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Parole

FILM E REALTÀ

MARGHERITA GIROMINI - 15/02/2019

professoreIl professore cambia scuola” è un film francese recente che ci mostra, con il garbo e l’ironia che contraddistingue il cinema d’Oltralpe, una buona scuola, efficace soprattutto nei confronti dei ragazzi meno fortunati.

Dell’esempio, purtroppo non reale del film, avremmo un gran bisogno noi italiani: al sud come al nord, rispondendo, indirettamente, al Ministro dell’Istruzione che giorni fa ha dispensato qualche scontato consiglio alle scuole del sud.

La storia del film è lineare.

Francois è professore in un prestigioso liceo parigino frequentato da ragazzi di buona famiglia, disposti a farsi tiranneggiare con interminabili quanto astruse lezioni di latino. Durante la presentazione di un libro in una nota libreria cittadina Francois si lascia sfuggire qualche colta chiacchiera sulla necessità che agli studenti svantaggiati vengano destinati i migliori docenti.

Perché, questo lo crediamo anche noi, sono i disadattati delle periferie multiculturali ad aver più bisogno di eccellenti insegnanti.

Lo ascolta, casualmente, una dirigente del Ministero dell’Istruzione che si mostra colpita dalla sua teoria. Qualche giorno dopo il professore viene convocato dagli alti funzionari del Ministero dell’Istruzione.

L’idea di capovolgere lo schema “buoni professori per buoni studenti”, solletica lo staff ministeriale alle prese con l’annoso problema dei pessimi risultati scolastici delle banlieue.

Al saccente professor Francois Foucault, che aveva buttato lì la frase per far colpo sui presenti, viene chiesto di attuare uno scambio: per un intero anno lui insegnerà alle porte di Parigi mettendo in atto un esperimento pedagogico pilota. Al termine dovrà relazionare al Ministero in merito alla sua esperienza.

Detto, fatto. Spedito in una classe multiculturale, problematica, indifferente, “caciarona”, il bravo Francois si scontra con la dura realtà della periferia.

Niente a che vedere con i problemi dei beneducati ragazzi della Parigi che conta, tutti studenti obbedienti, disposti a farsi bistrattare a suon di brutti voti da un professore iperpretenzioso. In cambio del brillante futuro di classe dirigente.

Il professore applica anche qui le ferree regole del suo liceo: disciplina, rispetto, studio, nessun cedimento alla distrazione, una comunicazione interpersonale più autoritaria che autorevole, un fuoco di fila di commenti ironici nei confronti di chi sbaglia.

Ovvio che nella nuova realtà il metodo “parigino” non funzioni.

Naturale che i ragazzi disadattati si ribellino.

Scontato che i colleghi lo guardino con sufficienza godendosi in anticipo la sua sconfitta. Loro, logorati da anni di trincea, continuano ad applicare metodi vecchi e inadatti a educare ragazzi cresciuti in contesti tanto complessi.

Sbagliano tutti. Il professore parigino, i giovani docenti alle prime armi frustrati dall’attesa del sospirato posto in una scuola di città; poco efficace l’operato del preside, succube della burocrazia nonostante l’apparenza di uomo aperto e socievole.

Sull’orlo del fallimento Francois si ingegna, si mette in discussione, studia strategie diverse: una relazione interattiva, un approccio rovesciato alla letteratura, uno sguardo nuovo alle esigenze degli studenti.

Una lettura dal basso de “I miserabili” di Victor Hugo diventa strumento di cambiamento: le vicende dei personaggi rappresentano le vite un po’ miserabili di molti di loro, sia pure collocate in un tempo storico diverso.

Quando si conclude l’anno scolastico finisce la favola: Francois ritornerà al suo prestigioso liceo, i ragazzi di periferia rimarranno nella loro scuola, noiosa e inadeguata ma pur sempre baluardo educativo in un ambiente ostile.

Qualche studente si ritroverà cambiato da questo anno di lavoro diverso dal solito.

Non sappiamo quale valutazione avrà l’esperimento. Ma per le due ore del film abbiamo sognato una scuola a misura di ragazzo ma anche a misura di chi sta dietro la cattedra.

Afferma il regista Olivier Ayache Vidal, a Roma per presentare il film a studenti e professori: “Non esiste magia, non esistono ricette, a contare, a fare la differenza, sono soltanto la perseveranza e la pazienza degli insegnanti. Certo non è facile ma io credo che sia comunque possibile. I progressi dei ragazzi del film non sono spettacolari, sono piuttosto delle piccole gocce d’acqua, il principio di un fiume che impiegherà del tempo a formarsi”. 

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