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Politica

GRADO ZERO

EDOARDO ZIN - 08/02/2019

???????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????Non nascondo di essere infastidito dalla distruzione dello stato di diritto quotidianamente operata da questo governo. Da quando in qua un sottosegretario in carica chiede all’opposizione di riferire in aula sui bilanci dei governi precedenti? Da quando in qua un vice-presidente del Consiglio e ministro degli Interni detta la politica estera del paese, quella dei trasporti, quella del lavoro? Capisco: sono inesperti, giovani, alle prime armi, ma sono pure presuntuosi perché l’ignoranza più grande non è non sapere, ma avere la presunzione di conoscere.

E sono pure nauseato dalle parole date in pasto agli italiani. È intollerabile che il ministro ai trasporti dichiari: “Gli yacht non possono salvare naufraghi perché sono imbarcazioni da diporto”, dimenticando che legge fondamentale del mare è quella di salvare sempre e ovunque i naufraghi, così come hanno fatto per anni i nostri pescatori con i loro pescherecci. Povero ministro, che tenta di difendersi in televisione dal “lapsus” per aver confuso un tunnel con valico o passante! Sembra che non abbia mai aperto un testo di geografia o percorso la tratta ferroviaria Verona – Innsbruck! Forse pensa di potersi sedere di fronte a chiunque per discutere di politica dei trasporti e di sedurre il suo interlocutore con frasi imparaticce così come ha sedotto una parte inetta e rancorosa degli elettori.

Come pure sono tediato dalla dichiarazione di un vice-presidente del Consiglio che dichiara: ”Il 2019 sarà l’anno del boom economico”, salvo ad essere smentito il giorno dopo dal suo collega delle finanze che afferma: “Siamo in recessione tecnica”. Come se non bastasse, il giorno successivo il Presidente del Consiglio smentisce il ministro:” Il 2019 sarà un anno bellissimo!”. Ma in che paese siamo? Come è possibile che nello stesso governo ci siano tre posizioni diverse! Ci si può fidare di simili personaggi?

Siamo in pieno caos democratico dove la collegialità viene proclamata solo per autodenunciarsi – novelli eroi – come eventuali colpevoli in massa di un atto compiuto da uno dei due dioscuri indagato per sequestro di persona, in attesa di un voto d’autorizzazione a procedere da parte del tribunale dei Ministri. La collegialità di un governo si esprime nelle decisioni prese in comune durante il consiglio di ministri. In caso contrario, i ministri diventano correi di un atto compiuto da un loro collega: come ai tempi di un altro Presidente c’era sempre pronto un deputato avvocato a difenderlo, ora c’è una collega ministro pronta, in punta di diritto, a tutelare l’indagato. Sono gli stessi che pretendevano processi sommari, dimenticando che in uno stato di diritto spetta alla magistratura pronunciare verdetti “in nome del Popolo italiano”.

Sono divisi in tutto e per tutto: su sicurezza, corruzione, reddito di cittadinanza, Tav, eppure continuano a governare assieme. Siamo al grado zero di una democrazia parlamentare. Nella cosiddetta “prima Repubblica”, i governi cadevano quando un ministro, esponente di un partito, non era d’accordo su un provvedimento da prendere. Occupano sedie che non sono in grado di occupare, sono pagati lautamente per un lavoro che non sono in grado di compiere e allora continuano a promettere, a rinviare, ad autoassolversi.

E che dire del ministro degli Interni che, indossando divise da poliziotto col grado di capitano – reato punito dall’articolo 498 del codice penale – entra in Montecitorio gridando: ”La pacchia è finita!”, denunciando la mafia che regna nel CARA di Mineo senza al contempo ricordare quella che domina tutto il paese?

E che dire della ineffabile ministra della Difesa che, non sapendo come rispondere ad una domanda alla quale si deve rispondere evangelicamente con un “sì” o con un “no”, sorridendo e, irridendo chi la vede e l’ascolta, così si esprime: “L’ottimismo è il sapore della vita!”, come se a uno studentello io chiedessi: ”La prima guerra d’indipendenza è scoppiata nel 1848 o nel 1939? ” e lui, non sapendo che pesci pigliare, si sottraesse alla risposta con: ”Suvvia, prof, che importanza ha? L’importante è vivere!”.

La stampa estera continua a dileggiare noi italiani dopo aver saputo del colloquio privato tra il Presidente Conte e la cancelliera Merkel. Come è possibile che un Presidente del Consiglio, proposto dai 5 Stelle, avvisti nel calo elettorale di questo partito la ragione dell’avanzata della Lega e si compiaccia di questo tracollo per giustificare il suo atteggiamento simile a quello del manzoniano Don Abbondio, che si sentiva un vaso di coccio fra due di ferro?

L’attuale governo doveva essere quello del cambiamento. Sì, lo è: sta cambiando le regole del gioco democratico “in nome del popolo che ci ha votato”. Siamo alla fine di un sistema. Questo è l’epilogo di una politica ridotta a comunicazione, in cui manca una strategia comune, incapace di comprendere i reali problemi del paese che i nostri governanti riducono al fenomeno migratorio, mentre l’economia stagna, i posti di lavoro aumentano, ma sono precari, e il governo non è capace di affrontare tali difficoltà e di affrontarle in una visione unitaria.

Attorno a noi il mondo sta cambiando e l’Italia rischia l’isolamento stretta tra la morsa degli USA e della Cina, in mezzo ad una guerra “a segmenti” che invade il pianeta. Mentre in Venezuela il leader dell’opposizione a un populismo agonizzante riceve la solidarietà della maggior parte degli stati, l’Italia si schiera con Cina, Russia, Turchia, Siria, Iran e il presidente della Repubblica tenta di colmare il silenzio del ministro degli Esteri con una dichiarazione di vicinanza al popolo venezuelano.

La rabbia sta montando tra le persone pensanti, ma stavolta l’ira è superiore a quella che ha portato i nostri populisti al governo. Siamo tenuti a non rassegnarci perché – come diceva Seneca – “la vergogna dovrebbe proibire a ognuno di noi di fare ciò che le leggi non proibiscono”.

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