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Editoriale

CANDELA

MASSIMO LODI - 08/02/2019

calendaNel Pd qualcuno si alza di tanto in tanto a dire che non esistono più destra e sinistra. Sopravvivono valori da difendere, controvalori da avversare. Finita lì. Bene, benissimo: però quando la stessa cosa la dice un altro non ortodosso alla Casa, fioriscono le obiezioni, i distinguo, la diffidenza. Il caso Calenda sembra esemplare. L’ex ministro dello Sviluppo economico, che bene operò nell’eccellente governo Gentiloni, lavora a un progetto d’intrigante ovvietà, seguendo il solco d’analoghe operazioni in corso nel resto dell’Ue minacciata dal sovranismo. Ha scritto un manifesto a favore dell’unità europea, indicato otto (8) punti programmatici per perseguirla tramite una lista nazionale, chiesto l’adesione di chiunque sia disponibile a starci.

Non è una politica contro. Contro Salvini, contro Di Maio, contro la Le Pen, contro Orban. È una politica a favore. A favore degl’ideali, e della pratica, di liberalismo, accoglienza, integrazione, progresso. Di un futuro che offra lavoro invece d’assistenza, sicurezza invece d’isteria, sobrietà invece di fanfaronate. Eccetera. Ovvero tutto l’opposto di quanto prevede, annunzia, ripete il populismo di cui già importanti danni sono stati certificati da Trieste a Lampedusa. Ignari di ciò, o tali fingendosi, i critici di Calenda lo sprezzano perché nemico dei meno abbienti, dei residuali della classe operaia, di quelli che hanno poco e rischiano di non avere più nulla. Come se il pragmatico e competente rilancio economico non andasse a beneficio di tutti anziché solo a vantaggio d’una cerchia di privilegiati.

Anche in molti del Pd, sorpresi che dio non li abbia ancora chiamati al telefono, alligna questo convincimento: Calenda non è in armonia con lo storico sentire della “post ditta”, causa l’ingombrante evidenza del suo marchio borghese. Guai a lui. E allora gli mettono i bastoni tra le ruote, anziché unirglisi nell’impresa (titanica) di recupero dei consensi perduti. In sintesi: tanto chiacchierare sulla necessità di stare uniti, nessuno spirito pratico nel porsi al servizio dell’obiettivo. Per rancori personali, giochi di corrente (siamo ancora alle correnti), abissi d’irrealismo. Forse, prima delle elezioni europee, è ancora possibile un sussulto di ragionevolezza, forse la tensione al suicidio continuerà a prevalere. Come ha prevalso da molti anni a questa parte, sicut docent D’Alema, Bersani, Speranza e via elencando. La loro avversione preconcetta, e spesso livida, verso Renzi è costata ai democrats una spaventosa emorragia di voti.

Calenda meriterebbe di poter fare squadra. È l’unico che offre, sul versante minoritario del mercato elettorale, praticità, entusiasmo, lungimiranza. Ha le idee chiare, e non persegue disegni oscuri. Non dovendo chiedere nulla per sé, può chiedere il massimo per gli altri. Che cosa impedisce a persone di buonsenso di allearvisi, creando, se non un fronte repubblicano, almeno una frontiera politica difendibile dall’assalto dell’estremismo dilettantesco di cui ogni giorno si registrano le nefaste incursioni? Diceva Einstein: è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. Ma Einstein non va di moda, nell’epoca della decrescita geniale. Ergo: varrebbe la pena d’adeguarsi con umiltà agli umori del tempo, e non rifiutare l’unica opzione intellegibile. O perfino intelligente.

Ps

Avrete notato che l’anagramma di Calenda è candela. Confucio avvisò: è molto più importante accendere una piccola candela che maledire l’oscurità. Ah, l’antica e imperitura saggezza della filosofia cinese, ignota al maggior partito di opposizione.

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