi spogliate di risorse) Comuni e Parchi sparsi sul territorio nazionale. Che rabbia dopo gli incendi del Campo dei Fiori e della Martica sentire proclamare verità lapalissiane del tipo: “servono i sentieri tagliafuoco” per limitare e contenere le fiamme. Per farli servono soldi, mezzi, uomini e precise scelte politiche a tutela del territorio. A priori e non, come quasi sempre, quando la frittata è già cotta in padella.

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