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Apologie Paradossali

CHIESA E ARTE, DUE AMICI

COSTANTE PORTATADINO - 22/02/2019

paolo-viCari Onirio e Bastiano, perdonatemi se oggi non vi darò la parola. Rispondo ad un incarico, gradito, del direttore che mi ha pregato d’informare i lettori di Rmfonline a proposito della mostra su Paolo VI e l’arte, “TORNIAMO AMICI” in corso da pochi giorni a Villa Clerici, a cura della Galleria d’arte sacra dei contemporanei. Non sarà nemmeno un’apologia in senso stretto e nemmeno paradossale. Tuttavia vi anticipo che ci sarà anche un po’ di pepe polemico, insieme al sale, spero non scipito, della riflessione su un tema non facile.

Per non farla troppo lunga rimando il lettore interessato all’Apologia del 13 luglio 2018, “Via Pulchritudinis”, in cui prendevo spunto dall’opera scultorea di Floriano Bodini, in particolare dal ‘Paolo VI’, noto anche come il ‘Papa di legno’, la cui presentazione in pubblico nel 1968 a Milano suscitò profonde riflessione ed autentica ammirazione anche in un personaggio come Dino Buzzati, certamente non ispirato da frequentazioni clericali. Riprendo di quella riflessione solo due passi, come introduzione di questo allargamento d’orizzonte.  Avevo ricordato che Paolo VI, nell’incontro con gli artisti in Cappella Sistina nel 1964, aveva con sincerità riconosciuto che la difficoltà nel rapporto tra Chiesa e artisti contemporanei era dovuta in gran parte alla Chiesa stessa: “… Il tema è questo: bisogna ristabilire l’amicizia tra la Chiesa e gli artisti… Vi abbiamo fatto tribolare, perché vi abbiamo imposto come canone primo la imitazione, a voi che siete creatori, sempre vivaci, zampillanti di mille idee e di mille novità.” Riconoscevo poi che “sia Paolo VI con il suo insegnamento, sia gli artisti che hanno raccolto il suo messaggio fino a farsene interpreti anche proprio rappresentandolo con la loro arte, hanno iniziato a percorre una via, la via pulchritudinis, la via della bellezza nell’annuncio del Vangelo, come auspicato da Papa Francesco nella Evangelii Gaudium.

La mostra in corso a Villa Clerici documenta e rilancia esattamente l’assunto di Paolo VI: ridiventare amici.  Non vi racconterò nulla delle opere esposte: dovete andare a vederle, obbligatoriamente passando, prima o al ritorno, da Legnano, per l’incontro forse più significativo, quello con il citato ‘Papa di legno’ di Bodini. Per ora accontentatevi di sapere che le parole “ristabilire l’amicizia” pronunciate dal Papa nel 1964 non erano solo un pio desiderio, ma erano frutto di un percorso già iniziato a Milano, in Villa Clerici, da un piccolo gruppo di artisti e di appassionati cultori, guidati da Dandolo Bellini, che trovarono grande incoraggiamento e appoggio dall’arrivo di Giovanni Battista Montini come arcivescovo di Milano.  La GASC, Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei, fu fondata nel 1955 all’interno dell’ente ecclesiastico ‘Casa di Redenzione sociale’ esistente dal 1927 e attivo specialmente in campo educativo e sociale, come opera della Compagnia di San Paolo (ente ecclesiastico, da non confondersi con l’omonima fondazione bancaria).

Villa Clerici diventa subito un cenacolo di artisti, in senso stretto, perché spesso si trovavano a cena con Bellini e talvolta anche con monsignor Pasquale Macchi, segretario dell’arcivescovo. Finita la cena cominciava il confronto culturale, ma spesso si prendeva la matita e si cominciava a disegnare. In questo modo non solo è nata la collezione di Villa Clerici, in gran parte ad opera di Bellini, ma è nata davvero e concretamente quell’amicizia a cui accennava Paolo VI.  La genialità di Paolo VI, certamente ispirata anche da Macchi e da Bellini che lo seguirono a Roma, mai abbandonando il luogo da cui era partito il progetto, fu di capire che non bastava rinnovare o dotare di maggiori risorse la committenza ecclesiastica, ma che occorreva anche ‘ascoltare’ gli artisti, raccoglierne le intuizioni, anche proprio la specifica capacità che ha un artista di dialogare con il Mistero, di tradurre in immagine l’Invisibile.

Ancora nel messaggio agli artisti, in chiusura del Concilio Vaticano II, 1965, il Papa affermava: “Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione”.

 Questo compito permane, anzi si è fatto più difficile, quindi più urgente. Detto che la   Galleria d’Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani, realizzata anche grazie all’impegno del duo Bellini- Macchi, può rappresentare un punto di riferimento universale e che anche la Collezione Paolo VI – Arte Contemporanea di Concesio, paese natale di Montini, nata dalla collezione personale di monsignor Macchi, ci offre un importante paragone dell’arte sacra del ‘900 con la contemporaneità, non si può non notare che almeno da qualche decennio il divario si sia nuovamente allargato. Indubbiamente un fattore importante degli anni ‘50/70, oggi assai ridimensionato, fu la costruzione di nuove chiese, a seguito dell’urbanesimo e quindi della necessità di dotare le periferie urbane di quel centro di gravità sociale e di evangelizzazione che era la parrocchia.

Ben a ragione nella mostra odierna è presente un video che presenta le 20 chiese più significative  tra le 123 iniziate sotto l’episcopato di Montini a Milano; l’architettura è infatti la prima delle arti che hanno a che fare con lo spazio sacro e liturgico e ne detta il linguaggio complessivo. Pittura e scultura sacre, ovviamente più ampiamente rappresentate nel complesso espositivo e  museale, esprimono il massimo del loro significato nel contesto dettato dallo spazio, che, non dimentichiamolo, deve svolgere una pluralità di compiti:  cominciando dall’esterno, essere “un punto prospettico – scrisse Montini – che può dare anche alle più umili case o ai più opprimenti grattacieli, una visione orientatrice, elegante e confortante;” all’interno deve essere luogo di preghiera e di custodia del sacro; per questi aspetti deve quindi poter esprimere valori simbolici e spirituali : è il luogo dell’incontro tra l’uomo e Dio, di cui deve richiamare la presenza. Contemporaneamente deve essere la casa del popolo di Dio, dove si celebra l’Eucaristia, la comunione tra le persone, resa possibile dal sacramento, ma vissuta nella concretezza dell’accoglienza, della liturgia, del canto, dell’ascolto della Parola e dell’insegnamento autorevole, il luogo dove si forma anche socialmente una comunità di credenti.  La chiesa – scrive ancora Montini – “crea la comunità locale: offre a una moltitudine di gente che non si conosce un luogo di convergenza, di assimilazione, di amicizia – un luogo che crea –  fiori di spiritualità nel deserto”.

Oggi dobbiamo prendere atto che questo periodo di fervore e di ricerca che allora interessò architetti famosi, da Michelucci a Giò Ponti, per non dire di Le Corbusier, sia pure in un contesto diverso, è passato. La committenza si è rarefatta, anche quella dell’adattamento alla liturgia postconciliare, comunque limitata alla zona dell’altare e all’illuminazione.  ‘Eclissi’, ha intitolato il suo recente libro il padre gesuita Andrea Dall’Asta, sottotitolo: ‘Oltre il divorzio tra arte e Chiesa’. Eclissi è un concetto che include una possibilità ulteriore, la speranza che il buio sia transitorio e che si possa presto rivedere la luce.  P. Dall’Asta, dopo aver fornito un chiarimento importante, la distinzione tra arte ‘sacra’ – avente come ispirazione e oggetto il sacro nella sua accezione più larga e generica – e arte ‘liturgica’, destinata agli  spazi  esclusivamente dedicati a funzioni religiose, traccia un bilancio assai poco lusinghiero del rapporto tra Chiesa e arte contemporanea, suggerendo però di indagare la ricerca di alcuni autori contemporanei, ovviamente assenti per ragioni anagrafiche nella rassegna degli ’amici’ di Paolo VI.  In generale il suo giudizio è severo: “Tutto cade nella banalizzazione, nella rappresentazione di un Dio che non ha più nulla da dire all’uomo d’oggi”.

Qui siamo al punto in cui è impossibile non mescolare sale e pepe: da un lato è giusto tener conto della valutazione dei competenti, dall’altro è doveroso entrare in gioco, vedere di persona e giudicare.  Perciò faccio una proposta, per nulla a scopo pubblicitario. Andate a visitare le due mostre già indicate (ma non solo): Villa Clerici a Milano/Niguarda, via Terruggia 14 (uscita consigliata Cormano) aperta fino al 14 aprile (giovedì h15,00 -20,00; venerdì h15,00-18,00; sabato e domenica h10,00-18,00); PAOLO VI    RITRATTO DI UN PAPA, Palazzo Leone da Perego, via Gilardelli 10 Legnano  Fino al 31-marzo    orari  Sabato, domenica e festivi  10.00 – 12.30 e 15.00 – 19.00.

Ma (ecco il pepe) se proprio volete addentrarvi nel dibattito più infuocato su Chiesa, liturgia e arte contemporanea, non mancate di visitare la Basilica di S.Maria a GALLARATE. E’ la chiesa prepositurale dove è stato appena inaugurato, tra l’entusiasmo delle autorità religiose e civili e con l’approvazione dei massimi competenti, il nuovo altare di Claudio Parmiggiani, artista riconosciuto come uno dei più impegnati nel cercare nuove vie per l’arte sacra. Non vi posso nascondere le perplessità suscitate in molti semplici fedeli, certo non preparati a reggere la forza provocatoria dell’opera, tra i quali il mio amico Conformi, mentre Onirio è sinceramente entusiasta. Quanto a me, rimando volentieri il giudizio ad una più matura ed ampia riflessione. Tuttavia devo notare che, incappato per caso in un blog religioso, vi ho notato commenti non solo contrastanti, bensì accaniti fino ad accuse pesanti e ad insulti (!) reciproci.

Ammetto volentieri che questo tempo e questo uso dei social media spinge ad esagerare le discussioni anche su materie opinabili (de gustibus), lasciatemi tuttavia esprimere una sincera preoccupazione per l’estendersi di questo stile di conflittualità permanente anche all’ambito ecclesiale. Ne riparleremo.

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